READING

Carlo Dell’Amico. Contemplare

Carlo Dell’Amico. Contemplare

Sto caricando la mappa ....

Data / Ora
Date(s) - 05/12/2018 - 20/01/2019
10:00 am - 8:00 pm

Luogo
Fondazione Stelline

Categorie


CARLO DELL’AMICO

Contemplare – un dialogo simmetrico fra la mutazione alchemica dei corpi e la memoria dell’oblio

Carlo Dell’Amico (Perugia, 1954) nelle sue opere dagli anni ’70 e ’80 ha affrontato un’immagine del tempo perduta e che sfugge alla storia, come un rituale ripetuto ha narrato la successione degli eventi e dell’abbandono, lavorando sulla memoria e il suo muto dialogo con la realtà contemporanea. Nella progressione del lavoro di questo periodo, soggetto a continui rimandi a i misteri della morte, emergono la funzione traslativa fra le contrapposte realtà dell’esperienza e le forme geometriche delle architetture ipogee articolate tra conoscenza simbolica e le rovine di un mondo archeologico. La sua continua metamorfosi non lascia spazi vuoti sui diversi piani in cui agisce anche attraverso l’uso consapevole di molti mezzi espressivi.

Dal 1995 al 2000 il tema dello smembramento del corpo e del suo mito universale, principio di rinnovamento e rinascita e come interpretazione mitopoietica, viene trattato dall’artista allusivamente attraverso la frammentazione di immagini prodotte dalla multimedialità, una particolare riflessione sulla natura delle cose e dell’uomo tra finitudine e instabilità che apre nuovi capitoli all’interno del suo lavoro con l’apporto di elaborazioni tecnologiche. Questa ulteriore scansione ritmica riassume sempre le esperienze precedenti, oltre il sistema dei segni e manifesta progressivamente il particolare interesse per l’aspetto simbolico che trascende la narrazione oltre la cosa, in taluni casi performativi.

Sottintendendo l’esperienza della vita nella sua vastità attraverso il suo perpetuo cambiamento, tra il 2005 e il 2007 Carlo Dell’Amico, utilizzando fotografie zenitali di varie metropoli alcune tratte da Google maps o scatti aerei, seleziona tra queste la città di Roma in un particolare momento della sua storia come paradigma di una estetica della rovina e della meraviglia. L’artista interviene su queste istantanee modificando il tessuto urbano, trasformando in forme scheletriche architetture industriali desolate, abbandonate o rese inabilitabili. Queste opere, per la maggior parte realizzate con un processo di carte sbalzate a rilievo, restituiscono in successione quella realtà trasformata in resti di antiche civiltà dando luogo ad una memoria presente e futura che riemerge come una scrittura non alfabetica e non decifrabile disposta a formare una stratificazione, in un continuum temporale. L’allusione alchemica, nelle opere del 2005, è ulteriormente sottolineata dalla presenza come crescita organica sulla pianta della città di radici annerite. Due le mostre significative di quegli anni sulle città da contemplare: una alle Scuderie Aldobrandini Straniati Reperti ( 2006) in cui le grandi mappe venivano attraversate da frasi proiettate ed interagivano con i reperti archeologici del mito bacchico dionisiaco; la seconda, Città Trafitta ( 2006) al Museo Laboratorio della Sapienza di Roma, nella quale le grandi superfici bianche delle città, ricoperte di geometrie di stelle nere, diventavano sfondo scenico per l’happening di un attore-mimo cui l’artista aveva affidato la propria partecipazione coinvolgendo il solo pubblico femminile, consegnando a gesti e segni un rituale in nove parti, per la comprensione di una magia che non sempre risiede nelle parole.

Alla Fondazione Stelline di Milano Carlo Dell’Amico, utilizzando gli stessi modelli realizza una installazione in più parti, e mappando le città con improbabili suture rende la loro visione sfigurata, in sequenze di immagini sospese, traduce la metropoli in spazi della atemporalità trasformata in una complessità caratterizzata da istinti di difesa ormai cristallizzati in organi e funzioni. L’artista guarda al fallimento e all’implosione già avvenuta o in atto fissando le rovine, residui di una evoluzione nella materialità e nell’eccesso, città informi o esplose in un processo animato da infinite contrapposizioni.

In queste opere Carlo Dell’Amico racconta l ‘aspetto tragico del mondo e come la pratica dell’arte, a differenza del reale, possa costituire un invisibile collegamento tra la natura materiale e spirituale e suggerire un cambiamento del sentire oltre che dell’agire.

Nel segno teatrale che l’artista propone, l’aspetto degenerativo della realtà va ricondotto ad una particolare forma di tradimento della natura vera del desiderio. L’invocare nel tempio del mondo- dal titolo stesso della mostra- diventa ricerca di una nuova dimensione nel passaggio temporale attraverso l’esperienza del corpo quale custode di significati trascendenti.

Nei diversi stadi dell’esistenza, l’atto di contemplare presuppone una ricerca mistica e diventa punto di osservazione per la facoltà di astrarre il quotidiano, contrastando l’accumulo di conoscenze a favore di una sola, oltrepassando la superficie per scendere nelle profondità del sé. Più in generale sollevando lo sguardo dalla realtà, l’artista cerca di incontrare il senso del mistero di cui siamo fatti che appartiene solo in parte alle circostanze della vita: il tradimento è la cifra della pretesa complessità nichilistica che contraddittoriamente si nutre dell’impossibilità di vivere senza legami o della nostra storia, anche quella di cui non abbiamo memoria.

L’INSTALLAZIONE:

MAFKHAT in questa serie di sette opere che riflettono i sette mondi antichi secondo uno schema universale, la presenza di spighe di grano sulle superfici dilaniate tra le ramificazioni della città riconducono alla dea Iside e alle rappresentazioni egizie di Osiride, spuntando dal corpo smembrato del dio coltivatore innescano il processo di rinascita dell’energia vitale nello stesso e nella natura. Luz, il luogo rinominato da Giacobbe Beth-el, da Casa di Dio diviene Beth -lehem, Casa del Pane, luogo della festa dei cereali e nella tradizione dei Vangeli luogo di nascita di Gesù, che afferma “ io sono il pane di vita eterna “. Una storia molto più antica rimanda ad un pane di altra natura, sostanza definita dal geroglifico MAFKHAT, il cui significato è “all’interno di” e “vero”, alimento della lunga vita offerto nei rituali alle divinità.

COLURI La matrice esagonale usata più volte dall’artista definita nella sue opere corpo, associata all’ordine e alla creazione, rappresenta l’unione per moltiplicazione di pari e dispari i cui divisori sono 1 2 3 . La perfezione di tale numero veicola la costruzione geometrica di un dodecagono al cui interno i bracci di una stella a sei punte si estendono dal fiore della Vita costruito dall’intersecare di altrettanti cerchi, i dodici vertici che ne risultano si possono dividere in gruppi di tre. Nel trattato “Divina Proportione” Luca Pacioli (coevo alla realizzazione del Cenacolo di Leonardo) evidenzia il tema centrale del dipinto cioè l’annuncio del tradimento. L’opera ritrae l’attimo in cui i discepoli reagiscono alle parole di Gesù che nello stesso tempo indica con le mani i simboli eucaristici. L’artista guarda alla rappresentazione leonardesca come a un rituale collettivo interrotto dall’annuncio del tradimento che gli Apostoli sembrano commentare in gruppi di tre. Dell’Amico ripropone questo tema con una serie di piccoli bronzi disposti in modo analogo di tre in tre, usando per la fusione un modello uguale per tutti, un teschio mancante della calotta cranica, una matrice servita per lo studio anatomico delle parti ossee. All’interno dei teschi aperti si ergono delle piccole colonne o candele simbolo del principio di un nuovo tempio oltre il corpo. L’artista durante la realizzazione, forzando la forma di fusione di alcuni elementi, ha generato la fuoriuscita di lamine bronzee dorate. La scultura centrale del Cristo è completamente avvolta da questi elementi che incoronano il teschio: un foro nella tempia destra la distingue dalle altre. Anche nel Gesù di Leonardo esiste un foro nella parte occipitale di destra che lo spettatore vede specularmente a sinistra, lo stesso punto rappresenta il centro prospettico dell’opera; la pratica rituale della craniotomia aveva lo scopo di liberare definitivamente l’anima dal corpo, presente anche nel teschio dipinto del Guercino in “Et in Arcadia ego “ e ripreso successivamente da Poussin.

CONTEMPLARE La Mensa. L’installazione centrale della mostra è una barriera che taglia trasversalmente lo spazio costituita da 100 elementi di casse colorate consumate dalle intemperie, parti di alveari o melari, con cromie analoghe ai pantoni industriali, oggetti ancora esalanti gli odori di cera e miele. L’artista utilizza un esempio di società perfetta parallelamente alla condizione esistenziale umana alludendo al terzo occhio delle api e ad una diversa visione e concezione della realtà. Questa struttura orizzontale che funge da mensa, corrisponde all’altezza di un tavolo e alla lunghezza di 880 centimetri che è quella del dipinto del Cenacolo.

ENNEADE All’estremità sinistra l’artista ha costruito un enneade composta di nove colonne di altrettante casse ciascuna La forma stellare e il tavolo nella sua lunghezza visti dall’alto danno luogo ad un’ immagine simile a quella di una cometa, l’Alpha e l’Omega si sovrappongono nell’annuncio della nascita della luce e al proprio destino. L’ultima delle cifre , il nove, annuncia la fine e l’inizio trasponendo sempre su un nuovo piano la condizione esistente. Queste casse colorate che l’artista utilizza da circa quattro anni nel proprio studio, riprendono gli elementi costitutivi per un dialogo fra spazio e natura. Dell’Amico ha frequentemente usato nello strutturare il suo lavoro, il compimento di un corso rappresentato dal numero 9, esempio di una natura che si riappropria del proprio spazio.

PRECESSIONE nella parete d’ingresso delle barre di luci led attraversano al loro interno una serie delle stesse casse colorate distanziate verticalmente una dall’altra, 5 colonne di 8 elementi ciascuna. La disposizione delle assi luminose è predisposta con un grado di obliquità verso destra e verso sinistra coincidente con quello dell’asse terrestre nel percorso precessionale. La doppia forma conica che questa rotazione produce è l’emblema di un abitare temporaneo che lascia il posto ad una dimensione sospesa.

Catalogo in corso di realizzazione con scritti di Marco Tonelli, Andrea Tinterri, Michele Amadò, Luca Pietro Nicoletti. Apparati a cura di Davide Silvioli

CONTEMPLARE CARLO DELL’AMICO

5 dicembre 2018 – 20 gennaio 2019

Orario: martedì – domenica, ore 10.00-20.00 (chiuso il lunedì)

Ingresso libero

Fondazione Stelline

c.so Magenta 61, Milano

Info: fondazione@stelline.it | www.stelline.it

Fondazione Stelline Ufficio stampa

corso Magenta 61, Studio Bonne Presse

20123 Milano Marianna Corte +39.347.42.19.001

tel. +39.02.45462.411 Gaia Grassi +39.339.56.53.179

fondazione@stelline.it info@bonnepresse.it

www.stelline.it www.bonnepresse.it


Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

By using this form you agree with the storage and handling of your data by this website.