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Total eclipse of the art. L’esperienza museale alt...

Total eclipse of the art. L’esperienza museale alternativa di Luca Pozzi

Escludendo le cause di forza maggiore, belliche o calamitose, a memoria d’uomo non si assisteva a una privazione plateale delle istituzioni museali nostrane dai tempi dei primi vagiti moderni, quando il gusto prevaleva sulla ragione storica e le opere, pudiche, erano preservate per il godimento di un voglioso manipolo di fortunati. Menomato di un pubblico fisico (e pagante), il Museo ha colato copiose criticità, soprattutto identitarie; all’origine di molti contesti museali, la decontestualizzazione delle opere e talvolta degli spazi fu legittimata in nome di un’apertura universale, un “furor di popolo” filo-illuminista più incline a concepire i manufatti d’arte come conquiste venatorie che non come occasioni meditative. La nascita di scienze quali la museologia e la museografia ha disciplinato il settore, ma altresì creato degli standard troppo spesso causa di equivoci contemporanei: la didattica e l’imprescindibilità del luogo.

Questi due punti, assolutamente necessari, implicando l’esperienza diretta con l’opera, hanno congelato la fruizione in un evento materialistico, autentico paradosso per la tematica in questione, e maturato ben poche alternative costruttive ai quotidiani afflussi di carne umana. Ben inteso: l’arte e i musei vivono in base alle persone, ma l’umanità non può e non deve vivere in funzione dell’arte.

Proprio perché concepita da un artista, la soluzione escogitata da Luca Pozzi, riguardo la visione di spazi latori di bellezza e storia, appare significativa ed efficace nel riflettere le infinite possibilità attuabili. Il progetto denominato The Dark Collection, APP scaricabile gratuitamente sul proprio cellulare dal sito dell’autore, racchiude in sé la poetica individuale della ricerca dell’artista milanese, indagine estetico-mediale imbevuta di fisica quantistica, ma apre altrettanto uno scenario originale e relazionale sposando la convivenza della realtà aumentata con la pittura classica1.

Plasticamente The Dark Collection mette in scena delle figure ovoidali costruite in 3D Graphics che aleggiano in prossimità dei quadri e pale della Pinacoteca di Brera e dei munifici affreschi della Cappella Sistina: questi luoghi, affatto casuali seppure arbitrari, già portatori di connessioni storico-artistiche secolari, declinano due interessanti suggestioni legate alla presenza oculare delle sculture digitali (nominate opportunamente Third Eye Prophecy) che vale la pena precisare, approfittando di un vezzoso ruolo di metafora dei complessi galleristici in questione per sbrogliare i succitati nodi didattici e logistici.

L’ OCCHIO PROFANO
[http://www.lucapozzi.com/project/the-dark-collection/]

Sulla Pinacoteca di Brera è pertinente notare il sentimento laicista che spinse alla demolizione della chiesa di Santa Maria di Brera per guadagnare spazi per la futura raccolta di Arte Italiana, approccio più esegetico che critico, ricordando come la collezione fu organizzata da due “tecnici”, gli artisti Giuseppe Bossi e Andrea Appiani, infatuati delle teorie del Lanzi: se la necessità didattica nel primo decennio del XIX secolo può essere legittimata alla sola accessibilità visiva, il mondo attuale impone una conversazione mediatica multisensoriale per qualificare il valore gestito dalle opere d’arte.
Né invasivo né lezioso, il “Terzo Occhio” di Luca Pozzi mantiene tuttavia la volontà di un intervento artistico, in “stile guerriglia”, creando un rapporto viscerale e trans migratorio tra l’osservatore e l’oggetto osservato non solo apparente ma perfino fisico, considerando lo smartphone come reale appendice corporea2. Questa trasgressione educata, permette un capovolgimento strutturale della fruizione museale, perché filtra la visione a una soggettività condivisa e resa attiva da una coscienza binaria: la didattica non è più imposta ma scelta nella contemplazione.

L’OCCHIO SACRO
[http://www.lucapozzi.com/project/the-dark-collection-sistine-chapel/]

Parlando invece della proposta più recente (emessa il giorno di Pasqua 2020, mentre la prima applicazione era già disponibile da Natale 2019) predisposta per la Cappella Sistina, il significante oculare trasporta un carico molto più complesso per la funzione vigente di luogo di culto. Le ragioni politiche e teologiche alla base della realizzazione dell’oratorio papalino abbondano tanto quanto i riferimenti allegorici manifesti, intrecciando una connessione semantica visuale e subliminale3.

Nella fattispecie, l’opera di Pozzi mira proprio ad amplificare rizomaticamente le casistiche interdisciplinari, correlando le teorie relative alla materia oscura e alla cosmologia con le argomentazioni filosofiche, religiose e artistiche inerenti allo spazio occupato: la vena mistica del locale ammanta l’occhio sospeso di un carattere esoterico e metafisico4, confacente a un’iconografia largamente utilizzata anche dalla Chiesa Cattolica. Non meno pertinente è la trascendenza evocata dalla Cappella Sistina, che fornisce chiavi di lettura codificate sull’imprescindibilità del luogo, portando il contesto a essere il primo effettivo Museo pubblico della storia, perché concatenato a elementi performativi (il rituale liturgico e il pellegrinaggio di visitatori-fedeli) che ne “spostano” costantemente la permanenza fisica, esattamente come l’attivazione libera di Dark Collection.

Fugate le riflessioni extrasensoriali, è bene inquadrare la valenza analitica di Dark Collection. Il ruolo e la forma del Third Eye Prophecy, in realtà ripresa da una pallina da tennis ovalizzata dalla velocità con una pupilla esplosiva al centro, ricordano, con le dovute distinzioni, la serie di Jeff Koons detta Gazin Ball, dove l’artista americano posiziona (fisicamente) una specchiante sfera blu-elettrico su fedeli riproduzioni di opere ben note dell’arte del passato, dalla Monna Lisa del Da Vinci, alla Madonna in Gloria del Perugino, fino alla Colazione sull’erba di Manet. Entrambi i lavori artistici, effettivamente, pongono una questione dialettica con le maestranze tradizionali predisponendo un oggetto come termine metrico percettivo ed empirico, ma sussiste una differenza fondamentale: mentre Koons realizza un’azione decostruente, Pozzi è inclusivo, attuando una “collaborazione” spazio-temporale tra la realtà e la sua rappresentazione5. L’artista multidisciplinare non è nuovo a progetti comprensivi di scenari classici (Wilson Tour Carracci, Supersymmetric Partner), tuttavia la prova di Dark Collection spicca per la esplicita e determinante relazionalità con il pubblico fruitore, l’autentica “opera” da salvaguardare, schiarendo generosamente e con lucidità un dibattito, tra visitatore e pianificazione museale nostrana, da tempo opacizzato e rabbuiato ulteriormente in questo periodo di allontanamento coatto: con i dovuti accorgimenti e filtri, anche un’eclisse diventa un’occasione da vedere.

Luca Sposato

[1] Sul rapporto tra estetica, tecnologia e società connessa esiste un’abbondante bibliografia; su tutti preme ricordare il contributo di Derrick de Kerckhove, autore di Skin of Culture. Cfr. D. DE KERCKHOVE, La pelle della cultura: un’indagine sulla nuova realtà elettronica, Genova, Costa & Nolan, 1996.

[2] Questa corrispondenza oggettuale-metaforica evoca l’Histoire de l’œil di Georges Bataille, cui un’edizione italiana riporta, puntuale, un commento di Barthes: «L’Histoire de l’œil è veramente la storia di un oggetto. Come può un oggetto avere una storia? Esso può passare di mano in mano (dando allora luogo a invenzioni insipide tipo Storia della mia pipa o Memorie di una poltrona), e può passare anche di immagine in immagine, la sua storia allora è la storia di una migrazione, il ciclo delle reincarnazioni (in senso proprio) che esso percorre nel distaccarsi dall’essere originale, seguendo l’inclinazione di una certa immaginazione che lo deforma senza tuttavia abbandonarlo: è il caso del libro di Bataille.» cfr. R. BARTHES, La metafora dell’occhio, in G. Bataille, Storia dell’occhio (1928), Milano, SE Editore, 2008, p. 155.

[3] Basterà citare Eugenio Battisti (1960) e Maurizio Calvesi (1997) per approfondire la lunga e affascinante vicenda storica e iconografica della Cappella Sistina, ancora oggi uno dei monumenti più studiati al mondo a ragione di questioni non del tutto chiarite.

[4] Esistono diverse conferme sul raffronto tra la Cabala ebraica e la struttura artistica della Sistina, motivate dalla volontà di esprimere una superiorità ideologica tra la religione ebraica e il cristianesimo. Un esempio viene proprio dal succitato Battisti: lo storico accostò (e conferma sembra provenire da una scritta sull’edificio dipinto dal Perugino nella Consegna delle Chiavi) le dimensioni della Cappella alle stesse fornite da lettura biblica per il Tempio di Salomone. Oltre alla compagine scientifica, è interessante per l’argomento la natura esoterica dell’ “occhio interiore” fornita dai cultori del genere. Vedi R. STEINER, Teosofia. Un’introduzione alla conoscenza sovrasensibile del mondo e del destino dell’uomo (1918), Milano, Carlo Aliprandi editore, 1922.

[5] In particolare, da notare il distinto carattere del riflesso sulle sculture dei due artisti: la palla di Koons “erode” la luce in quanto corpo fisico e la priva al colore stabile delle pitture, Pozzi invece crea una scultura che “duplica” tecnologicamente le superfici dell’ambiente e le concentra sulla massa ellittica dell’occhio fluttuante (corpo che, per l’appunto, non produce ombra),  generando una sorta di antiriflesso.

Info:

Luca Pozzi. The Dark Collection
a cura di SWAN STATION
Dal 25 Dicembre – per sempre
Opening | 24 Dicembre alle 24:00 quando nessuno potrà esserci
Orari | Martedì – Domenica / 8.30 – 19:15 chiuso il lunedì.
presso la Pinacoteca di Brera – Milano www.pinacotecabrera.org

Luca Pozzi. The Dark Collection – Sistine Chapel
a cura di SWAN STATION
Dal 12 Aprile – per sempre
Opening | 12 aprile alle 00:00 quando nessuno potrà esserci
Orari | Lunedi – Sabato / 9.00 – 18:00 – chiuso la domenica
presso la Cappella Sistina – Città del Vaticano www.museivaticani.va

Luca Pozzi “The Dark Collection”, 2019. Luca Pozzi aziona Third Eye Prophecy scultura in grafica 3D tra Alvise Vivarini (Redentore benedicente) e confini architettonici della Pinacoteca di BreraLuca Pozzi, “The Dark Collection”, 2019. Luca Pozzi aziona Third Eye Prophecy scultura in grafica 3D tra Alvise Vivarini (Redentore benedicente) e confini architettonici della Pinacoteca di Brera

Luca Pozzi, “The Dark Collection”, 2019. Third Eye Prophecy scultura in grafica 3D tra Canaletto (Veduta del bacino di San Marco) e Bernardo Bellotto (Veduta della Gazzada), (Dettaglio)

Luca Pozzi, “The Dark Collection”, 2019. Third Eye Prophecy scultura in grafica 3D tra Paolo Veronese (Ultima Cena) e (Le tentazioni di Cristo)

Luca Pozzi, “The Dark Collection – Sistine Chapel”, 2020. Third Eye Prophecy scultura digitale tra Michelangelo (Giudizio Universale)

Luca Pozzi “The Dark Collection – Sistine Chapel”, 2020. Third Eye Prophecy scultura digitale tra Perugino (Partenza di Mosè per l'Egitto) e Botticelli (Prove di Mosè)Luca Pozzi, “The Dark Collection – Sistine Chapel”, 2020. Third Eye Prophecy scultura digitale tra Perugino (Partenza di Mosè per l’Egitto) e Botticelli (Prove di Mosè).

Luca Pozzi, “The Dark Collection – Sistine Chapel”, 2020. Third Eye Prophecy scultura digitale tra Perugino (Consegna delle Chiavi) e Rosselli (Ultima Cena)


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