Ridare vita a un luogo disabitato è forse la più autentica peculiarità della fotografia: un medium capace di spezzare l’asse temporale, riportando nel presente frammenti di un passato altrimenti disperso. Le fotografie, come corde tese tra il nostro tempo e un mondo lontano, abitano gli spazi come presenze silenziose ma vive. Se è vero che le immagini fotografiche popolano le nostre case, allora quelle case diventano a loro volta custodi e cornici di ricordi che scegliamo di conservare e trasmettere. Per rendere piena giustizia all’opera fotografica, tuttavia, ci devono essere continuità e armonia tra immagine e contesto espositivo – o cornice. La cornice, come osservava Georg Simmel, non è mai un semplice ornamento estetico, ma un demarcatore di significato: segna un confine, separando l’opera dal mondo, e al contempo crea una soglia di senso tra interno ed esterno.

“Ghitta Carell. Ritratti del Novecento a Villa Necchi”, installation view, ph. Barbara Verduci 2025 © FAI
Nel rispetto di questa armonia tra contenuto e contenitore, il FAI ha scelto di fare di Villa Necchi Campiglio la cornice ideale per accogliere le fotografie di Ghitta Carell, raffinata ritrattista dell’Italia tra le due guerre. La villa, progettata da Piero Portaluppi nei primi anni Trenta e arricchita nel tempo da collezioni d’arte e soluzioni di design capaci di fondere gusto neoclassico e modernità déco, fu epicentro del bel mondo milanese. Nella selezione di scatti curata da Roberto Dulio, molte immagini restituiscono proprio i volti di quell’élite borghese che animava i salotti della famiglia Necchi, fissando sulla carta fotografica un rituale di rappresentazione e appartenenza. Ghitta Carell divenne un punto di riferimento imprescindibile per l’alta borghesia italiana grazie alla sua capacità di trasformare i ritratti in veri e propri biglietti da visita per il successo sociale. La fotografa, infatti, non si limitava a riprendere i volti dei suoi soggetti: li costruiva. Attraverso un sapiente controllo di luci, inquadrature e tagli, lo studio meticoloso di abiti e pose e l’abilità nel ritocco del negativo, Carell creava figure che non erano semplicemente fedeli alla realtà, ma incarnavano una versione idealizzata di ciò che i ritrattati desideravano essere e mostrare al mondo.

“Ghitta Carell. Ritratti del Novecento a Villa Necchi”, installation view, ph. Barbara Verduci 2025 © FAI
Ogni immagine diventava così un manifesto della persona, sospesa tra suggestioni hollywoodiane e un solenne formalismo europeo. Il contrasto tra i neri profondi e i bianchi levigati, esaltato dall’effetto smerigliato ottenuto nella “postproduzione analogica”, contribuiva a questa estetica ambigua e potente, capace di sublimare l’identità individuale e restituirla in forma di icona. Per questo, la fotografia non è mai un atto innocente. Non si limita a rappresentare, ma plasma, agisce sull’identità, ne costruisce una versione pubblica che retroagisce sulla persona stessa e sul modo in cui viene percepita dalla società. Mai come negli anni tra le due guerre, segnati da un culto ostentato dell’apparenza e da una passione per la mondanità, la fotografia si fece strumento di autorappresentazione e di potere. Prova concreta della sua forza – e della sua pericolosità agli occhi del regime – fu la censura imposta a Carell dopo le leggi razziali del 1938. In quegli anni, la fotografia fu considerata pericolosa proprio per il suo realismo, capace di insinuarsi nell’immaginario collettivo e sottrarsi al controllo della propaganda.

“Ghitta Carell. Ritratti del Novecento a Villa Necchi”, installation view, ph. Barbara Verduci 2025 © FAI
In questa tensione tra passato e presente, la mostra promossa dal FAI assume oggi un valore ulteriore. Non solo per il recupero della memoria fotografica di Ghitta Carell e della società che le ruotava attorno, ma anche per il dialogo che intende riaprire con il pubblico contemporaneo. La mostra lancia una Call for portraits, invitando il pubblico a segnalare eventuali ritratti di Ghitta Carell conservati in famiglia, tramite mail all’indirizzo mostraghittacarell@fondoambiente.it. Le fotografie ritrovate arricchiranno l’esposizione, creando un dialogo vivo tra memoria privata e storia collettiva. In un’epoca come la nostra, in cui la costruzione di sé passa quotidianamente attraverso il filtro dei dispositivi digitali e delle piattaforme sociali, il lavoro di Carell torna a interrogarci: quanto di ciò che mostriamo corrisponde a ciò che siamo, e quanto è invece il risultato di una messa in scena accurata, pensata per un pubblico che, allora come oggi, resta sempre al centro del nostro autoritratto sociale?
Info:
Ghitta Carell. Ritratti del Novecento a Villa Necchi
a cura di Roberto Dulio
15.05.25 – 12.10.25
Villa Necchi Campiglio
via Mozart 14, Milano
www.fondoambiente.it

Laureata magistrale in Filosofia all’Università degli Studi di Milano, città dove tuttora vive, si è specializzata in estetica e critica del contemporaneo. Frequentatrice del mondo dell’arte e dedita alla ricerca, crede nel potenziale dello sguardo interdisciplinare, che intreccia il pensiero critico, tipico della formazione filosofica, e il potere comunicativo dell’arte di dare forma all’identità in divenire del proprio tempo.
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