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Aldo Mondino regna a Palazzo Boncompagni

Aldo Mondino regna a Palazzo Boncompagni

Immaginare uno spazio affascinante come quello di Palazzo Boncompagni, se non lo si è mai visitato, non è per niente facile poiché è una delle più sorprendenti architetture rinascimentali di Bologna, realizzata per ospitare un papa. Similmente, si può affermare che la mostra corrente di Aldo Mondino, “Impertinenze a Palazzo”, sita nella sede del medesimo Palazzo, curata da Silvia Evangelisti e promossa da Paola Pizzighini Benelli, sia una delle più stupefacenti di questa stagione bolognese. Inaugurata in concomitanza di Arte Fiera 2023, l’esposizione presenta un’importante raccolta di opere eterogenee che testimoniano l’intensa carriera dell’artista, realizzata grazie alla collaborazione dell’Archivio Aldo Mondino, fondato a Milano dal figlio Antonio Mondino assieme a Emilbanca.

Aldo Mondino, Impertinenze a Palazzo, veduta della mostra, Palazzo Boncompagni, seconda metà del XVI secolo, Sala delle udienze papali al piano terra, 2023. Ph. Marcela Ferreira, courtesy Palazzo Boncompagni e Archivio Aldo Mondino

Il titolo della mostra fa riferimento all’impertinenza dell’artista e alla sua singolarità eccentrica, alla sua figura outstanding di dandy, alle sue invenzioni paradossali e ludiche, che questa preziosa esposizione riporta ed evoca anche attraverso alcune foto iconiche, come quella dell’artista a cavallo di un cammello in via Brera sotto il cartello di “zona a traffico controllato”. Aldo Mondino (Torino, 1938 – 2005) è stato uno dei maestri internazionali del Novecento, tra i più eclettici e irriverenti, un instancabile innovatore ma anche un profondo conoscitore dell’arte, attivo dagli anni della Pop Art e dell’Arte Povera ma non riconducibile a una tendenza specifica.

Aldo Mondino, Mekka Mokka, 1988. 100 kg di caffè in grani e disegno su carta da spolvero, 220 x 140 cm. Sala delle udienze papali. Ph. Marcella Ferreira, courtesy Palazzo Boncompagni e Archivio Aldo Mondino

Aldo Mondino, Gerusalemme, 1988, bronzo, 164 x 110 cm. Aldo Mondino, Serra, 2004, olio su linoleum, vetro e ferro, 198 x 130 cm. Ph. Marcella Ferreira, courtesy Palazzo Boncompagni e Archivio Aldo Mondino

La mostra, come suggerisce Antonio Mondino, rappresenta «un’operazione di rilettura che allestisce un percorso inedito» e propriamente funziona per il contrasto e il dialogo straordinario tra le opere e il luogo. A cominciare dalla prima magnifica sala delle udienze di Papa Gregorio XIII – proprio nell’anno di celebrazione dei 450 anni della nomina pontificia – si è accolti da “Mekka Mokka”, 1988, un grande tappeto dal disegno geometrico, realizzato con 120 kg di chicchi di caffè di tre colori differenti, che allude al tappeto da preghiera islamico. Sotto l’imponente camino di Pellegrino Tibaldi svetta irriverente e maliziosa la scultura in vetro e bronzo “Trofeo”, 1996, due gambe divaricate a V con calze auto reggenti e tacchi a spillo. Dal soffitto affrescato scende un altro lavoro iconico e leggerissimo, “Jugen Stilo”, 1993, un lampadario composto di penne biro Bic che simulano i cristalli, e ferro battuto. Un’opera già esposta alla Biennale di Venezia curata da Achille Bonito Oliva, nel 1993.

Aldo Mondino, Jugen Stilo, 1993. Fil di ferro e penne biro Bic, d. 140 cm. Collezione privata: Bologna. Ph. Marcela Ferreira, courtesy Palazzo Boncompagni

Silvia Evangelisti spiega, nel saggio contenuto nel catalogo della mostra: «Nel suo multiforme lavoro artistico Mondino ha inteso “agire” direttamente sulla normalità della vita. All’interno di questo operare Mondino mette in campo il sottile strumento dell’ironia. Ironia che si esprime in particolare nei titoli delle opere ma non solo. Creando meraviglia, accentuata dalla scelta dei materiali e dalla magica manipolazione che ne fa». Infatti, per quanto concerne l’uso originale dei materiali, accanto al tappeto “Mekka Mokka”, il quale “agisce” anche attraverso il suo aroma di caffè, si trova “Scultura un corno”, 1980, realizzata con del cioccolato raffigurante quattro elefanti posti uno sopra l’altro. In un’altra saletta del Palazzo si trova anche l’opera “The Byzantine World, 1993, cioccolatini su tavola dai colori brillanti come quelli dei mosaici, che raffigurano un’architettura sacra bizantina, o ancora “Eldorado”, 2000, fatto di cioccolatini Peyrano, riproduce la bellezza dello skyline di New York.

Aldo Mondino, The Byzantine World, 1999. Cioccolatini su tavola, 190 x 240 cm. Ph. Marcella Ferreira, courtesy Palazzo Boncompagni e Archivio Aldo Mondino

Il mosaico che l’artista ha declinato con i cioccolatini o con le zollette di zucchero fa parte del vissuto di Mondino: nel 1959 si trasferì a Parigi a studiare arte e pittura presso l’Ecole du Louvre, parallelamente seguiva tuttavia un corso di mosaico all’Accademia di Belle Arti di Parigi con Gino Severini. Nella sua divertente “Aldobiografia” l’artista racconta che per la sua formazione sono stati determinanti «l’amicizia con Tancredi e gli incontri con Jouffroy, Errò, Lebel, nonché con i già affermati maestri Matta e Lam». Dopo il primo periodo a Parigi, dove espone in varie gallerie, torna in Italia nel 1961 ed è qui importante l’incontro con Gian Enzo Sperone che espose la sua serie delle “Tavole anatomiche”.  Dal 1972 ritorna a Parigi fino al 1980. La sua capacità di giocare con l’arte, dissacrando e decontestualizzando con l’ambiguità del linguaggio, è evidente anche nell’autoritratto “Mon Dine”, dove si raffigura in vestaglia rossa alla maniera di Jim Dine, o anche nella scultura in bronzo “La mamma di Boccioni”, 1992, (peraltro una delle cover di Juliet) dove la figura femminile presenta due grandi palle da bowling al posto dei seni. La magia del suo mondo discende anche dai suoi numerosi viaggi verso oriente e verso altre culture tra cui la vita delle diverse tradizioni religiose: quella ebraica dei rabbini che è presente in mostra con l’opera “Gerusalemme”, 1988, un tronco in bronzo con appesi sui rami i tipici cappelli degli ebrei ortodossi, quella islamica con i suoi celebri tappeti, come l’opera in mostra “Tappeti stesi”, 1993. In Spagna è invece incantato dai movimenti eleganti dei toreri nelle corride, mentre in Turchia e in Cappadocia scopre le danze di preghiera dei dervisci e gli abiti tipici dei mercanti.

Aldo Mondino, Viole d’amore, Palazzo Boncompagni seconda metà del XVI secolo, la loggia. Ph. Marcela Ferreira, courtesy Palazzo Boncompagni e Archivio Aldo Mondino

In tempi così difficili come i nostri, chissà cosa produrrebbe ancora Mondino con la sua ironia e la sua fantasia! Un “inguaribile ribelle” sì, ma aggiungerei, avendolo conosciuto e incontrato alcune volte a Milano, un personaggio unico, divertente e indimenticabile, uno dei maestri dal grande cuore vibrante e “romantico”.

Manuela Teatini

Info:

Aldo Mondino, Impertinenze a Palazzo
a cura di Silvia Evangelisti
30/01/2023 – 16/04/2023
Palazzo Boncompagni
via del Monte 8, Bologna
palazzoboncompagni.it


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