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Polina Barskaya: una pittura macchiata da gocce di rugiada

Risale al 1330 l’opera Momenti d’ozio del monaco buddhista Yoshida Kenkō e se tutt’oggi si apre a caso il volume ci si imbatte in un paesaggio, un gesto, un oggetto, una parola, un aneddoto, un’espressione del viso in quanto elementi protesi a taciturne riflessioni. [1] Proprio alla pari di questa suggestione si presenta l’incontro con le opere di Polina Barskaya (1984, Cherkasy, Ucraina), che dal 2 febbraio al 2 marzo al 2024 sarà protagonista di una mostra personale presso la Kristin Hjellegjerde Gallery di West Palm Beach.

Polina Barskaya, Florence Bath, 2023, acrilico su tela, 61 x 76 cm, courtesy l’artista e Kristin Hjellegjerde Gallery West Palm Beach, Florida, USA

Il progetto espositivo propone pitture efficaci, in quanto caratterizzate da un acuto e aspro tono visivo, tipico di una narrazione cosparsa di sapidi, asciutti particolari ai cui sentimenti, quali noia e ozio, viene data una lenta ed articolata maturazione. Quanto raccontato dal monaco Kenkō, in cui il mondo è cantato e ammirato nella sua acre semplicità, viene fissato anche dall’artista Barskaya, la quale vive uno stato di mimesi tra l’attività pittorica e il proprio nucleo familiare. Tale rapporto d’incanto è ben documentato nel film POLINA BARSKAYA: in process di Alexander Kaluzhsky (2021)[2], in cui si racconta la ritualità quotidiana della pittrice, scandita da tempi intimi, in contesti di una provincia di campagna che le permettono di volgere l’attenzione alla normale fisiologia ritmica della vita. Quanto emerge dal documentario, caratterizzato da una lirica lenta, scabra e del tutto priva di vezzi visivi, capace di conservare il fascino del cinema muto, è ben riflesso anche nelle opere in mostra, accomunate dal fatto di essere scene narrative crude, prive di compiacenza alcuna verso gli altri e tanto meno verso di sé, senza alcuna differenza tra il fatto narrato e la sua introspezione.

Polina Barskaya, Summer, 2023, acrilico su tela, 20 x 23cm, courtesy l’artista e Kristin Hjellegjerde Gallery West Palm Beach, Florida, USA

Così, volgendo l’attenzione alle opere esposte, emerge il ruolo chiave del tempo, fondamentale a interiorizzare, con una pacata tranquillità, la propria condizione di vita, sì da porsi in contrapposizione a quello che oggigiorno scandisce il veloce e onnivoro consumo degli affetti. L’artista, in quanto scrutatrice della propria e altrui anima, in un tempo torpidamente disteso, predilige raffigurare attimi di naturale intimità in interni o contesti ariosi caratteristici per la capacità di evocazione istantanea. Nella maggior parte delle opere il volto di Barskaya è imperterrito, ci scruta con grandi occhi caratterizzati da una fissità impassibile e magnetica, ponendo a chiunque la guardi una chiara domanda sul valore del ritratto, considerato un genere pittorico capace di sfiorare il problema ontologico, ovvero l’individuazione di una identità e l’annuncio delle sue alterità. Ed è proprio quest’ultimo aspetto a donare alle opere un carattere fortemente metafisico per il loro realismo squisitamente freddo, in cui ogni respiro psicologico è volutamente limitato per marcare, inversamente, l’attenzione alle figure, alle loro sensazioni e affetti reciproci.

Polina Barskaya, Reading, 2023, acrilico su tela, 61 x 76 cm, courtesy l’artista e Kristin Hjellegjerde Gallery West Palm Beach, Florida, USA

Questo elemento viene rafforzato dalla pratica pittorica che vede Barskaya lavorare al proprio modello non sul semplice fatto, bensì usando fotografie che sebbene non entrino a far parte del processo creativo vero e proprio, sono piuttosto usate come un dato schietto, alla pari di testimoni privi di valore estetico. E se a parer di alcuni «la fotografia ha precisato in modo nettissimo quale fosse la pittura traduttiva dei sentimenti e quale la pittura descrittiva»[3], è certo che per l’artista la pittura segue il filo della descrizione, o meglio ancora quello del racconto e mai quella dell’esposizione emotiva. Tanto rende possibile considerare le opere come frammenti di una narrazione spezzata, attimi di pausa, in cui nessuno dei personaggi fa qualcosa di specifico se non riposarsi o vivere uno stato di meditazione avvolgente e rigenerante. Così tutta la produzione di Barskaya assume una cadenza costante, vivendo secondo un ordine e un ritmo di un film pittorico in cui si susseguono scene ideate da un fare lucido ed eminentemente pragmatico.

Polina Barskaya, At Madonella Agricola, 2023, acrilico su tela, 61 x 76 cm, courtesy l’artista e Kristin Hjellegjerde Gallery West Palm Beach, Florida, USA

L’occulta metafisica della narrazione che segue la pittrice è possibile con l’attenzione volta a due condizioni: la figura e il luogo, che prendono vita con l’inedita gestione delle macchie di luce, ed è proprio quest’ultimo elemento a definire gli sfondi e a far vivere le ombre di un sottile velo cangiante. Così nelle scene che si susseguono, talora i protagonisti sono investiti da una chiarore amaranto, fluttuante e metallico, altre volte i toni acquosi o diversamente vitrei che svelano una luminosità emanata non tanto dall’ambiente ma direttamente dai personaggi e dagli oggetti. Eppure, in tutti i casi è la luce la vera protagonista che mette in risalto la modellazione del corpo e gli splendidi particolari, disponendosi smorzata sui piani arretrati sì da creare sacche d’ombra. A questo punto è inevitabile domandarsi se per l’artista questo elemento abbia un valore strutturale, alla pari di una membrana che si lascia attraversare da molteplici scambi, divenendo responsabile del funzionamento dell’intero dipinto. Così ogni qual volta si guarda un’opera si avverte una sorta di manchevolezza, pari a una lacuna d’aria macchiata di rugiada che si svolge nel mistero dell’introspezione dei silenziosi personaggi.

Polina Barskaya, Morocco, 2023, acrilico su tela, 61 x 76 cm, courtesy l’artista e Kristin Hjellegjerde Gallery West Palm Beach, Florida, USA

Anche laddove si colgono diversi soggetti ritratti, si presentano a fattor comune, muti nelle proprie condizioni, poiché Barskaya non ha alcuna intenzione di mettere in scena una conversation piece, poiché l’artista unisce il senso profondo della presenza fisica con un’urgenza altrettanto parossistica qual è quella di esprimere la condizione interiore e il legame segreto e inconsapevole che intercorre con i propri affetti. Si percepisce così un sottile senso d’ironia, a prescindere che ritragga sé stessa, gli amati figlia e marito, volta a focalizzare l’attenzione prima di tutto sull’identità e per questo motivo le superfici dei visi sono esasperati nella loro rugosa naturalezza e carichi di accenti coloristici, quasi a voler usare la pittura come strumento utile a riproporre l’eterno dilemma tra il corpo e la materia. Tuttavia, nonostante il forte realismo scenico, qualcosa rimane oscuro nei dipinti, spesso i personaggi attendono qualcosa che sta per accadere e lo sforzo di Barskaya è chiaro: quello di farci diventare testimoni responsabili e mai spettatori di una rappresentazione.

Polina Barskaya, Morning Sun, 2023, acrilico su pannello in legno, 61 x 76 cm, courtesy l’artista e Kristin Hjellegjerde Gallery West Palm Beach, Florida, USA

In questo modo le pennellate così attentamente calibrate, a tratti pregne di una cristallina e smaltata luce, trasfigurano le proprie icone di vita tali da permettere di sopravvivere nel caos del mondo, che l’artista ha consapevolmente deciso di guardare da lontano. E nulla più di questa consapevolezza, ci invita a ipotizzare quanto Barskaya fugga dalla concezione dell’abissale banalità del ritratto come definizione psicologica, per allontanarsi da un nugolo d’interpretazioni cui ci si potrebbe erroneamente affidare. Le opere sono piuttosto depositarie di sensazioni, per questa ragione assurgono a testimonianze di affetti ed equilibri emotivi, così anche se i soggetti non si parlano presuppongono una storia tanto più profonda quanto più materiale. Si tratta, in altri termini, di una pittura trionfo della prosa, storia della propria vita vissuta come un romanzo per immagini, in cui ogni scena si svela per via di una luce fresca, macchiata da gocce di chiara e fresca rugiada.

Maria Vittoria Pinotti

[1] Roberto Calasso, Momenti d’ozio di Kenkō, in Cento lettere a uno sconosciuto, Piccola Biblioteca Adelphi, Milano, 2003, pp. 78-79

[2] Il film POLINA BARSKAYA: in process di Alexander Kaluzhsky (2021) è visibile a questo link:  https://www.youtube.com/watch?v=R7DKcNmbiGA

[3] Henri Matisse, Pensieri riferiti da Tériade, in Scritti e pensieri sull’arte, Giulio Einaudi Editore, Torino,1988, p. 74

Info:

Polina Barskaya
2/2/2024 – 2/3/2024
Kristin Hjellegjerde Gallery
2414 Florida Avenue, West Palm Beach, Florida 33401 USA
+1 (561) 922-8688 | info@kristinhjellegjerde.com
Orari di apertura: dal martedì al sabato dalle 11.00 – 18.00


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