Roman Stańczak. Volare divelti

Negli anni ’70 Gordon Matta-Clark, dopo aver conosciuto Robert Smithson che lo introduce alla Land Art, si trasferisce a New York per prendere parte ai fermenti artistici e culturali della città più viva del momento. Attratto dai materiali organici e dalle loro trasformazioni (in una delle sue prime performance arrostisce un maiale e lo serve al pubblico) l’artista fonda Food, un ristorante-luogo d’incontro per artisti e creativi. Nel 1973 che il suo irriducibile linguaggio prende forma: assieme a Laurie Anderson, Richard Nonas, Lucio Pozzi e altri artisti, Gordon fonda l’Anarchitecture, un movimento che ribalta l’idea tradizionale di architettura. Gordon individua edifici abbandonati o destinati alla demolizione e interviene nella struttura architettonica creando tagli, squarci e fenditure che ne rimodellano lo spazio e l’identità. In Splitting (1974) un’intera casa viene divisa a metà da un taglio verticale; in Conical Intersect (1975), in occasione della Biennale di Parigi, vengono forati due edifici prima del loro definitivo smantellamento per far posto al Centre Pompidou. Questi interventi strutturali, chiamati “building cuts”, mettono in discussione l’idea di spazio, di esterno e interno, di luce e ombra, ma sono anche atti politici di protesta contro lo sfruttamento edilizio americano degli anni Settanta. Gordon Matta-Clark muore nel 1978, a soli trentacinque anni, a causa di un tumore al pancreas e il suo approccio radicale viene consegnato alla storia dell’arte ancora incorrotto e potente, prima che il sistema e la critica riuscisse a metabolizzarlo.

Riparte idealmente da qui il lavoro di Roman Stańczak, che nel Padiglione Polonia della 58. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia presenta un’impressionante installazione ambientale, intitolata The Flight (Il Volo). Per l’occasione l’artista trasforma lo spazio espositivo in un hangar al centro del quale troneggia un vero aereo rovesciato in modo che l’interno, cioè gli elementi della cabina di pilotaggio, la cabina e i sedili dei passeggeri, siano visibili all’esterno, mentre le ali e il fasciame sono compressi e arrotolati all’interno della scultura.  Il visitatore si trova spiazzato di fronte alla paradossale monumentalità dell’oggetto ed è istigato a investigarne l’interno con lo sguardo con attitudine quasi voyeuristica. Lo straniamento cede il posto al desiderio ma all’iniziale e morbosa attrazione per il disastro a cui si è sopravvissuti subentra presto un’attenzione più analitica per gli intricati percorsi dei cavi lasciati allo scoperto, per i sedili ancora soffici ribaltati e rannicchiati in posizione fetale, per le suture imperfette che sorreggono l’insieme, per i graffi e i segni che si possono intravedere nelle ali arrotolate. Si percepisce quanto sia labile il confine tra sicurezza e pericolo, quanto sia aleatorio l’ordine costituito e si scopre anche con un certo disagio che le interiora di quella carcassa meccanica sventrata possono inquietantemente assomigliare ai condotti che garantiscono il funzionamento di un corpo biologico.

L’interesse dell’artista è profondamente umanista, per lui è importante che gli oggetti che distrugge per rimodellarli abbiano incontrato l’uomo e portino inscritta la memoria del suo corpo e dei suoi gesti. In The Flight questa suggestione diventa corale e universale: l’aereo ha trasportato centinaia di persone ad alta quota e nei suoi interstizi hanno trovato rifugio uccelli e vespe, i cui nidi sono stati incorporati nel lavoro come parte integrante della macchina. Attraverso materiali quotidiani usurati e brutalizzati Roman Stańczak parla dell’ancestrale anelito umano a oltrepassare il mondo materiale per accedere alla dimensione spirituale, racconta la sua attitudine ad abitare la materia e la sua incapacità di liberarsi definitivamente da essa. Parla del limite e della bellezza delle imperfezioni, che forse risultano molto più avvincenti dell’asettica politezza di forme funzionali ed efficienti, e dell’irriducibile imprevedibilità della vita.

Il suo metodo di lavoro assume connotazioni performative e quasi rituali: scolpire è per lui un incontro ravvicinato con un oggetto da affrontare in un violento corpo a corpo e quando l’oggetto ha le dimensioni dell’aereo di The Flight, la lotta diventa titanica. Roman Stańczak ha infatti tranciato la fusoliera nel senso della lunghezza in un unico taglio per rovesciarla come se fosse la pelle di un animale e suturarla nuovamente ricollocandone le interiora all’esterno. L’aereo è aperto come una preda e le strutture interne mostrano la loro elasticità: la vulnerabilità del nuovo assetto richiama all’artista quella di un pezzo di carne da arrostire, in singolare assonanza con la prima performance di Matta-Clark. Anche qui la diversa riformulazione dello spazio e della luce porta a un’esplorazione quasi sacrale dell’oggetto che perde la propria funzione precostituita per diventare pura forma significante. Un altro aspetto in comune tra i due artisti è la grande scala del lavoro che va oltre la misura del corpo umano e che per questo magnifica le potenzialità demiurgiche del suo gesto. Per Roman Stańczak creare è un modo di mettere alla prova sé stesso e le sue capacità dormienti espandendo le sue possibilità per ricongiungersi idealmente con gli antichi che riuscivano a spostare pietre enormi per costruire architetture al limite dell’incredibile. L’essenza della scultura è da ricercare nello sforzo del corpo che fortifica la mente e sublima il pensiero.

La distruzione, preludio di una nuova creatura, diventa quindi un simbolo di forza e risveglia l’utopia di unire una società divisa a partire dal riconoscimento delle sue debolezze e dell’ineluttabilità della trasformazione. La scultura è un invito ad abbandonare false sicurezze e rigide identità, ad assumere il rischio di dissolversi nel mondo per rinascere in nuove forme libere e inclusive e poi (forse) finalmente volare.

Info:

www.labiennale.org 

Roman Stańczak at work on the sculpture Flight, film still from Anna Zakrzewska’s and Łukasz Ronduda’s film Flight, 2019, Kijora Film

Roman Stańczak

Dove non altrimenti indicato: Pavilion of POLAND, Flight.
58th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, MayYou Live In Interesting Times
Photo by: Francesco Galli Courtesy: La Biennale di Venezia


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