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“USELESS BODIES?”. Elmgreen & Dragset alla Fo...

“USELESS BODIES?”. Elmgreen & Dragset alla Fondazione Prada, Milano

Se l’essere umano viene alienato dalle logiche iperproduttiviste della società digitalizzata, che lo riducono alla stregua di un mero bene di consumo, come può la presenza fisica non risultare altro se non un eccesso? Con l’esposizione “Useless Bodies?”, gli artisti Michael Elmgreen e Ingar Dragset provocano il pubblico ponendo un quesito inaggirabile, che riecheggia nei quattro spazi espositivi e nel cortile esterno di Fondazione Prada Milano. Il duo artistico mette in scena una coreografia surreale dove la corporeità, sostituita nell’epoca post-industriale dall’insediamento della macchina, perde la propria autonomia e viene fagocitata dalla società dei consumi. Attraversando gli spazi siamo spinti a chiederci che cosa resti, alla fine, della nostra presenza fisica quando essa è resa sinonimo di superfluità, quando il corpo, addomesticato da ideali di bellezza irraggiungibili, è ridotto a un accessorio delle industrie, mentre l’intimità delle interazioni umane è coreografata dalle istituzioni sociali.

Tale interrogativo si impone dal piano terra del Podium, dove sculture classiche e neoclassiche sono disseminate nello spazio. La magnificenza dei corpi marmorei dialoga con le rappresentazioni della quotidianità contemporanea di Elmgreen & Dragset e intrappola il visitatore in uno scontro di sguardi — ora angosciosi, ora malinconici — costringendolo a confrontarsi con le molteplici immagini di virilità fabbricate nel corso dei secoli. Come presenze infestanti, le superfici patinate degli specchi replicano e distorcono ambienti e volti nell’intero percorso espositivo, quasi a volerci costringere a un continuo confronto della nostra immagine. Al secondo piano della sala si moltiplicano davanti a noi i cubicoli di un ufficio svuotato da qualsiasi presenza umana. Restano solo minime tracce che ne testimoniano il passaggio: un monitor ancora acceso, un lavoro all’uncinetto, un contenitore di pillole prive di etichetta. Come ironizza amaramente il titolo, Garden of Eden (2022), l’installazione rappresenta un immaginario paradisiaco solo per il mondo lavorativo.

Proseguendo negli spazi della Galleria Nord, un’atmosfera fantascientifica trasfigura l’ambiente domestico, che diviene non solo vetrina di esposizione delle merci, ma spazio de-umanizzato dove quest’ultime convivono con gli stessi acquirenti. Suggestionato dal linguaggio scultoreo minimalista, l’abitacolo-navicella si tramuta in luogo di azione programmata che assorbe e neutralizza ogni attributo di comfort per chinarsi al siderale presupposto di funzionalità, al punto da trasfigurarsi in un obitorio (Untitled, 2011).

La desolazione percepita nell’ambiente domestico si acutizza nel triplice spazio della Cisterna, dove il culto del corpo e l’ideale del suo potenziamento raggiungono la loro massima glorificazione: centri benessere, spogliatoi deserti e piscine svuotate (Piscina di Largo Isarco. 2022), rappresentano formidabili incubatrici dell’insoddisfazione corporea, trasformata dalle sapienti operazioni dell’industria in un bene da vendere al pubblico.  In questo scenario post-apocalittico, gli oggetti della quotidianità vengono alterati fino ad annullare il loro uso ordinario (Powerless structures, Fig. 128, 2022; Powerless structures, Fig. 137, 2022;), venendo logorati fino a divenire inservibili oppure sfruttati fino a quando perdono attrattiva (A Hard Rain’s A Gonna Fall, 2021).  Tali alterazioni si dislocano anche all’esterno della fondazione, dove   segnali stradali specchiati (Adaptation, fig.16, 2020), una borsa frigo (Marbella Beach, June 21st, 1989; 2015) e uno sportello bancomat (Statue of Liberty, Fig 2, 2018-2021) inducono a ripensare all’ordinaria separazione tra pubblico e privato e ai meccanismi di controllo.

Come il giovane acrobata sospeso precariamente nel vuoto (What’s Left?, 2021), “Useless Bodies?” riflette sulla necessità di cercare un baricentro in un’epoca dominata dall’incertezza dove, come definiva il sociologo polacco Bauman in relazione al concetto di modernità liquida, la “solitudine del corpo e della comunità”, diventa un’espediente per addomesticare e normare i corpi, ormai considerati delle appendici superflue.

Elena Marcon

Elmgreen & Dragset. Useless Bodies?
31/03 – 22/08/2022
Fondazione Prada
Largo Isarco, 2 Milano

Elmgreen & Dragset, Useless Bodies?, installation view at Fondazione Prada, Milano, ph. Andrea Rossetti, courtesy Fondazione Prada


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