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Do Computers Deram, retrospettiva di Alessandro Amaducci a Spalato

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Date(s) - 20/05/2021 - 23/05/2021
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Dopo i successi all’Atene Digital Festival, allo Share Festival di Torino, all’Instants Video di Marsiglia, le opere di Alessandro Amaducci saranno esposte a Spalato (Crozia) in occasione dello Split Videoart Fest in programma dal 20 al 23 maggio. La retrospettiva, a cura di Maurizio Marco Tozzi, intitolata “Do Computers Dream”, presenta 11 fra le più importanti opere audiovisive realizzate in oltre 30 anni di attività in cui l’artista ha affrontato spesso un oscuro quesito: “I computer sognano?”.

Accesi per ore e ore, di giorno e di notte, i computer intraprendono un rapporto intimo con la nostra esistenza: nel loro hard disk vivono parti di noi, del nostro quotidiano, dei nostri desideri, forse anche dei nostri segreti. Imparano a conoscerci nel tempo, ci guardano, osservano il nostro mondo. Lasciati svegli, di notte, a scaricare dati, accumulano tracce di vita, saperi, immaginari; osservano il nostro inconscio che si trasforma in dato.

“Dall’altra parte dello schermo” (come si diceva in un vecchio film di fantascienza) c’è qualcosa che sviluppa un suo inconscio: un inconscio tecnologico, lo specchio rovesciato e trasparente del nostro mondo trasformato nell’universo di numeri del “mondo al di là”. I computer sognano? Certamente sì: sognano i nostri sogni, reinterpretandoli, così come noi facciamo con loro.

Il mondo digitale riesce a costruire il linguaggio che usa: è qualcosa di autonomo che vive di radici umane. L’umano e il digitale sono due dimensioni strettamente interconnesse: gemelli eterozigoti. Il monitor diventa uno strumento duplice: da un lato è lo specchio trasparente che permette il passaggio, dall’altro è uno specchio che non solo riflette, ma trasmette, comunicando una sua visione del mondo.

La convivenza fra umano e digitale non si limita al rapporto uno-ad-uno fra persona e computer: il Web diffonde il linguaggio determinato dalla simbiosi dei due mondi determinando un altro universo fatto di scambi, re-interpretazioni ulteriori, creazioni di immaginari ibridi: un luogo caotico e creativo insieme. Il linguaggio delle immagini è lo strumento più usato per riconoscer-si e internet crea una vera e propria rete di inconsci: immagini, archetipi, immaginari che oltrepassano continuamente la soglia fra mondo umano e mondo digitale, tra passati re-immaginati e futuri remoti.

L’ingresso nel mondo dell’inconscio tecnologico è un viaggio oscuro, denso di ferite, dove si incontrano corpi che incarnano alcuni temi che ossessivamente si rincorrono, come la vita , la morte, la memoria, la fine dei limiti, l’intreccio fra voyeurismo e esibizionismo (il desiderio di guardare e di essere guardati), la trasformazione del mondo in spettacolo e in dati, infine l’inossidabile potenza fascinatoria della forma umana, del corpo inteso come luogo esoterico, come spazio simbolico. Entrare nell’inconscio tecnologico significa anche ri-scoprire la propria ombra, quella dimensione dove la morte e la vita sono confuse, dove si può giocare anche in maniera crudele, dove la bellezza e la mostruosità possono convivere, dove la paura è necessaria perché produttrice di emozioni.

Le opere in programma sono: Not with a Bang, 2008, 5’12; Future(ism), 2013, 2’30;Electric Self, 2006/2016, 4’00; Discussion on Death, 2006/2018, 6’00; Fear of Me, 2008/2017, 6’00; Pagan Inner, 2010, 6’30; Black Data, 2012, 4’00; In the Cave (of technology), 2013, 5’38; I Am Your Database, 2014, 3’53; Post Rebis, 2016, 3’39; Shedding, 2010/2018, 7’00.


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