Ulrich Erben (Düsseldorf, 1940), è uno storico rappresentante della pittura aniconica sviluppatasi in diverse declinazioni nazionali a partire dagli anni Settanta. Il movimento era nato come reazione di alcuni gruppi di artisti alla dittatura concettuale allora in voga, che sosteneva il definitivo superamento e l’imminente cessazione della pratica pittorica: i suoi esponenti erano accomunati dalla volontà di salvaguardare la pittura e legittimarne l’esistenza assecondando i metodi analitici dei suoi detrattori. La linea analitica dell’arte, infatti, esaminava i meccanismi insiti nell’atto del dipingere e le relazioni tra i suoi elementi fondanti (superficie, supporto, colore, segno) utilizzando le stesse procedure con cui i colleghi concettuali stavano nel frattempo indagando l’estetica del reale.

Ulrich Erben, “Frammenti al Kappa-Nöun”, installation view, courtesy Galleria Studio G7, Bologna
La pittura abbandonava ogni referente esterno per diventare il soggetto di sé stessa, in base all’assunto che l’azione dell’artista e la sua traccia sulla tela fossero in grado di attestare il concetto dell’opera nella sua forma più pura, talvolta conservando qualche fremito emotivo. Pittura-Pittura, Pittura Analitica, Nuova Pittura, Support-Surface, Post-minimal painting e Radical Painting sono alcune delle principali correnti internazionali in cui si articola in quegli anni questa tendenza, con la quale Erben condivide un’aspirazione all’oggettività (a scapito della soggettività dell’autore) fondata su un linguaggio essenziale che parte da una sorta di “grado zero” dell’immagine. Il suo lavoro, fin dai primi paesaggi e nature morte, esprime interesse per le relazioni tra geometria, architettura e natura e per la compenetrazione tra spazialità fisica e illusoria dell’opera d’arte. Il colore è da lui inteso come presenza e svincolato da ogni intento referenziale: richiamandosi alle ricerche di Mark Rothko, le stesure cromatiche di Erben si influenzano a vicenda creando campi energetici che interagiscono con la luce atmosferica e la trama della tela di supporto esaltandone le qualità.

Ulrich Erben, S.T., 2024, acrylic and pigments on canvas, 100 x 100 cm, courtesy Galleria Studio G7, Bologna
La sua pittura raffinatissima è incentrata sull’investigazione delle problematiche percettive e rivela il delicato equilibrio tra intuito e precisione che distingue il suo approccio all’esperienza visiva. Rispetto alla matrice dichiaratamente fredda delle esperienze pittoriche sopramenzionate (che pur costituiscono una radice imprescindibile), in lui la fascinazione per l’astrazione geometrica si sovrappone a quella per la luce e il colore, perché solo attraverso la complementarietà di questi due elementi l’immagine riesce a trovare il proprio spazio di esistenza. Quest’ultimo aspetto caratterizzante è una possibile conseguenza sia di un ininterrotto collegamento con l’Italia, a partire dalla formazione giovanile a Roma dove si innamorò della pittura rinascimentale, sia del suo legame con la cultura romantica tedesca, evidente nella sua sensibilità nel recepire le mutevoli suggestioni atmosferiche del paesaggio in termini cromatici e luminosi.

Ulrich Erben, S.T., 2024, acrylic and pigments on canvas, 100 x 100 cm, courtesy Galleria Studio G7, Bologna
Con la città di Bologna in particolare, l’artista ha un rapporto di lunga data, iniziato con la mostra personale Ritorno (1994) alla galleria Studio G7, allora gestita dalla storica fondatrice Ginevra Grigolo, la cui eredità è stata raccolta nel 2019 da Giulia Biafiore. La giovane gallerista ha mantenuto l’orientamento delle scelte espositive focalizzato sulla medesima linea concettuale e astratta, affiancando il suo personale percorso di ricerca nell’ambito degli emergenti alla continuità con i grandi maestri delle generazioni precedenti già presenti in galleria, come Giulio Paolini, Anne e Patrick Poirier, David Tremlett, Franco Guerzoni e, appunto, Ulrich Erben. Ed è grazie alla collaborazione con Studio G7 che nasce la mostra Frammenti al Kappa-Nöun nello spazio espositivo del collezionista Marco Ghigi a San Lazzaro di Savena (BO), dove l’artista tedesco è stato invitato in occasione del circuito Art City 2025. L’idea iniziale di questo nuovo solo show è esporre un quadro degli anni ‘70 con un riferimento a Morandi in omaggio alla città ospite, trasformandosi poi in corso di gestazione in un progetto site-specific ispirato dalla grande parete a volta opposta all’ingresso che connota in maniera indelebile l’architettura della sala dedicata alle mostre, un ex laboratorio industriale di pasticceria.

Ulrich Erben, S.T., 2024, acrylic and pigments on canvas, 100 x 100 cm, courtesy Galleria Studio G7, Bologna
Proprio la visione di quella parete, con cui l’artista è entrato in contatto mesi fa in occasione di un sopralluogo alla location vuota, ha risvegliato in lui una reminiscenza del sito archeologico di Selinunte, di per sé grandiosa elegia mediterranea del frammento e della rovina stagliata contro il cielo, di cui nello studio Düsseldorf conserva una foto raffigurante una colonna inondata di sole. Sulla scia di tale intuizione, Erben decide di attivare la parete del Kappa-Nöun interpretandola come la facciata di un tempio greco, nello specifico il Tempio C del parco siciliano, per poi esplorarne la scansione ritmica e la qualità luministica attraverso la pittura in modo che lo spettatore, seppur in assenza di elementi figurativi riconoscibili, vi possa proiettare l’immagine di un paesaggio con rovine. Alle sei colonne doriche collocate sul fronte del peristilio intorno alla cella dell’edificio greco corrispondono dunque i sei dipinti di formato quadrato realizzati per questa mostra, che si susseguono sulla parete separati da intervalli equivalenti alla loro larghezza. Nel suo insieme l’installazione (comprensiva della parete) restituisce per frammenti un’immagine concettualizzata del tempio ragionando su un’idea di verticalità teorica e visiva che prende avvio dall’introiezione nel gesto pittorico delle scanalature delle colonne per generare in ogni dipinto una diversa sequenza di bande perpendicolari a cielo e terra.

Ulrich Erben, S.T., 2024, acrylic and pigments on canvas, 100 x 100 cm, courtesy Galleria Studio G7, Bologna
Come ogni opera di Erben, anche questa serie è conseguenza di un procedimento che dichiara costantemente sé stesso scandagliando la struttura del linguaggio visivo per arrivare a una costruzione che, partendo da una riflessione sintattica sulle categorie elementari del dipingere, arriva a sfiorare l’imponderabile. Infatti, anche se a prima vista i dipinti in mostra sembrano così simili da suggerire una ripetizione modulare, un tempo di osservazione appena più prolungato rende lampante come i neri, i grigi e i bianchi predominanti non siano mai uguali a sé stessi. In ogni campitura (di larghezza differente) i colori si contaminano visivamente a vicenda con intensità diverse a seconda dei loro reciproci rapporti di forza, sfumando l’uno nell’altro tramite gradazioni quasi impercettibili, ulteriormente arricchite da sfumature rosate o azzurrine che suggeriscono l’ascendenza atmosferica dell’impianto visivo.

Ulrich Erben, “Frammenti al Kappa-Nöun”, installation view, courtesy Galleria Studio G7, Bologna
Se da lontano il disegno che scandisce le partiture verticali all’interno di ciascuna superficie appare netto, avvicinandosi l’assertività delle tonalità principali appare attenuata da una non perfetta coincidenza tra disegno e campitura cromatica, oltre che dall’emergere di tonalità “nascoste” che offuscano la griglia geometrica a favore di un canone incardinato in un ipotetico paesaggio, esattamente come le colonne doriche del tempio siciliano. L’alternanza di chiari e di scuri, inoltre, assolve alla doppia funzione di suggerire sia la profondità e i rilievi delle scanalature, sia un avvicendamento di luci e ombre che potremmo leggere come sintesi di un paesaggio fatto di marmo, terra, polvere, sole, cielo e mare che cambia con il susseguirsi delle ore del giorno e delle stagioni. Questa piccola preziosa mostra, che suggeriamo di visitare lentamente per poterne apprezzare le sottigliezze visive e concettuali, è paradigmatica, dunque, degli aspetti fondamentali della poetica di Ulrich Erben, un grande maestro del colore rimasto fedele nella sua lunga carriera a un linguaggio in grado di coniugare sensibilità e calcolo senza irrigidirsi in sterili teoremi pur non ammettendo deroghe alla rigorosità del suo processo creativo.
Info:
Ulrich Erben: Frammenti al Kappa-Nöun
03/02/2025 – 25/03/2025
Testo critico: Davide Ferri
Kappa-Nöun
Via Imelde Lambertini 5, San Lazzaro di Savena (BO)
www.instagram.com/kappa_noun
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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