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Uno spazio per emergere: The YAH Factory

Uno spazio per emergere: The YAH Factory

Quella di Young Art Hunters è una realtà, nata da pochi anni, con l’obiettivo di ritagliare dentro Milano uno spazio che sia a tutti gli effetti dell’arte e per l’arte. Ce lo raccontano i giovanissimi fondatori Barbara Basile (curatrice delle mostre e coordinatrice degli artisti) ed Elia Panori (art director), assieme al collaboratore Enrico Pescarolo (referente per la parte internazionale).

Da sinistra: Enrico Pescarolo, Lorenza Pagliari, Barbara Ludovina Basile, Elia Panori. Foto di Niccolò Misrachi, courtesy The YAH Factory, Milano

Anna Setola: Quella cui avete dato vita è una realtà davvero giovanissima. Quando Nasce Young Art Hunters e con quali intenzioni?
Barbara Basile: Il progetto è nato da me ed Elia Panori nel 2019, quando ci siamo resi conto che di realtà legate all’arte emergente a Milano ce ne sono veramente poche. Abbiamo iniziato come semplice organizzazione artistica, non avevamo uno spazio, viaggiavamo un po’ nomadi cercando realtà che fossero interessate a ospitare una mostra. A lungo andare però questo continuo vagare è diventato un po’ complicato, dovevamo sempre dipendere da qualcun’ altro. È nata così la necessità di trovare uno spazio fisico e nel 2022 abbiamo aperto la galleria.

Proprio sul nascere di Young Art Hunters avete dovuto affrontare il periodo complesso dello stato di emergenza dovuto al Covid 19. Mi chiedo cosa abbiate fatto per continuare il vostro lavoro in una situazione di disagio come quella…
Elia Panori: Non è stato facile, avevamo iniziato da poco meno di un anno e tutte le proposte, tutte le potenzialità ci sembrava fossero andate perdute. Ci siamo chiesti se andare avanti oppure mollare ma abbiamo deciso di reinventarci. Non potendo fare più mostre fisiche io ho imparato a lavorare in 3D per creare delle virtual rooms. Hanno avuto successo e sono state fondamentali in quel periodo per continuare a far viaggiare l’arte e a condividerla.

Mauro Valsecchi, “I sognanti vivono con gli occhi chiusi”, 2021, pigmento su carta, 37 x 37 cm. Foto di Elia Panori, courtesy of the artist

Il nome che avete dato al vostro spazio è The YAH Factory. Che importanza ha questo concetto di “fabbrica” per voi e come interpretarlo?
Elia Panori: Abbiamo chiamato lo spazio The YAH Factory ispirandoci un po’ ad Andy Warhol. Notavamo quanto a Milano il contesto della galleria sia sempre troppo privato ed elitario. Noi volevamo renderlo più inclusivo e quindi, diciamo, giocare di trasformismo proprio sul concetto di galleria. La nostra intenzione non è quella di occupare uno spazio semplicemente per esporre opere d’arte, piuttosto creare un luogo d’incontro, di scambio, dove poter venire a conversare e a creare. Una volta al mese facciamo quello che abbiamo chiamato l’“open factory”, e cioè apriamo la galleria a tutti gli appassionati, agli artisti, ai collezionisti per costruire un momento di dialogo. Viene scelto un tema di riferimento e in molti, pittori, ma anche poeti, vengono qua proprio per creare insieme. È una situazione che appunto fabbrica idee perché genera contatti, amicizie, progetti: una condivisione senza paletti dell’arte, del contemporaneo, soprattutto.
Barbara Basile: Volevamo ricreare quell’atmosfera degli atelier e dei caffè di inizio Novecento, dove si sono formate le avanguardie, farlo però in maniera contemporanea. Avendo a che fare con tanti ragazzi giovani ci rendiamo conto che molti magari non hanno nemmeno lo spazio per creare e quindi mettiamo a disposizione questo luogo per poterlo fare. Credo sia fondamentale costruire un network dove le persone possano conoscersi e collaborare.

“Sio 2”, exhibition view, 2024, galleria The YAH Factory, Milano. Foto di Elia Panori, courtesy of the artists

Che significato ha per voi dare spazio agli artisti emergenti?
Elia Panori: Gli artisti emergenti hanno tantissimo da dire e, soprattutto, non hanno freni. Ci interessa il fatto che non abbiano così tanta esperienza perché è proprio attraverso le mostre, attraverso il feedback della gente, che si costruisce la propria carriera. Gli artisti emergenti tramite i loro difetti, i loro sbagli, danno vita a un tipo d’ espressione che artisti già più quotati, con un proprio stile consolidato, non hanno.
Barbara Basile: Abbiamo la possibilità di poterli seguire fin dagli esordi, vediamo artisti iniziare con una tecnica ed arrivare a un’altra. È un’occasione importante poter conoscere il loro processo creativo. L’arte in primis è condivisione, si può apprendere tantissimo dagli altri.

All’interno della vostra galleria cercate di costruire un panorama eterogeneo e composito, proponendo artisti dalle pratiche e dalle poetiche più diverse. Con quali intenzioni formulate la vostra selezione di opere ed artisti?
Elia Panori: Ci piace spaziare e creare eterogeneità. All’inizio è stato un po’ difficile perché nonostante la qualità spesso non veniva capita la presenza in mostra di tante tecniche diverse. Poi però, piano piano, ha funzionato e l’inclusività è diventata la caratteristica della galleria. Chiaramente nella selezione c’è una parte di gusto personale, che deriva dal nostro bagaglio culturale e dal nostro percorso artistico.
Barbara Basile: C’è molta ricerca per ogni mostra che facciamo, mesi di ricerca. La galleria ovviamente ha una sua identità e quindi dobbiamo trovare anche quegli artisti che possano rappresentarla al meglio.

Acrylic Needs, “Accettati”, 2021, legno, borchie e plexyglas, 65 x 30 cm. Foto di Elia Panori, courtesy of the artist

Milano è sicuramente un luogo nevralgico per la cultura e l’arte in Italia, ma può essere anche facile inciampare nella sua abbondanza. Come galleria e come associazione che rapporto avete con questa città?
Elia Panori: Milano è una città che amo e odio; la amo perché mi ha dato delle potenzialità, mi ha dato degli input per cui la ringrazio. Però poi paragonandola ad altri paesi mi rendo conto che siamo indietro su altre cose. È una città la cui carica deve essere canalizzata su progetti culturali, ci sono tante associazioni, tante fondazioni, ma ne servono ancora di più.
Barbara Basile: A Milano per una realtà come la nostra è molto difficile emergere. Abbiamo aperto l’associazione sperando di avere delle sovvenzioni da parte del comune, dei patrocini, degli aiuti, e invece ci siamo trovati sempre da soli in questo. Noi continuiamo perché c’è il desiderio di fare qualcosa, di cambiare veramente le regole del gioco, però è difficile comunque.

“Blooming Blood”, exhibition view, 2023, galleria The YAH Factory, Milano. Foto di Elia Panori, courtesy of the artist

Quali sono i vostri prossimi progetti in programma?
Enrico Pescarolo: Il nostro sogno è quello di aprire una sede all’estero. Ad oggi facciamo diversi scambi con gallerie estere per far conoscere ai nostri artisti nuove realtà, ma anche per far conoscere la nostra. Vorremmo andare a Brafa Art Fair a Bruxelles, a febbraio 2025. Diciamo che non vogliamo essere una realtà solo italiana, ma cerchiamo di far entrare nella nostra galleria artisti che vengono da background diversi e da paesi diversi, infatti abbiamo ospitato artisti dagli Stati Uniti, dall’India, dal Giappone. Inoltre, presto lanceremo un nostro portale, quindi avremo anche una sezione interamente online dove gli artisti possono essere esposti a un pubblico molto ampio. È in fase di sviluppo, sarà un portale con relativa app dove gli artisti si potranno iscrivere e potranno iscriversi anche i collezionisti per creare delle loro collezioni virtuali e acquistare le opere. Per quanto riguarda le fiere in Italia, abbiamo partecipato al Mia Photo Fair e vorremmo provare ad andare a The Others Art Fair a Torino, a novembre.

Anna Setola

Info:

The YAH Factory, Milano
La nuova galleria per artisti emergenti
youngarthunters.com


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