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Ludovica Carbotta. Very Well, on My Own

Ludovica Carbotta. Very Well, on My Own

Ogni anno, in occasione di Artefiera e Artcity, Bologna si trasforma in un enorme spazio espositivo disseminato in musei, gallerie, palazzi storici e altri luoghi solitamente inaccessibili al pubblico. La mostra che propone il MAMbo è dedicata a Ludovica Carbotta (1982, Torino), artista multimediale la cui ricerca spazia dalla scultura, alla fotografia, dal disegno alla videoarte. Carbotta vive e lavora a Barcellona. Dopo il diploma in Pittura presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino nel 2005, ha proseguito i suoi studi con un corso avanzato di Visual Arts tenuto da Yona Friedman nel 2008 presso la Fondazione Antonio Ratti a Como. Nella prima metà del decennio successivo si è trasferita a Londra, dove ha frequentato la Central Saint Martins e dove nel 2015 ha conseguito un Master in Fine Arts presso la Goldsmiths University. Curata dal direttore del MAMbo Lorenzo Balbi con l’assistenza di Sabrina Samorì, la mostra è la prima antologica dedicata a Ludovica Carbotta e offre uno sguardo d’insieme sul suo lavoro nelle sue diverse forme di espressione. Il titolo, Very Well, on My Own, riassume la poetica dell’artista torinese, introducendo il tema del rapporto fra pubblico e privato. La città, il paesaggio, l’architettura sono i suoi principali luoghi di indagine, il corpo e la persona ne rappresentano le unità di misura.

Ludovica Carbotta, “Il viaggio è andato a meraviglia (esercizio uno)”, 2010, video, colore e suono, courtesy l’artista

Il percorso inizia con “Il viaggio è andato a meraviglia (esercizio uno)” del 2010, un video in piano sequenza della durata di 120 minuti in cui l’artista, immobile, abbraccia un palo della luce sul ciglio della strada mentre passano le automobili. Carbotta, neutralizzando il suo movimento, diventa parte del paesaggio urbano, mentre il tempo è scandito dall’inesorabile fluire del traffico. La camera fissa contrappone due piani spaziali: le automobili slittano su un piano orizzontale, mentre l’artista rimane stretta al palo lungo una retta verticale che sembra negare la necessità quotidiana di spostarsi da un luogo A a un luogo B. La proiezione è affiancata da una serie di 120 disegni a matita di piccolo formato, giustapposti sulla parete in modo da formare un grande rettangolo. Gli schizzi rappresentano vedute urbane dal punto di vista del passeggero di un autobus, un treno o una macchina: la prospettiva si inverte rispetto a quella del filmato e l’artista raccoglie attivamente l’immagine del paesaggio, elaborata però in base alla memoria e vincolata dal tempo che ha a disposizione.

Ludovica Carbotta, “Very Well, on My Own”, installation view at MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Sala delle Ciminiere, photo Carlo Favero, courtesy MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

Dopo la proiezione, la mostra prosegue nella sala principale con “Die Telamonen” (2020-2024). Si tratta di una serie di sculture antropomorfe concepite come una sorta di famiglia i cui membri, seppur provenienti dalla stessa genealogia, vivono un processo di differenziazione in cui l’uno genera l’altro: ricorre la figura umana, mentre variano il materiale e la superficie. Scompare invece la figura umana in “Images of Others Has Become Part of the Self” (2024), installazione site-specific che si presenta come un’impalcatura di legno concepita dall’artista perché sorreggesse il suo peso elevando il suo corpo più in alto possibile. L’architettura non segue un progetto precedente all’opera, ma la struttura si sviluppa empiricamente in base al corpo dell’artista che si oppone alla forza di gravità. L’artista non è presente, ma l’opera è frutto della sua corporeità, che si può immaginare come una cronologia di posizioni che hanno definito l’ambiente circostante. Spazio e tempo agiscono come variabili di una funzione di cui l’opera rappresenta il grafico. In altri casi l’indagine si sposta sull’istante, su un punto preciso della linea.

Ludovica Carbotta, sx: “The Original is Unfaithful to the Translation”, 2015, serie di sculture, 2 audio (5 min. 30 sec.; 1 min. 39 sec.), video (7 min. 31 sec.), dimensioni variabili, courtesy The Place Collection, Rafa Macarron Collection; dx: “Images of Others Have Become Parts of the Self”, 2024, legno, dimensioni variabili, courtesy l’artista

Nelle sculture di Ludovica Carbotta è sempre presente un’idea di crescita ed evoluzione, come nel caso dei “Paphos” (2021-2024), collocati nell’ala sinistra della sala delle Ciminiere, che restituiscono uno stadio di questo processo. È un’espansione che incorpora materiali e oggetti fino a renderli irriconoscibili, rivelando al tempo stesso alcuni degli elementi che li compongono. In modo differente, il gruppo di sculture nella sala sulla destra propone una possibile archeologia del futuro: in “Falsetto” (2017-2018), le opere incorporano elementi architettonici provenienti da diverse epoche della storia che interagiscono con scatole, secchielli e strutture in plastica, tutti oggetti della contemporaneità. Archi, colonne, tubi e blocchi di pietra danno forma alle rovine della civiltà trasportando il visitatore sul sito di una moderna Stonehenge: può essere la prefigurazione di un futuro catastrofico, ma anche l’esito di un’attualità che vi assomiglia. Il gruppo di opere mette in luce la necessità di ripensare le strutture da un grado zero di conoscenza empirica.

Ludovica Carbotta, “Very Well, on My Own”, installation view at MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Sala delle Ciminiere, photo Carlo Favero, courtesy MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

Quest’ultimo aspetto ricorre nella produzione dell’artista, come nel caso di “Patologia da decompressione” e “Non misurare la superficie”, azioni che vogliono creare nuove rotte all’interno della geografia convenzionale, riavvicinare la posizione e la localizzazione mediante l’esperimento, la misurazione empirica, ponendo lo sguardo su “un frammento, una cosa insignificante, cercando il più possibile di non fare affidamento su conoscenze previe”. Nella prima opera, Carbotta effettua una misurazione del lago di Como con lo scopo di trovarne il punto più profondo, mentre nella seconda cerca di camminare più a lungo possibile senza proiettare la propria ombra, riprendendo tutto attraverso un’inquadratura soggettiva. Opera statement della ricerca di Ludovica Carbotta è il progetto Monowe, iniziato nel 2016, che dà il nome a un ipotetico e utopico spazio urbano in cui vive un solo abitante. Il primo atto, “Entrance to the City”, si snoda negli spazi del Parco del Cavaticcio (sito negli immediati pressi del museo), concepito come il cantiere di lavoro per la costruzione della città. Nel tempo il progetto si amplia e si trasforma, assumendo diversi aspetti fino al 2022, quando prende la forma di un mediometraggio, prodotto da BoFilm e vincitore nel 2022 dell’undicesimo Italian Council.

Ludovica Carbotta, “Monowe”, 2024, film, colore, sonoro 45 min. L’opera è stata realizzata grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito di Italian Council (11a edizione, 2022), il programma di promozione internazionale dell’arte contemporanea italiana. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli

Il film, il cui protagonista è l’abitante di Monowe, è ambientato nel tribunale della città, con le sculture e architetture dell’artista a fare da scenografia. Si tratta di un processo paradossale, dal momento che l’imputato, il giudice e l’accusa sono la stessa persona che viene rappresentata nelle differenti fasi della sua vita, dall’infanzia alla vecchiaia (rispettivamente interpretat* da Nilausen Carbotta, Willem Nilausen Trullàs, Elionora Nilausen Trullàs, Ondina Quadri, Michele Ragno e Benedetta Barzini). L’opera ipotizza una perdita della collettività a favore dell’individuo, riflettendo sulle sue possibili conseguenze. L’uomo è creatore dello spazio, ma la città produce l’uomo: i piani finiscono sempre più per confondersi e sovrapporsi, e si infittisce il legame tra pubblico e privato. Il tempo è l’oggi, qui e ora, ma è anche il passato che ruba ogni secondo, ogni minuto e ogni ora al presente. È il tempo scandito dall’uomo che può essere come trasportato dalla corrente o fermarsi in un punto e volgere lo sguardo in avanti o all’indietro. L’opera di Ludovica Carbotta dimostra che questo ciclo di produzione e consumo si può spezzare, e che lo spazio urbano può diventare il teatro della rigenerazione di questa frattura.

Info:

Ludovica Carbotta. Very Well, on My Own
1/02/2024 – 5/05/2024
MAMbo – Museo d’arte Moderna di Bologna
Via Don Minzoni 14 | 40121 Bologna
Tel. +390516496611 | info@mambo-bologna.org
www.mambo-bologna.org


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