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Tra sabotaggio e riparazione: l’estetica del...

Tra sabotaggio e riparazione: l’estetica dell’obliquo alla Galleria de’ Foscherari

Quando Giorgio Agamben riflette sulla condizione del contemporaneo come capacità di mantenere fisso lo sguardo sul proprio tempo per percepirne non le luci ma il buio, sembra anticipare quella postura critica che anima le opere riunite nella collettiva Di traverso presso la Galleria de’ Foscherari. Il progetto curatoriale di Enrico Camprini mette in dialogo cinque pratiche artistiche – quelle di Luca Bertolo, Giuseppe De Mattia, Enej Gala, Eva Marisaldi e Liliana Moro – accomunate da una resistenza metodica all’evidenza del reale, da uno sguardo che si configura come forma di sabotaggio gentile nei confronti delle certezze percettive e semantiche. A questo modo, l’apparente semplicità del titolo rivela la propria densità concettuale: Di traverso non designa soltanto una modalità spaziale di attraversamento, ma evoca una condizione ontologica dell’arte contemporanea, quella di chi sceglie deliberatamente la strada obliqua, il passo claudicante, la deviazione come forma di conoscenza.

AA.VV., “Di traverso”, installation view, ph. Francesco Ribuffo, courtesy Galleria de Foscherari, Bologna

AA.VV., “Di traverso”, installation view, ph. Francesco Ribuffo, courtesy Galleria de’ Foscherari, Bologna

L’allestimento trasforma lo spazio espositivo in un campo di forze dove ogni opera funziona allo stesso tempo come dispositivo critico e oggetto di contemplazione, generando quello che Nancy definirebbe un “essere-con” delle forme artistiche. In questo contesto, la pratica di Enej Gala si manifesta attraverso oggetti che portano impressa la propria storia di rotture e ricuciture: uno specchietto di automobile frantumato e poi rimesso insieme con aggiunte scultoree di segatura e colla vinilica (Repaired rear-view mirror, Teletubbie, 2019) diventa metafora di una condizione esistenziale più ampia, quella di una soggettività che trova nella propria fragilità il nucleo generativo dell’espressione. L’oggetto, riparato e trasformato dall’artista in una versione sgangherata del pupazzo protagonista dell’omonimo programma televisivo britannico per bambini prodotto dalla BBC dal 1997 al 2001, non nasconde la propria ferita ma la esibisce come traccia di un processo cristallizzato nella materialità dell’opera. Qui la riparazione si configura non come restauro di un’integrità perduta, ma come produzione di una nuova forma di senso, di una bellezza elementare che nasce dalla cicatrice. L’altra opera in mostra dell’artista (Nutcracker, 2024), si presenta come uno schiaccianoci ingigantito, le cui impugnature intagliate in legno, se avvicinate a chiudere l’ordigno, compongono la testa dell’omonimo protagonista del celebre balletto musicato da Pëtr Il’ič Čajkovskij, un utensile trasformato in principe azzurro. L’oggetto gioca sulla percezione dello spettatore, suggerendo usi impropri e funzioni alternative che incarna perfettamente la postura obliqua evocata dal titolo della mostra. La scultura si configura così come dispositivo critico che mette in crisi l’automatismo del riconoscimento, invitando lo spettatore a ripensare il proprio rapporto con gli oggetti e con le loro presunte evidenze funzionali.

AA.VV., “Di traverso”, installation view, ph. Francesco Ribuffo, courtesy Galleria de Foscherari, Bologna

AA.VV., “Di traverso”, installation view, ph. Francesco Ribuffo, courtesy Galleria de’ Foscherari, Bologna

Luca Bertolo articola la propria ricerca attraverso una duplice strategia critica. Da un lato presenta cartelli di protesta provenienti da manifestazioni reali (Sign 19#03, 17#07, 17#09, #24, realizzati tra il 2013 e il 2019) sottratti al loro contesto d’uso e ricontestualizzati nello spazio espositivo tramite la cancellazione del loro messaggio originario ad opera di una pittura che in ciascuno di essi si fa vessillo di uno stile diverso. Dall’altro propone una riscrittura clandestina del fumetto Tex, ribattezzato Ex in un gioco linguistico che rivela subito l’intenzione decostruttiva dell’intervento. I cartelli mantengono intatta la propria carica semantica ma modificano radicalmente il proprio statuto ontologico, mettendo in scena l’ambiguità costitutiva dell’arte politica contemporanea e rivelando come la comunicazione risulti sempre più problematica in un contesto epocale dove gli oggetti possono transitare in modo fluido da una sfera all’altra senza perdere la propria efficacia simbolica. Il fumetto si presenta come pubblicazione unica, reliquia di un’operazione che ha generato conseguenze legali e la distruzione dell’intera tiratura: l’opera esposta alla consultazione diventa così testimonianza di un gesto artistico che ha saputo mettere in crisi i meccanismi di controllo della proprietà intellettuale, rivelando la fragilità dei dispositivi che regolano la circolazione delle immagini nella contemporaneità. La dimensione clandestina del lavoro, enfatizzata dall’allestimento che lo presenta come oggetto segreto da consultare in una postazione di lettura appartata, trasforma l’atto della fruizione in forma di complicità critica.

Eva Marisaldi, “Omissioni”, 2024, PLA, computer, software, guanti, legno, 80 x 20 x 21 cm, courtesy Galleria de Foscherari, Bologna

Eva Marisaldi, “Omissioni”, 2024, PLA, computer, software, guanti, legno, 80 x 20 x 21 cm, courtesy Galleria de’ Foscherari, Bologna

Eva Marisaldi articola la propria ricerca intorno alla dialettica tra funzionalità e disfunzione, presentando una rivisitazione robotica del gioco della morra cinese (Omissioni, 2024) basata su un suo video performativo degli anni Novanta, che traduce in chiave tecnologica un’azione performativa del passato, creando un loop infinito dove la vittoria risulta impossibile per via della sincronizzazione dei meccanismi, perfetta pur nella loro esibita precarietà. L’artista opera una trasfigurazione del gesto ludico che lo sottrae alla sua logica competitiva senza però cancellarla del tutto, generando uno sfasamento tra finalità e infinità, tra desiderio di vittoria e impossibilità strutturale di conseguirla.

Liliana Moro, “Il sé è un soggetto nomade”, 2025, borsa, carta, cemento, torcia a luce gialla, audio, dimensioni variabili, courtesy Galleria de Foscherari, Bologna

Liliana Moro, “Il sé è un soggetto nomade”, 2025, borsa, carta, cemento, torcia a luce gialla, audio, dimensioni variabili, courtesy Galleria de’ Foscherari, Bologna

La valigia di Liliana Moro (Il sé è un soggetto nomade, 2025), da cui sembrano fuoriusciti alcuni quotidiani miniaturizzati e piegati giorno per giorno, costituisce un archivio personale del tempo che scorre, una forma di accumulazione ossessiva che trasforma la cronaca in materia scultorea. L’oggetto emette il suono di una persona che russa, introducendo nell’opera una dimensione corporea e biografica evocativa della presenza di un corpo assente, di una soggettività che si manifesta attraverso il proprio respiro notturno. A questo modo, la valigia diventa contenitore di memorie stratificate, dispositivo che materializza il rapporto problematico dell’individuo contemporaneo con l’informazione e con il tempo, con la difficoltà di metabolizzare il flusso incessante degli eventi quotidiani.

AA.VV., “Di traverso”, installation view, ph. Francesco Ribuffo, courtesy Galleria de Foscherari, Bologna

AA.VV., “Di traverso”, installation view, ph. Francesco Ribuffo, courtesy Galleria de’ Foscherari, Bologna

Giuseppe De Mattia, invece, in Primo oggetto ribelle, 2018 (2025) trasforma un’asse per il bucato in rame in uno strumento musicale che, sollecitato da un ditale da cucito, produce suoni a intervalli regolari di trenta minuti, acquisendo una nuova funzione di dispositivo temporale che scandisce il ritmo della visita. Lo stesso oggetto è utilizzato come matrice per imprimere pieghettature regolari a dei fogli da disegno (Rivolta del primo oggetto, 2025) disposti sulla parete antistante, la maggior parte dei quali lasciati bianchi facendone prevalere l’aspetto scultoreo, alcuni a far da supporto di schematici disegni ad acquerello raffiguranti degli oggetti del desiderio consumistici. In entrambi i casi, l’artista opera una trasfigurazione degli oggetti quotidiani che li sottrae alla loro funzione originaria senza però cancellarla completamente, suggerendo con giocosa ironia una tensione semantica tra uso e contemplazione, tra efficacia e poesia.

AA.VV., “Di traverso”, installation view, ph. Francesco Ribuffo, courtesy Galleria de Foscherari, Bologna

AA.VV., “Di traverso”, installation view, ph. Francesco Ribuffo, courtesy Galleria de’ Foscherari, Bologna

Il percorso espositivo si snoda attraverso una geografia dell’ambiguità costellata di raffinati dadaismi, dove ogni opera funziona come stazione di un itinerario conoscitivo che procede per deviazioni e scarti rispetto alle aspettative. La prossimità fisica delle opere fa emergere un sistema di senso che eccede la somma delle singole pratiche artistiche, producendo un campo semantico dove la resistenza all’interpretazione monolitica diventa una forma obliqua di conoscenza critica del presente.

Info:

Luca Bertolo, Giuseppe De Mattia, Enej Gala, Eva Marisaldi, Liliana Moro. Di traverso
10/05 – 20/09/2025
a cura di Enrico Camprini
Galleria de’ Foscherari
Via Castiglione 2/b – Bologna
www.defoscherari.com


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