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Impronte. Alla Fondazione Lercaro lavori in corso per artisti under 30

A Bologna la Raccolta Lercaro, in virtuosa emulazione dell’analogo progetto organizzato dal vicino MAMbo nel Nuovo Forno del Pane, ha offerto i suoi spazi espositivi ad alcuni giovani artisti per utilizzarli come studio e piattaforma di confronto e incontro. In seguito a un bando rivolto ad artisti under 30 pubblicato la scorsa estate, sono stati invitati Sofia Bersanelli (Milano, 1993), Alessandra Brown (UK, 1992), Matteo Messori (Reggio Emilia, 1993), Caterina Morigi (Ravenna, 1991) e Norberto Spina (Torino, 1995), a ciascuno dei quali è stato chiesto di progettare un’opera originale sul tema “libertà e responsabilità”. Ai cinque si sono aggiunti il Collettivo DAMP (Alessandro Armento, Luisa de Donato, Viviana Marchiò e Adriano Ponte) e Raffaele Vitto (Canosa di Puglia, 1993), chiamati a realizzare opere site-specific rispettivamente sul terrazzo e nel cortile interno della Fondazione Lercaro. L’iniziativa è coordinata e seguita da Francesca Passerini, direttrice della Raccolta Lercaro, Andrea Dall’Asta, suo predecessore nella direzione, dal critico, curatore e docente Claudio Musso e dalla giovane Laura Rositani, selezionata attraverso una call dedicata a critici e storici dell’arte emergenti. L’obiettivo di questa residenza è, oltre all’offrire ai vincitori del bando uno studio temporaneo in cui lavorare in vista della mostra conclusiva, intitolata Impronte e programmata per la primavera (restrizioni Covid permettendo), quello di supportarli nel difficile passaggio dall’Accademia, che per alcuni di loro è un’esperienza molto recente, a una professionalità sfaccettata come quella dell’artista attraverso incontri con professionisti di vari settori, oltre che con artisti affermati come Marzia Migliora e Francesca Pasquali. La particolarità di questo bando è il fatto di aver immaginato un percorso mirato per giovanissimi che, nonostante siano già seguiti da gallerie, abbiano vinto premi e residenze o ottenuto commissioni, hanno da poco iniziato ad affrontare concreti problemi di produzione e tutte le questioni legate alla definizione della propria identità artistica e dei propri linguaggi espressivi.

Un pomeriggio siamo andati a curiosare nei loro studi presso la Fondazione Lercaro e abbiamo incontrato chi in quel momento era lì per avere qualche anticipazione sui progetti in corso. Competenza nella sperimentazione dei materiali, sensibilità nella rielaborazione del proprio vissuto e attenzione alla costruzione di un pensiero critico sono alcune delle caratteristiche che ci hanno colpito in tutti i giovani artisti, oltre alla sincerità con cui erano disposti a raccontarsi.

La ricerca di Matteo Messori è divisa in due serie: Antiforma e Formastante, categorie che suggeriscono la complementarietà di un approccio empatico e fisico-strutturale nei confronti della realtà e delle sue derivazioni immaginifiche. Nel suo lavoro risaltano la tensione tra un gesto e una forma sempre sul punto di esplodere, la vocazione immersiva delle sue visioni e la capacità di captare l’esperienza dello spazio in una cifra espressiva tribale la cui vocazione è quella di diventare habitat. In studio l’artista ci ha mostrato una serie pittorica e scultorea incentrata sulla restituzione visiva ed emotiva di un suo viaggio nella Valle della Luna in Sardegna, dove dagli anni ’80 vive stabilmente una comunità di hippies in una baia protetta dalla speculazione edilizia grazie alla donazione di un ricco magnate. L’energia di questa situazione estrema è la stessa che modella le forme grafiche o scultoree in cui il ricordo di quel paesaggio violento e delle sue ombre drammatiche acquisisce una plasticità iconica e primordiale.

Alessandra Brown lavora sulle relazioni semantiche e formali tra immagini prelevate dalla quotidianità che, avulse dal loro contesto originario, incarnano allo stesso tempo la labilità di un ricordo destinato a scomparire e una strana sottile fisicità che le assimila a oggetti dotati di peso e spessore. Le sue manipolazioni visive, che spaziano dalla fotografia, alla grafica e alla rielaborazione digitale, si potrebbero definire come interventi di “estrazione di realtà” che materializzano l’intercapedine di spazio tra l’immagine e il suo referente. Il progetto che l’artista sta sviluppando per la residenza a Bologna prevede la rielaborazione pittorica di una serie di screenshot di conversazioni avvenute nel corso degli anni attraverso le piattaforme digitali che congelano il momento in cui l’immagine di uno dei due interlocutori perde definizione a causa di temporanei rallentamenti della connessione. Soffermandosi sull’interruzione, Alessandra Brown indaga il concetto di interfaccia, relazione e tempo con raffinata essenzialità.

Norberto Spina radica la sua ricerca nelle zone marginali della città in cui vive, Milano, e nelle tensioni sociali che si percepiscono nell’usura e nella vandalizzazione degli spazi urbani. Il suo è un viaggio di iniziazione che parte dall’esplorazione delle periferie in cui culture diverse faticano a convivere e integrarsi e si addentra in un’idea di strada intesa come compenetrazione di esperienze. L’artista riconosce l’essenza dell’umanità nelle tracce di situazioni al limite che le zone grigie della metropoli sembrano trattenere più a lungo e che per lui diventano rivelazioni esistenziali. Il suo progetto per Impronte parte dalla documentazione fotografica delle sedie su cui prostitute transessuali attendono i clienti nei parcheggi o in luoghi appartati. Questi oggetti, per lui emblematici del fattore umano che li rende interessanti, sono i soggetti di un disegno a tratteggio incrociato che sintetizza queste situazioni in texture realizzate con pennarello indelebile che spingono per trasformare la densità di un’assenza in pittura.

Il lavoro di Caterina Morigi indaga il rapporto tra micro e macro della materia esplorando intriganti ipotesi di intersezione tra uomo e natura che trovano la loro ideale matrice di riferimento nel concetto antico di mimesi. Le sue opere sono trappole in cui le due categorie identitarie si compenetrano grazie alla minuziosa rilevazione di analogie (a livello sia di struttura e sia di superficie) che enfatizzate dai suoi interventi di sovrapposizione, accostamento e imitazione, diventano sorprendenti. Alla Fondazione Lercaro l’artista sperimenta un nuovo processo pittorico su carta realizzato con differenti tipologie di disinfettante industriale. Le reazioni chimiche di queste sostanze antisettiche, la cui funzione è quella di inibire lo sviluppo di microrganismi infettivi, generano forme instabili che paradossalmente rimandano a suggestioni organiche. Come in molti altri lavori di Caterina Morigi, anche questa serie sottopone all’osservatore un enigma, nella cui soluzione appare lampante l’ingannevolezza delle percezioni sensoriali umane.

Raffaele Vitto fonda il suo linguaggio sulla difficile conciliazione tra le due contrastanti anime che ad oggi improntano la sua identità: l’essere un giovane artista pienamente immesso del flusso della contemporaneità e un’atavica tradizione familiare che lo lega alla campagna e ai suoi ritmi. Dalla sua tenuta in Puglia l’artista trae tutto il materiale, inteso in senso fisico, simbolico e concettuale, che utilizza per realizzare i suoi lavori, sempre orientati a essere effimeri e site-specific. L’ambiguo rapporto con il suo particolare bagaglio culturale lo porta a “lavorare artisticamente come un contadino” per riflettere in modo concreto sulle possibilità di integrazione tra universi così differenti. Per il cortile interno della Fondazione Lercaro Raffaele Vitto sta progettando un’installazione a base di terra e farina che mette in relazione la stratificata iconografia del pane con riflessioni sulle aporie che governano la produzione e la distribuzione dei beni primari di sussistenza nella società globalizzata.

Riguardo ai progetti degli artisti che non siamo riusciti a incontrare, la curatrice Laura Rositani ci racconta: “La pratica multimediale di Sofia Bersanelli si avvale di diversi linguaggi che vanno dalla scrittura al disegno, dalla fotografia al video, per affrontare temi quali l’inconscio e la memoria, la precarietà e la fragilità dell’esistenza. L’espressione verbale, intesa come parola e suono, ha un’importanza fondamentale nella ricerca dell’artista e questo studio è alla base del progetto che sta sviluppando per la residenza Impronte. La scrittura rappresenta il punto di partenza per un’indagine più ampia sul rapporto di incontro e dialogo tra parola ed immagine, immagine e suono, linguaggio visivo e linguaggio verbale. Il collettivo DAMP, la cui pratica si sviluppa in stretto dialogo con i luoghi con cui si relaziona e con azioni in contesti naturali e urbani, sta sviluppando un’installazione site-specific nello spazio del terrazzo della Raccolta Lercaro. Per il progetto Impronte sta pensando a un’azione partendo dalle geometrie della griglia di pavimentazione, che diventa uno spazio ipotetico e potenziale che suscita riflessioni sul tema della residenza, sul concetto di libertà ma anche di limite”.

Info:

www.fondazionelercaro.it/impronte

Sofia Bersanelli, “Spiraea”, video, colore, 8'49, 2017 Sofia Bersanelli, “Spiraea”, video, colore, 8’49, 2017

Matteo Messori, “Antiforma”, acrilico, intonaco, gesso e vinavil su garze mediche. 400 x 200 cm, 2020Matteo Messori, “Antiforma”, acrilico, intonaco, gesso e vinavil su garze mediche. 400 x 200 cm, 2020

Alessandra Brown, "Hostages", Curva Pura, Roma 2020Alessandra Brown, “Hostages”, Curva Pura, Roma 2020

Norberto Spina, “Da qualche parte esiste una fine”, Collettori di automobili, carrube e pittura acrilica, 2020

Caterina Morigi, ”1:1”, Bologna 2018, Installation view Museo MAMbo

Raffaele Vitto, "400 passi di terra", terra e paglia, 25 mq, 2019Raffaele Vitto, “400 passi di terra”, terra e paglia, 25 mq, 2019

DAMP, “Apolide”, 2020


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