READING

Behrang Karimi, la pittura di un umano troppo uman...

Behrang Karimi, la pittura di un umano troppo umano

Le menti creative vivono atipicamente il rapporto con il mondo, probabilmente perché tali ingegni hanno qualcosa di troppo umano per sentirsi attratti a ciò che l’individuo normalmente ignora. Tant’è che lo scrittore Henry Miller, consapevole di questa sottile capacità percettiva, affermava di possedere: «Un occhio microscopico per il difetto […] che per me costituiva l’unica bellezza dell’oggetto. Se era perverso era anche salubre, considerando proprio come io non ero destinato ad appartenere a questo mondo che mi sorgeva attorno».[1] Tale posizione di privilegio pare appartenga anche dall’artista Behrang Karimi (1980, Shiraz, Iran), le cui opere sono in mostra, fino al 15 novembre 2022, presso la galleria romana ERMES ERMES nella mostra intitolata Bacchus Madness Walking Experience.

Installation view, Behrang Karimi, “Bacchus Madness Walking Experience”, ERMES ERMES, ph. credit Luana Rigolli, courtesy l’artista ed ERMES ERMES, Roma

È indubbio che l’attenzione verso ciò che è esteticamente anticonformista sia il motivo che ha indotto lo spazio – fondato e diretto da Ilaria Leoni dal 2015 – a proporre una mostra dedicata a tale artista, così da porsi nel panorama delle gallerie della città come un’interessante digressione. È un’occasione propizia sia per offrire una calendarizzazione costante sia per scelte espositive sempre intelligenti, discostandosi dalle numerose proposte ripetitive e talvolta discutibili che recentemente la Capitale propone. Inoltre, non è da sottovalutare il caratteristico ambiente dello spazio, che risulta peculiare per le piastrelle impiegate come rivestimento del pavimento in quanto testimonianza del luogo che in passato era adibito a bottega di decorazione d’interni, come cita la caratteristica insegna del negozio e volutamente lasciata intatta. La mostra dedicata a Behrang Karimi si presenta stilisticamente chiara: le opere sono selezionate con equilibrio ed esposte nell’ambiente seguendo i principali punti di osservazione sulle pareti. In tale spazio neutro le pitture di Karimi presentano un timbro di ricerca impregnata di primitivismo con sentori caratterizzati da decisi tratti di inquietudine, tali da assumere caratteristiche di un’arte intimista, che si distingue per essere “umana, troppo umana”.

Installation view, Behrang Karimi, “Bacchus Madness Walking Experience”, ERMES ERMES, ph. credit Luana Rigolli, courtesy l’artista ed ERMES ERMES, Roma

Il tema cardine della mostra è il dio Bacco, che viene acutamente reinterpretato dall’artista secondo un’insolita chiave contemporanea, così da farlo emergere come un individuo segnato da una ratio incerta. Ciò è la risultante di una particolare posizione di Karimi, che lo spinge ad allontanarsi dalla raffigurazione “superomista” per preferire, piuttosto, una rappresentazione di un umano scalfito da timori e imperfezioni formali; risulta splendida e suggestiva la raffigurazione ritrattistica in cui l’artista lo immagina immerso in un’assenza esistenziale, con gli occhi sbarrati che rivelano un leggero senso d’abbandono, e distinto fisicamente da un sottile grado di imperfezione. Così, anche Karimi, come il già citato Miller, sembra volgere l’attenzione verso ciò che è esteticamente disarmante per la sua limpidezza emotiva. Da tale posizione la pittura non emerge come uno strumento utile a imitare ed emulare, ma piuttosto adatta a interpretare e superare il dato reale, per poi progredire verso una figurazione pregna di primigenio formale. Queste sono caratteristiche che paradossalmente ci portano a valutare la ricerca di Karimi per il suo carattere anti-archeologico, giacché lo studio dell’antico è un onesto pretesto per superare l’arcaico, che viene manipolato liberamente. Da siffatto atteggiamento le opere esposte risultano quelle di un pittore reazionario, secondo cui la forma non segue mai la funzione, bensì si lascia indirizzare dalla visione di un laborioso “tarlo del tempo” che logora l’atmosfera dei suoi dipinti. Ciò avviene in particolare nel dipinto raffigurante una testa di scultura antica avvolta da una luce impalpabile, scialba e indefinita, dimodoché invece di trasmettere la pesantezza, la materia esprima una lievità che ben si raccorda all’atmosfera di una luce fiacca e approssimativa.

Installation view, Behrang Karimi, “Bacchus Madness Walking Experience”, ERMES ERMES, ph. credit Luana Rigolli, courtesy l’artista ed ERMES ERMES, Roma

Non passa affatto inosservato il testo di accompagnamento della mostra, scritto dallo stesso Karimi, che sembra squarciare l’anima dello spettatore, fino a catapultarlo in un serafico ardore giocato sul personaggio di Bacco. Da citare pure la pubblicazione, stampata in edizioni limitate, che si presenta intenzionalmente e confusamente assemblata dall’artista e illustrata con soggetti degni di un onirico bestiario labirintico medievale. Inoltre, l’interesse verso la frammentazione motiva anche la componente figurativa che ritorna in modo prominente nelle limitate, ma godibili, opere in mostra, ove numerosi sono i frammenti di corpi. In particolare, l’attenzione rivolta alle mani, di cui non è facile individuare a chi appartengano, viene trattata come un elemento di travaso tra noi e “un corpo”, in quanto elemento mitico e portatore di cicatrici spirituali, generato da una macchina pittorica posta tra il pensiero e le pulsioni vitali. Inoltre, poiché Karimi intende rivelare le emozioni recondite del suo Bacco errabondo, tende caparbiamente a suggerire anche il cammino del suo personaggio nel tempo: ed ecco che si apre un interludio transitorio con l’opera 14 Century, dipinta su un frammento di un manoscritto del XIV secolo, che narra come il Ducato francese di Berry commissionasse i dipinti sulle fiabe.

Behrang Karimi, “Bacchus Madness”, 2022, olio su lino, 72×85 cm, ph. credit Luana Rigolli, courtesy l’artista ed ERMES ERMES, Roma

Infine, un altro elemento di particolare interesse che cifra le opere in mostra è l’asciuttezza lessicale dei titoli didascalici, tutti ordinari, semplici e schietti; vergati, al contempo, come indizi di un processo logico che induce Karimi a eseguire delle epurazioni lessicali e pittoriche per far sì che le realizzazioni appaiono dapprima dei concetti d’arte e, poi, dei veri e propri quadri. Con ciò il metodo pittorico di Karimi si rivela di tipo abduttivo, quindi investigativo e filologico, che diffida dalle referenzialità e dalle evidenze, così da considerare, di contro, le pitture come degli «Stralci di poesie visive, essenze di frammenti in cui ci poniamo lì di fronte ad ascoltare il respiro che ogni opera implora»[2].

Behrang Karimi, “Metà Testa”, 2022, olio su lino, 33×33 cm, ph. credit Luana Rigolli, courtesy l’artista ed ERMES ERMES, Roma

In conclusione, in Karimi non è rintracciabile un appello alla compostezza ideale e divina del dio Bacco, poiché egli accoglie a piene mani «il dono del dio, perché ha cessato di pensare a Dio».[3]  Così, da par suo privilegiando in verità, la nodosità dei segni pittorici e la personale curiosità empatica, rivela un sensibile lavoro pittorico ricco di eleganza formale, movenze intime, privati abbandoni, dettagli di un corpo divino che alla fine si rivela “umano troppo umano”.

Maria Vittoria Pinotti

Info:

Behrang Karimi, Bacchus Madness Walking Experience
30/09 – 15/11/2022
Galleria ERMES ERMES
Via Dei Banchi Vecchi 16, 00186 Roma

[1] Henry Miller, Tropico del Capricorno, Universale Economica Feltrinelli, 2021, p. 49

[2] Mariangela Gualtieri, L’incanto fonico, L’arte di dire la poesia, Giulio Einaudi Editore, 2022, p. 15

[3] Henry Miller, Op. cit., p. 279


RELATED POST

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

By using this form you agree with the storage and handling of your data by this website.