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Mario Garcia Torres. Gettare la spugna

Mario Garcia Torres. Gettare la spugna

Trasportato dall’ambito della boxe, l’aforisma “gettare la spugna” viene adoperato in italiano per simboleggiare la resa, l’atto di arrendersi e ammettere la sconfitta, lasciando trasparire un sentimento di rassegnazione da parte di chi lo compie. Questo modo di dire, usato come titolo dell’ultima mostra di Mario Garcia Torres presso la Galleria Massimo Minini, non vuole indicare solo il compiere un passo indietro o di lato rispetto all’opera realizzata, ma vuole rivelare un rigetto della canonica concezione dell’opera d’arte, un’interruzione e quasi un abbandono del proprio ruolo e persino della definizione di sé, lasciando un’apertura a varie reinterpretazioni.

Mario Garcia Torres, “Gettare La Spugna”, installation view, photo Petro Gilberti, courtesy Galleria Massimo Minini, Brescia

Mario Garcia Torres gioca sin dall’inizio sulla definizione dell’opera d’arte. Entrando negli spazi della galleria, l’artista messicano ci pone subito in relazione con due oggetti ambigui, che allo stesso tempo potrebbero essere “tavolini da caffè” e sculture, Pastiche Table e Brutalist Sculpture, entrambi realizzati in granito. A seconda della narrazione e dell’uso che se ne fa, essi possono divenire oggetti funzionali o vere e proprie opere d’arte. Il fatto che diamo per assunta l’essenza di opera d’arte di un qualsiasi oggetto esposto in una galleria, non è sufficiente per definirlo tale secondo l’artista, che quindi rende protagonista la confusione, o meglio, la sospensione della definizione. Entrato in un limbo di indecisione, lo spettatore si lascia quindi guidare all’interno dell’esposizione e, superati i due blocchi di granito, è invitato a seguire il movimento di una canna dell’acqua, che non è più, come si può sospettare, una vera canna d’acqua ma una scultura in bronzo che emula la leggerezza di movimento di un tubo che si snoda nello spazio, ma che è in realtà rigida e fissa.

Mario Garcia Torres, “Gettare la spugna”, installation view, photo Petro Gilberti, courtesy Galleria Massimo Minini, Brescia

Si tratta dell’opera This is an object I Made While Thinking of Alighiero Boetti, in cui Mario Garcia Torres impone una straordinaria narrazione partendo da un semplicissimo “What if”. L’artista si chiede infatti come sarebbe potuta essere la continuazione del celebre autoritratto Mi fuma il cervello realizzato nel 1993-94 da Boetti (a cui si deve il primo incontro tra Massimo Minini e Mario Garcia Torres), e costruisce su questa sottile linea di possibilità una narrazione che si impone sull’oggetto, e di conseguenza su di noi. Ci si avvicina in questo senso al cinema. L’opera d’arte è pregna di una narrazione che non ci fa sprofondare nell’oggetto ma che più che altro penetra dentro di noi.

Mario Garcia Torres, “Gettare la spugna”, installation view, photo Petro Gilberti, courtesy Galleria Massimo Minini, Brescia

Questa reinterpretazione dell’opera ci fa riflettere sull’importanza della narrazione. L’artista rinuncia in qualche modo al suo protagonismo per porre al centro della scena la storia e le influenze sullo spettatore. Mario Garcia Torres lavora indagando la definizione dell’artista e le sue modalità di creazione dell’opera mettendo in discussione il concetto di autorialità per porre di fronte allo spettatore il mistero e i segni del suo passaggio. Fuggitivo, egli non si definisce, non si racconta in prima persona annoiato della definizione di sé stesso, ma lascia che lo facciano gli altri (come del resto sta avvenendo in questo esatto momento). La bio dell’artista ce la fornisce direttamente l’opera What I Would Say If I Were Mario Garcia Torres (Chiara), in cui viene citato Christopher Wool nell’iconica intervista fittizia per il magazine Whitewall dove fece parlare al posto suo Richard Hell.

Mario Garcia Torres, “Gettare la spugna”, installation view, photo Petro Gilberti, courtesy Galleria Massimo Minini, Brescia

Il senso di mistero che ne scaturisce avvolge anche le due ultime stanze della mostra, dove si trovano altri due rubinetti disposti uno di fronte all’altro con avvolti attorno i tubi dell’acqua in bronzo. Si tratta di Stored Celebration e A Pause, sculture in cui si prosegue la scia di narrazione del legame con Boetti. Accanto a queste due opere, sono posti però cinque acrilici su tela che presentano le captions, a volte complete a volte incomplete, di alcuni lavori su carta mancanti del catalogo dell’artista californiano Ed Ruscha. Mario Garcia Torres lascia emergere qui un altro aspetto di riflessione sull’essenza dell’opera d’arte. Sfruttando il tema delle opere mancanti dalla catalogazione, l’artista ancora una volta costruisce una narrazione che permette la restituzione nella realtà di nuove opere strutturate sul possibile legame tra passato e presente, che si concretizza in queste tele di catalogazione di opere assenti, non ancora rintracciate o che non hanno lasciato traccia di transazioni economiche, quindi per il sistema inesistenti. In questo particolare caso, la riflessione verte anche sul mondo delle transazioni che regolano il mercato delle opere d’arte, quindi su un ulteriore aspetto di definizione che si dà al lavoro.

Mario Garcia Torres, “Gettare la spugna”, installation view, photo Petro Gilberti, courtesy Galleria Massimo Minini, Brescia

Questo continuo oscillare delle definizioni, scaturito dalle narrazioni di Mario Garcia Torres, lascia smarriti di fronte all’ultima installazione, Gettare la spugna, con la quale si chiude il cerchio di riflessione. Lo spettatore si confronta con trentasette spugne (anche qui in bronzo) disposte per terra in maniera casuale, che restituiscono in una sorta di fermo immagine il momento che segue l’atto di rinuncia in cui l’artista deve aver lanciato questi pezzi. Ovviamente, anche questa parabola si rivela fittizia, ma il gioco in cui Mario Garcia Torres ci trasporta vale la candela perché in quest’ultima narrazione – che parte dall’aforisma “gettare la spugna” – l’abbandono del ruolo dell’artista e la sospensione della recita si concretizza nel gesto e si riflette nello spettatore invitato al confronto.

Info:

Mario Garcia Torres. Gettare la spugna
24.02 – 08.05.2024
Galleria Massimo Minini
Via Luigi Apollonio, 68 Brescia
www.galleriaminini.it


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