Alessio Ancillai: le parole a lavoro

Quale immagine è più suggestiva dell’opera d’arte come generatrice di parole intrecciate tra loro, in cui forme e metafore offrono la sintassi di una geniale sregolatezza creativa? È il caso di Alessio Ancillai, in esposizione con “Il turno di notte” a cura di Davide Silvioli, presso lo spazio romano COSMO, sino al 21 aprile 2024. Questo progetto indaga con acuta intelligenza e potente inventiva d’immaginazione la ricerca sul tema del lavoro, l’aspetto dimensionale dell’opera e la parola. La mostra si offre con la specifica consapevolezza di un percorso esperienziale di un’interpretazione inedita e riassuntiva delle pratiche di Ancillai per affrontare con insolito ingegno le questioni dimensionali nelle strutture svolte su telai e grazie alla qualità critica di come viene trattato il rapporto con la parola. Gli esiti più riformatori del progetto derivano proprio da quest’ultimo filone di ricerca da cui si originano le opere più spontanee e innovative, tanto da poter essere interpretate dal pubblico con duttilità di giudizio. Difatti, il vocabolo è il protagonista sottaciuto dell’intera rassegna, che viene fisicamente e vocalmente presentato sino a stimolare un’indagine sul suo uso comunicativo secondo una poetica dalla sottile carica eversiva.

Alessio Ancillai, “Il turno di notte”, veduta della mostra, COSMO, Roma, 2024. Ph. Sebastiano Luciano, courtesy l’artista e COSMO

In tal modo, ogni opera esposta è originata da una felice attività dell’artista che unisce nella loro diversità sculture, video, audio e installazioni, attraverso una studiata strategia tale da rivelare una ricerca concentrata sulla fattura dei materiali e sul loro dinamico equilibrio. Tuttavia, Ancillai, con un’apprezzabile massiccia dose di coraggio e utilizzando disparati linguaggi, evita una ricerca geometrizzante, avvicinandosi di contro al meraviglioso spazio delle contaminazioni. Così, le opere si presentano come veri e propri corpi tridimensionali che spezzano e superano la superficie, generando momenti di acme nei punti luminosi e ambigui giochi prospettici per via dell’incidenza della luce, dimostrando altresì come il risultato sia tanto più efficace quanto più l’opera riveste un carattere organico. Eppure, i lavori che più attraggono sono quelli caratterizzati da una partecipazione a pieno diritto della parola. In particolare, si fa riferimento alle installazioni video e le trascrizioni in argilla sul muro, interventi che lasciano intendere che l’arte, essendo leggibile e uditiva, si incarni nel concetto di lavoro, diventando così mezzo utile per capire, vivere e sentire il mondo. Per gli stessi motivi la mostra è un riuscito sodalizio di idee, opere e pensieri che affrontano i soggetti cari alle ricerche dell’artista, quali l’esistenza linguistica e il suo reciproco scambio sulla soglia del vedere, del leggere e dell’ascoltare.

Alessio Ancillai, “Il tempo necessario”, 2024. Telaio, bronzo, argilla, marmo, led, 215 x 180 x 115 cm. Ph. Sebastiano Luciano, courtesy l’artista e COSMO

L’essenza della mostra si riscontra con maggiore efficacia al piano inferiore degli spazi espositivi, laddove il tema del lavoro si fa più vivo, anche se mai condotto con elementi di critica sociale o politica, bensì attraverso la scoperta di piccole verità compendiate con incisivi momenti poetici. Se i cavi di ancoraggio in acciaio – che mantengono sospesi i rotoli di carta vetrata – alludono a vedute di officine metalmeccaniche, nella stanza attigua si trova un ponteggio che sorregge i video in un perfetto equilibrio tra rigore e forma. Ancillai, in entrambi i casi, unisce l’impulso emotivo e la necessità di garantire degli specifici rapporti con lo spettatore, in cui la normale logica lavorativa viene capovolta e la vera pausa dal turno di notte consiste paradossalmente nell’alzarsi e agire. Così, anche se il verbo che più ricorre è ripetere, l’artista non teme di ricostruire e condividere quel personalissimo spazio d’incertezza, nel cui dubbio verosimilmente è solito sostare per avviare il suo tratto identitario, ovverosia un tenace e ricercato dialogo con l’altro. Infine, le opere più attrattive della mostra, come “Vita tua vita mea” e “Pensavo a come…”, sono entrambe capaci di innescare processi a favore dello spettatore, il quale non rimane affatto emotivamente sterile, ma chiamato vibratamente a relazionarsi e riflettersi con il fluire delle parole dell’artista.

Alessio Ancillai, “Night shift”, 2024. Acrilico, carta vetrata, cavo d’acciaio, ganci, dimensioni ambientali. Ph. Sebastiano Luciano, courtesy l’artista e COSMO

Nondimeno, Ancillai, nell’occasione, vuole trascendere dalle classiche convinzioni, infatti lo scorrere delle realizzazioni non si presenta affatto come una somma di racconti sovrapposti che seguono il principio desueto dell’opera candidamente allestita; si tratta piuttosto di una massiccia operazione metalinguistica, un percorso per attitudini e concetti che segue uno schema per associazioni sino a sconfinare in diversi territori espressivi. Si tratta – a questo punto è necessario dirlo – di una mostra nata come una pagina bianca, il cui contenuto emerge attraverso una specifica vena di sperimentalismo. Ragione per la quale ogni opera trova la sua ragion d’essere nell’insieme di procedure finalizzate alla loro ideazione, in cui il fare anti-geometrico e lo studio da autodidatta dell’artista verso tutto ciò che è biologico coesistono. Difatti, la materia su cui Ancillai lavora non sono semplicemente i vocaboli e le loro forme concettuali, bensì il racconto della loro origine e della loro storia. Così, ogni qualvolta l’artista li evoca, lascia liberamente immaginare da quali specifiche folgorazioni essi siano originati: incontri con persone o piccoli episodi dell’esistenza. In altre parole, privato e pubblico si mescolano dando vita a brevi strofe capaci di ibridare i temi intimi con quelli emozionali.

Alessio Ancillai, “Odio ripetere”, 2024. Tessuto, proiettori, casse audio, trabattello, dimensioni ambientali. Ph. Sebastiano Luciano, courtesy l’artista e COSMO

La mostra, dunque, è il risultato di complesse relazioni ideate da un artista dalla cultura polivalente, scelta inaspettatamente derivata dal campo della medicina, volta a dimostrare come le parole, se armoniosamente fatte lavorare tra di loro, superino il limite comunicativo evidenziando un vincolo partecipativo della conoscenza di sé, degli altri e del mondo tutto. Così, sebbene la convivenza dei diversi argomenti produca naturalmente rimandi e riflessi reciproci, tali opzioni assumono un significato unitario sotto il termine lavoro, che designa non solo la quotidiana attività umana, ma anche quella di un artista che manipola semplici vocaboli come fossero la sua materia prima, plasmati secondo innovative e suggestive ideazioni morfologiche.

Maria Vittoria Pinotti

Info:

Alessio Ancillai, Il turno di notte
a cura di Davide Silvioli
05/04/2024 – 21/04/2024
COSMO
Piazza di Sant’Apollonia 13, 00153 Roma
cosmotrastevere.it


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