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This is not a show [io non sono qui] ovvero come u...

This is not a show [io non sono qui] ovvero come una collettiva internazionale segna il passo sui tempi

Tutto ha inizio con un piccolo banner sui social che mi invita ad andare a visitare la collettiva internazionale This is not a show [io non sono qui] prodotta da No Title Gallery e curata da Francesco Liggieri che il 2 ottobre ha aperto i battenti presso gli spazi multidisciplinari di Venice Art Project a Venezia. Quello che invece so perfettamente di No Title Gallery è che sono rimasti fermi per circa 4 anni prima di rimettersi in moto proprio in periodo di pandemia, mentre tutti nel settore culturale stavano fermi. Conosco questa realtà da quando a Milano si presentarono con un’altra collettiva con un altro nome di impatto: About New Ideas. Quella mostra mi è rimasta in mente perchè era fuori da qualsiasi schema e mostrava opere di artisti affermati insieme ad artisti alla loro prima esposizione, connubio perfetto.

Decido di fare un salto a Venezia e visitare la collettiva. Venezia vale sempre un viaggio e anche se le restrizioni covid non rendono di certo il viaggio piacevole, io mi tengo impegnato cercando online qualche informazione sul progetto, trovo molte cose, tra cui il sito di No Title Gallery che racconta per filo e per segno cosa aspettarsi. La pagina dedicata sembra quasi fatta per chi non potrà visitare la mostra ma vorrebbe comunque vederla in una qualche maniera: ci sono le foto delle opere, le didascalie, il comunicato stampa, manca solo il catalogo ma vedo dal loro shop che lo si può acquistare online. Lo compro.

Arrivato a Venezia dopo una serie di calli sbagliate arrivo davanti allo spazio che ospita la collettiva, entro e la prima cosa che noto è l’immenso shock visivo tra lo spazio espositivo molto antico e le opere in mostra. Rimango qualche minuto a osservare, colpito piacevolmente da tutto quello che il mio cervello riesce a immagazzinare in un’unica grande sensazione: il viaggio sta valendo il biglietto.

La collettiva va visitata seguendo il foglio di sala che ci indica un percorso che il curatore ha creato per il pubblico. Troviamo anche un QRcode che ci porta a vedere le didascalie di ogni opera e ci dice qualcosa sugli artisti in mostra. La prima opera che guardo è il quadrittico di Antonio Campanella, dei ritratti fotografici datati 2008 che sanno di usura nei volti dei protagonisti. Subito dopo il video di Alaa Edris, in cui una figura adulta gioca in un fabbricato abbandonato nel deserto, rompendo cose e ricordando un’infanzia passata. Il dittico di Paula Sunday si rivolge invece all’identità, argomento da sempre importante. L’installazione di Wang Jingyun porta luce non solo metaforicamente ma anche nei fatti, raggi di luce che si fanno strada attraverso una montagna di foglie secche. Infine il trittico di Valentina Biasetti, uno sguardo alle profondità dell’animo umano, senza alcun pregiudizio.

Ho la pelle d’oca, mi viene in mente il comunicato stampa dove si evidenzia che è una mostra che parla proprio di questo, di ciò che mina l’essere umano, il suo paesaggio interno e ciò che lo circonda. Quel conflitto che alberga in tutti noi e che attraverso le opere in esposizione porta a un’escursione all’interno di frammenti di vita e di mondi dove possiamo incontrarci. Le opere vaglieranno con tematica, stile e tecnica le varie parti di questi conflitti all’interno dell’uomo per accompagnare lo spettatore in un viaggio dentro sé stesso.

Sembra di aver preso parte non a una visita in una mostra, ma di aver attraversato un luogo dopo un bombardamento. Osservo le opere e capisco, capisco che è tutto perfettamente incasellato nel tempo degli ultimi due anni dove ognuno di noi ha dovuto vedersela con sé stesso quando è andata bene, e vedersela con tutto il resto quando è andata male. Mi siedo dove posso osservare tutta la mostra senza essere disturbato. No Title Gallery ha realizzato un progetto che incontra e racconta il tempo in cui viviamo, ha costruito uno specchio attraverso le opere dove ogni visitatore si può specchiare e vivere il proprio io, o almeno provare a farlo. Una mostra unica. Una mostra che sono contento di aver visitato. Se non siete riusciti a visitare questo gioiellino, il sito di No Title Gallery vi aiuterà almeno in forma digitale a sentirne la forza e la contemporaneità.

Carlo Occhipinti

Info:

VAP Venice Art Projects
Fondamenta S. Gioacchin, 1830, 30122 Venezia VE

Wang Jing Yun, Sotterrare, installazione, 120x120x35 cm, 2021, courtesy by Wang Jing Yun, Credits by No Title GalleryWang Jing Yun, Sotterrare, installazione, 120 x 120 x 35 cm, 2021, courtesy by Wang Jing Yun, Credits by No Title Gallery

Paula Sunday, Sologamy, 2017, digital photography, 60 x 70 cm, courtesy by Paula Sunday, credits No Title Gallery

Alaa Edris, School, 2017, video 4′ 53″, courtesy by Alaa Edris, credits by No Title Galler


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