«Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto. Sdraiato nel letto sulla schiena dura come una corazza, bastava che alzasse un po’ la testa per vedersi il ventre convesso, bruniccio, spartito da solchi arcuati; in cima al ventre la coperta, sul punto di scivolare per terra, si reggeva a malapena. Davanti agli occhi gli si agitavano le gambe, molto più numerose di prima, ma di una sottigliezza desolante». Questo è l’incipit de La metamorfosi, forse il più noto testo di Franz Kafka (1883-1924), scritto nel 1912 e pubblicato nel 1915.

“Strangers in the night” by Jos Baker, Linus Jansner, Carlo Massari, photo Monia Pavoni, courtesy ERT-Emilia Romagna Teatro Fondazione
Il racconto, interpretato come allegoria dell’alienazione dell’uomo moderno all’interno della società, descrive in chiave surreale le giornate solitarie del protagonista nella stanza in cui è confinato dal momento della sua trasformazione in un gigantesco scarafaggio e i meccanismi di isolamento messi in atto dalla sua famiglia per rifiutarlo. Oltre che al tema dell’incomprensione e dell’incomunicabilità, frequenti brani del testo sono dedicati a una dettagliata disamina delle sorprendenti modalità e qualità motorie che Gregor, dopo un impaccio iniziale nella coordinazione, scopre di avere nel suo nuovo corpo. Entrambi questi aspetti sono al cuore di Strangers in the night, pièce realizzata dal coreografo e fondatore della C&C Company Carlo Massari insieme ai performer Jos Baker e Linus Jansner, andata in scena lo scorso fine settimana al Teatro delle Passioni di Modena. Lo spettacolo ha debuttato ad agosto 2024 al Festival Oriente Occidente di Rovereto ed è stato concepito dal gruppo come omaggio allo scrittore boemo in occasione del centenario della sua morte. Come è sua caratteristica distintiva, qui la Compagnia, nata nel 2011, ibrida danza e physical theater per assecondare una scrittura ironica, tragica e poetica che coinvolge il pubblico in una progressiva deflagrazione di follia, accompagnata dalle musiche originali di Andreas Moulin, scritte appositamente per lo spettacolo.

“Strangers in the night” by Jos Baker, Linus Jansner, Carlo Massari, photo Monia Pavoni, courtesy ERT-Emilia Romagna Teatro Fondazione
La scena si apre con un performer seduto ad aspettare che il pubblico prenda posizione nelle poltroncine della platea. Alle sue spalle, un tavolo da banchetto coperto da una tovaglia candida e altre due sedie bianche. In un graduale trapasso tra l’attesa dello spettacolo e l’assopirsi della situazione reale a favore dell’illusione scenica man mano che le luci in sala si spengono, comincia a interpellare gli spettatori ancora indaffarati nei loro preparativi, avvertendoli che non si tratta dell’inizio. Con nervosismo, li mette a conoscenza della sua riluttanza a vestire i panni dell’attore e del suo disagio nel vedere gli occhi di tutti puntati su di lui, condizione così inibente da renderlo incapace di aspettare l’inizio (assieme al pubblico), ma solo di fingere l’attesa. Invece quello, ovviamente, è davvero l’inizio, che introduce uno dei temi centrali della pièce, suggerito dalla lettura di Kafka, ovvero la sottile linea che separa realtà e finzione nella nostra vita come nell’esperienza artistica. Un soliloquio di argomento metateatrale sulla necessità di nascondersi indossando le maschere che la società ci impone e sulla frammentazione dell’io che ne consegue sfocia in un monologo tratto dal classico drammaturgico per antonomasia, l’Amleto di William Shakespeare. Nel frattempo, da sotto al tavolo vicino al quale l’attore si è spostato, altre mani e piedi iniziano a sbucare fulmineamente dalla tovaglia aderendo o accostandosi ai suoi gesti, così veloci nell’apparire e scomparire da instillare per qualche attimo nel pubblico il dubbio di avere le traveggole.

“Strangers in the night” by Jos Baker, Linus Jansner, Carlo Massari, photo Monia Pavoni, courtesy ERT-Emilia Romagna Teatro Fondazione
La tavola, dunque, oltre a rimandare al divano sotto il quale nel racconto Gregor-scarafaggio si rifugia quando la sorella si reca nella sua stanza a portargli gli avanzi presi dal pattume per nutrirsi, è assimilabile a una scatola da prestigiatori dalla quale scaturiscono avvenimenti prodigiosi, sottolineati da trilli della colonna sonora. Ma funziona anche come un teatro nel teatro in miniatura, poiché i lembi della tovaglia lunghi fino a terra si comportano come quinte sceniche dalle quali all’improvviso si materializzano oggetti e corpi in un’atmosfera da “realismo magico”, che innesca uno straniamento sfaccettato su più livelli. Il primo personaggio in scena è ora doppiato nei movimenti da un alter ego -ombra finalmente uscito dal suo nascondiglio, ma così fluido nel ritagliarsi lo spazio alle sue spalle in modo da coincidere esattamente con la sua sagoma da risultare ancora più evanescente. I movimenti congiunti dei due compongono una coreografia piena di virtuosismi, dove posture e passi tratti dalla danza classica, contemporanea e dalla breakdance fluiscono senza soluzione di continuità l’uno nell’altro in una sorprendente interpenetrazione tra corpi. Quella che appare in scena è dunque una stupefacente creatura danzante, da un lato memore delle potenziate facoltà motorie e dei nuovi limiti di Gregor nel suo stato di insetto, dall’altro magica pantomima di un’ombra dissidente rispetto al supposto corpo fisico di appartenenza. Nel mentre il terzo performer, guadagnato il palco dopo aver applaudito calorosamente il monologo iniziale tra il pubblico, rassetta il tavolo come un servo di scena interpretato alla lettera.

“Strangers in the night” by Jos Baker, Linus Jansner, Carlo Massari, photo Monia Pavoni, courtesy ERT-Emilia Romagna Teatro Fondazione
Segue una sorta di strampalata seduta psicanalitica in cui l’interrogante incalza un attore in crisi di autenticità che dichiara di essere in scena per il solo fatto di non aver nessun altro posto dove andare, ricordandogli di essere di fronte a un pubblico in attesa di intrattenimento. E poi, un esponenziale incremento di surrealtà, con il susseguirsi a stretto giro di un’angosciante caccia all’uomo nella nebbia dei fumogeni, di un Requiem cantato e di una cena apparecchiata con il nulla in cui i commensali fanno tintinnare stoviglie inesistenti gettandole infine a terra con fragore per dimostrarne la natura fittizia di metafora. E ancora, l’attore disorientato che cozza contro una quarta parete trasparente per lui invalicabile (ma in cosa essa differisce, in fin dei conti, dalle imposizioni esterne che spersonalizzano l’individuo nella vita reale?), confessando di essere frustrato per non riuscire a smettere di recitare e a esprimere i propri sentimenti con sincerità. Non gli rimane più nulla, lamenta di essere affamato, ma tutto giunge a un’imprevista catarsi finale quando riesce (davvero) a mangiare la banana che compare in scena (forse quella della scimmia in gabbia che tutti guardano alla quale si era paragonato nel suo discorso?) mentre da una vecchia radiolina escono le note liberatorie di Strangers in the night cantata da Frank Sinatra. Come nel racconto di Kafka, non c’è spiegazione razionale a ciò che avviene in scena con perfetta consequenzialità e non c’è soluzione ai numerosi quesiti messi in campo, di ordine esistenziale e metateatrale. Se il discrimine tra l’agire concreto e la pantomima è labile e la conciliazione tra le aspirazioni individuali e le costrizioni della vita rimane impossibile, l’alienazione definitiva è scongiurata dal poetico humor nero della pièce e dalla bellezza dei movimenti sincronizzati dei corpi.
Info:
www.modena.emiliaromagnateatro.com
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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