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Contemporary Locus 16 VOCI | Lara Almarcegui, Elena Bellantoni, Francesca Grilli

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Data / Ora
Date(s) - 25/05/2024 - 30/06/2024
12:00 am

Luogo
Monastero del Carmine

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VOCI è il titolo del progetto espositivo che l’associazione Contemporary Locus, con Teatro Tascabile di Bergamo e con HG80 impresa sociale, apre al pubblico presso il Monastero del Carmine di Bergamo dal 25 maggio al 30 giugno 2024.

Il progetto, a cura di Paola Tognon, si costruisce intorno alle VOCI di tre artiste di fama internazionale, Lara Almarcegui, Elena Bellantoni e Francesca Grilli.
Con i loro progetti le artiste compongono una coralità, tra video-installazioni, fotografie, sculture e performance, che aprono gli spazi del Carmine a nuovi echi e risonanze.
Sono voci al femminile che – tra luci, colori, suoni e azioni – interpretano senza blandire il presente per restituire letture rivolte al futuro.

Le tre artiste, attraverso progetti site e place-specific, interpretano alcune fra le tematiche più sensibili del presente: l’ambiente, le rivolte sociali e politiche, il ritiro sociale.

L’ambiente viene analizzato dall’opera di Lara Almarcegui EXPLORATION RIGHTS, ATESINO SUPERVOLCANO, Lagorai Mountain Range.
Per oltre vent’anni Lara Almarcegui ha lavorato in diverse geografie e aree urbane rendendo temporaneamente visibili luoghi e siti abbandonati, inutilizzati o inaspettatamente preservati. In questa pratica l’artista ha messo in luce processi di trasformazione contemporanei spesso guidati da interessi politici ed economici ma descritti come percorsi di riqualificazione urbana o naturalistica.
Negli anni più recenti Almarcegui ha rivolto la sua attenzione sulla materia e sull’analisi dei materiali che costituiscono tutto ciò che ci circonda e in particolare sui materiali compositi utilizzati per le costruzioni. Il suo lavoro verte sul rapporto tra architettura e territorio a partire da una disamina del suo sfruttamento che comprende anche il sottosuolo che è, ancora oggi considerato come risorsa pubblica disponibile.

EXPLORATION RIGHTS, ATESINO SUPERVOLCANO, Lagorai Mountain Range si concentra sullo sfruttamento del sottosuolo, parte essenziale di un sistema economico predominante in superficie.
In questa direzione Lara Almarcegui, osservato l’uso sempre più frequente di rocce ignee e magmatiche nell’architettura contemporanea, ha chiesto e ottenuto l’autorizzazione di esplorazione scientifica della catena montuosa del Lagorai in Trentino, con l’obiettivo di approfondire le conoscenze sul substrato vulcanico e in particolare sulla Riolite (porfido) – di cui le dolomiti sono ricche –  e sul suo possibile nuovo utilizzo come materiale da costruzione.
L’opera in mostra è composta dal documento dell’autorizzazione di esplorazione scientifica ottenuta dall’artista (seguendo il percorso di ricerca e quello normativo per avviare concessioni minerarie, con il coordinamento scientifico del geologo Mirko Demozzi) e di alcune fotografie realizzate durante le sue esplorazioni sul Lagorai nel periodo del disgelo.
Si tratta di un’operazione di mimetica militanza poetica, radicale ma distante dall’attivismo ambientale, non solo per la ricerca estetica sempre sottesa all’opera di Almarcegui (che nasce dal suo amore per la materia o per la materia prima della materia costruttiva), ma anche per la sua specifica capacità di svelare l’ambivalenza di un complesso sistema di appropriazione e trasformazione ambientale.
Almarcegui attira qui infatti la nostra attenzione sull’esistenza di materiali sotterranei e insieme sui temi di proprietà, distribuzione e sfruttamento del sottosuolo che è in parallelo risorsa ambientale e risorsa mineraria, con tutto ciò che ne deriva.
La voce di Lara Almarcegui in questo progetto è dunque una voce apparentemente silente che proviene dal profondo della terra ma che risuona attraverso i nostri passi perché, per raggiungere e lasciare il Monastero del Carmine, percorriamo Via Colleoni, spina centrale della Bergamo medioevale realizzata in porfido, nome comune per definire la Riolite.

 
Le rivolte sociali e politiche vengono invece raccontate attraverso il progetto di Elena Bellantoni On the Breadline, in un’installazione video che viene presentata per la prima volta al pubblico.
L’opera, vincitrice della IV edizione dell’Italian Council, è il risultato di oltre un anno di lavoro che Bellantoni ha sviluppato nel 2018 e 2019 in Serbia, Grecia, Turchia e Italia. Paesi scelti dall’artista per delineare, nelle loro inquiete geografie contemporanee, un Mediterraneo periferico nel quale il titolo del progetto, “Sulla linea del pane” trova continua attualità.
Intesa dall’artista soprattutto come linea di povertà e usata ancora oggi nelle statistiche internazionali per separare la sussistenza dall’indigenza assoluta, questa linea fa riferimento al pane, elemento simbolo delle culture che si affacciano sul mediterraneo e che proprio nelle “rivolte del pane” hanno mostrato le prime rivendicazioni delle classi subalterne nei grandi passaggi di sistema e di pensiero all’inizio del XIX secolo.
Punto di partenza per l’artista è la farina, il pane, la polvere di grano. Elementi di vita a loro volta sinonimi, simbolici e non, del denaro (come la pagnotta o la grana).
L’interesse dell’artista è dunque sul valore di questo elemento presente in culture millenarie e all’interno di diverse tradizioni. Un pane che Elena Bellantoni indaga non tanto come rappresentazione del momento del convivio e del confronto tra genti diverse, quanto invece nella sua relazione con le rivolte popolari identificate nella storia come movimenti di protesta che, nel nome della giustizia e dell’uguaglianza sociale, hanno unito popolazioni diverse.
Nei paesi scelti da Bellantoni la breadline è una linea labile e discontinua che insegue epoche, sviluppi storici e sociali, così come confini e guerre; l’esito è una ricerca nella quale l’artista mette in dialogo luoghi “caldi” con l’obiettivo di intrecciare e raccontare il nostro presente contemporaneo.
All’interno di queste geografie anche la scelta delle città (Belgrado, Atene, Istanbul e Palermo) accanto alla dismissione dei luoghi scelti, assume un particolare significato. Nelle immagini incontriamo i condomini brutalisti del Block 23 a Novi Beograd, l’aeroporto abbandonato Hellinikon ad Atene, i cantieri navali dismessi del Corno d’Oro a Istanbul e infine l’ex Fiera del Mediterraneo a Palermo. Luoghi costruiti per rappresentare ideologie e progresso di cui oggi vediamo gli scheletri.
Altro e fondamentale elemento dell’opera On the Breadline è l’inserimento del canto corale che nell’opera è elemento linguistico, figurativo e compositivo. Si tratta di un canto basato sul componimento del 1911 Bread and Roses del poeta statunitense James Oppenheim, citato dalla leader socialista e femminista Rose Schneiderman in un importante sciopero di lavoratori nel 1912 e infine messo in musica nel 1975 dalla musicista folk Mimi Farina. Scelto da Elena Bellantoni in una dimensione di ri-attualizzazione immaginativa, il testo è qui tradotto per la prima volta in 4 lingue e interpretato da donne, di diversa generazione ed origine, che indossano abiti di 4 colori oltre che di fattura tradizionale.
Con questo elemento del coro, accompagnato dalle riprese composte e solenni sulle figure femminili all’interno di spazi obsolescenti che narrano utopie mancate, la parola si fa voce, e quindi corpo, per diventare infine parola agita – parola performata.
Di Bellantoni troviamo anche quattro sculture realizzate in terracotta. Quattro come le geografie interpellate dalle 100 donne coinvolte nel progetto. Passate e ripassate in cottura per diventare dorate e infine appoggiate sul piano, ci restituiscono l’importanza del pane e il suo valore nella storia, nelle rivolte sociali e politiche come nell’attualità dei nostri sogni.

Infine, l’isolamento sociale e relazionale, espressione della difficile sfida di chi cerca di definire la propria identità nel mondo, viene analizzato da Francesca Grilli con la prima italiana della performance Record e con le fotografie della serie Hand.
La serie Hand si compone di tre fotografie che rappresentano delle mani inchiostrate di blu stampate su tessuto che, allestite nelle antiche celle, guardano il grande rettangolo a cielo aperto del chiostro sottostante. Sono immagini inaspettate e iconiche, matrici di un’esperienza comunitaria. Posizionate frontalmente rispetto al nostro sguardo, nascono dalla raccolta, registrazione e sovrapposizione delle linee delle mani di un gruppo di persone adulte che vivono, lavorano o si recano, spesso con continuità, all’interno di un antico edificio urbano. Nella serie l’artista traspone la registrazione dei flussi degli spostamenti urbani in una registrazione intima e poetica fatta di storie e gesti quotidiani, quelli che segnano le mani di una comunità, sia essa volontaria o involontaria.
Nel chiostro si terranno invece quattro repliche della performance Record, qui alla sua prima italiana.
In Record un coro di giovani canta su un cornicione, una finestra, un balcone di una casa, di un palazzo, di un edificio. Luoghi a metà tra lo spazio intimo e privato di un’abitazione e lo spazio pubblico, che l’artista individua di volta in volta per le loro caratteristiche architettoniche, evocative, simboliche.
La composizione a coro di Record si basa su un testo che nasce dallo scambio con un giovane ragazzo hikikomori con il quale l’artista ha comunicato per oltre un anno.
Hikikomori è il termine giapponese che descrive una patologia sociale che porta alcune persone, soprattutto giovani dall’adolescenza in poi, a rifiutare il contatto con il mondo esterno, e che scelgono di rimanere tra le mura domestiche.
Il fenomeno del ritiro sociale è oggi diffuso in tutte le geografie occidentali, con un numero crescente di giovani che si chiudono nelle loro stanze.
In una società che fa del fallimento uno dei suoi più grandi tabù, le giovani generazioni faticano a lanciarsi nella vita, sentono il peso di aspettative irraggiungibili, hanno paura di dichiararsi al mondo. Tuttavia, questa ambigua attrazione tra il lanciarsi e il rimanere chiusi al mondo, non riguarda solo i giovani. Riassume il momento che stiamo vivendo, in cui siamo tutti coinvolti, con difficoltà e gioie, smarrimento ed emozioni contrastanti.
L’isolamento sociale come assenza di contatto è tra l’altro qualcosa di cui tutti abbiamo sperimentato gli effetti durante i lockdown degli ultimi anni.
In Record sia dal punto di vista coreografico che musicale l’atmosfera ci avverte continuamente di una possibile caduta. Sono infatti continui i rilanci e le alternanze vocali di un coro che si trova in una posizione fisica di disequilibrio richiamando la sfida di chi deve definirsi nel mondo.
Record espande la voce dell’isolamento e del silenzio mettendo in luce corpi sbilanciati, portando flussi di parole con cui rilascia nello spazio le nostre ombre e paure.
Record è l’adolescenza, quel tempo che segna lo spostamento dall’infanzia all’età adulta. Ma Record siamo tutti noi, che agiamo e partecipiamo alla performance tra paure intime e paure globali che rendono incerta, ma sempre vera, la nostra comune esistenza.
La realizzazione di Record coinvolge giovani cantori delle comunità e dei territori in cui si attiva la performance. Durante il workshop preparatorio di 5 giorni l’artista e il vocal trainer preparano il gruppo alla performance. I giovani coinvolti partecipano alla stesura di alcune parti del testo cantando anche nella propria lingua.

 
L’esposizione VOCI prevede il coinvolgimento del territorio: workshop, momenti di incontro e di conversazione con le artiste, pratiche e azioni volte alla accessibilità dei contenuti, attività di accoglienza e di condivisione rivolte all’infanzia e agli adulti.

Contemporary Locus 16 | VOCI | è inserito nell’ambito di Acciaio e Cotone nome del progetto biennale dedicato al Monastero del Carmine e composto da interventi mirati alla sua rigenerazione in chiave culturale promosso dal Teatro tascabile di Bergamo con l’associazione Contemporary Locus e HG80 impresa sociale. Il progetto si compone di interventi e azioni che appartengono al cantiere fisico (adeguamenti, costruzioni e allestimenti sperimentali) o al cantiere sociale (reti e legami da creare o rafforzare, progetti partecipativi) oppure ad entrambi gli ambiti di intervento. Acciaio e Cotone rientra negli undici progetti selezionati con Spazi in trasformazione, il primo bando italiano dedicato al riuso transitorio di spazi dismessi o sottoutilizzati, fortemente voluto da Fondazione Cariplo.

Il Comune di Bergamo sostiene Contemporary Locus.

Contemporary Locus 16 | VOCI | Lara Almarcegui, Elena Bellantoni, Francesca Grilli
a cura di Paola Tognon
Conferenza stampa: venerdì 24 maggio ore 11 presso il Monastero del Carmine
Opening: sabato 25 maggio 2024
Periodo 26 maggio – 30 giugno 2024
Luogo: Monastero del Carmine, Via Colleoni 21, Bergamo, Italia
Orari di apertura: venerdì 18-22 | sabato 16-20 | domenica 10-13 / 16-20 Ingresso libero
Visite guidate: tutte le domeniche alle ore 10,30 –  ritrovo al desk accoglienza VOCI – ingresso Monastero del Carmine

 
PROGRAMMA | VOCI | 25 e 26 MAGGIO (sabato e domenica)
 
OPENING: sabato 25 maggio 2024 ore 19 – 20,30 ingresso libero
RECORD performance di Francesca Grilli (parte del progetto VOCI, in prima italiana 4 repliche della performance)
Sabato 25 maggio: prima replica h 18,30 – 19 | seconda replica ore 20,30 – 21
Domenica 26 maggio: prima replica ore 17,30 – 18,00 | seconda replica ore 20 – 20.30
Ingresso a pagamento e su prenotazione, chiostro del Monastero del Carmine

TALK con le artiste Lara Almarcegui, Elena Bellantoni, Francesca Grilli del progetto Contemporary Locus 16 | VOCI |
Domenica 26 maggio ore 18,00 – 19,30 ingresso libero, Monastero del Carmine

Contatti Contemporary Locus: Laura Santini Coordinatrice laura@contemporarylocus.it | Marco
Boldrini Assistenza e segreteria marco@contemporarylocus.it  | Paola Tognon paola@contemporarylocus.it

 
Ufficio Stampa:
Spaini & Partners
www.spaini.it 
tommaso.spaini@spaini.it
cell: 3400510214


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