Bertozzi & Casoni. Tranche de vie

Per chi ama l’opera di Giampaolo Bertozzi (Borgo Tossignano, 1957) e Stefano Dal Monte Casoni (Lugo di Romagna, 1961-2023), Tranche de vie, mostra diffusa attualmente in corso a Imola nelle tre sedi dei musei pubblici di San Domenico, Palazzo Tozzoni, Rocca Sforzesca, curata da Diego Galizzi, è tappa imprescindibile.

Bertozzi & Casoni, Go-Go, 1989, maiolica dipinta, courtesy Imola Musei

A piano terra del quadriportico del Museo San Domenico si sviluppa In nuce.1980-1997, ovvero il racconto di quella che può essere definita l’origine della storia del duo romagnolo di ceramisti, conosciutisi all’Istituto Statale d’Arte della Ceramica di Faenza per poi proseguire il loro percorso di formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e fondare negli anni Ottanta, proprio a Imola, la società Bertozzi & Casoni. Nell’ampio corridoio attorno al chiostro, il visitatore ha l’occasione di ammirare una sessantina di pezzi in ceramica, raggruppati per la prima volta: colorati teatrini in maiolica, ballerine surrealiste, palme, particolari fitomorfi suggestionati dal Giardino delle delizie di Bosch, oggetti che sembrano usciti da libri illustrati per bambini (Zoccolo Orange, Scattino Orange, macchine fantastiche come Dormigliona, buffa seduta allungata su ruote) o dai racconti di Luzzati (Reuccio, Korona). Spesso risentono del mondo del design (vasi, vassoi, servizi da tè): risale infatti al 1984 la collaborazione con il Centro Internazionale di Studi e Sperimentazione sulla Ceramica in sinergia con la Cooperativa Ceramica di Imola; un’avventura che permise loro di intessere relazioni e collaborazioni con designer e artisti quali Gio Ponti, Ugo La Pietra, Alessandro Mendini, Jan Knap, Arman. Opere curiose, fiabesche, ridondanti, alla ricerca o preparatorie di uno stile che sarebbe poi approdato a quella loro inconfondibile e connotante “maniera”.

Bertozzi & Casoni, Dormigliona, 1991, semirefrattario smaltato e dipinto, ferro, 95 x 240 x 75 cm, courtesy Imola Musei

Scultura ponte, traghettatrice dal periodo qui ampiamente documentato (ovvero “Bertozzi e Casoni prima di Bertozzi & Casoni,”) alla loro fase più nota (sintetizzata come “contemplazione del presente”, “epopea del trash” riflessione sul tema della vanitas) è l’imponente Madonna di Scegli il Paradiso (1997), inserita nelle collezioni permanenti del museo, ritratta mentre taglia con un tosaerba un prato fiorito che le invade il mantello, in una circolarità simbolica che rievoca immediatamente quella di vita e morte. Una perfetta sintesi della poetica sottesa al discorso portato avanti dagli artisti esplicato nelle opere esposte a piano terra e donate, insieme al lavoro sopracitato, alle collezioni pubbliche cittadine: Nulla è come appare (2018) installazione a parete dai plurimi significati simbolici composta da tre specchi (piano, concavo e convesso) dai quali fuoriesce una testa scheletrita di Pinocchio sormontata da pappagalli colorati che cercano di specchiarsi (il rimando a De Dominicis, Kounellis e Pistoletto è evidente) e una serie di still life evocanti il memento mori (vassoi con uova rotte, cestini di immondizia e lumache).

Bertozzi & Casoni, Scegli il paradiso, 1997, ceramica policroma, h. 196 cm, foto Bernardo Ricci, courtesy Imola Musei

Nelle storiche dimore del sontuoso Palazzo Tozzoni, donato nel 1973 al Comune insieme agli arredi dall’ultima discendente della famiglia, prende vita Tranche de vie, ovvero quello che può considerarsi il cuore di una variegata e misteriosa mise en abyme giocata sullo spiazzamento e sulla riattualizzazione della vita dei conti stessi, definita come “grande installazione corale, un vero e proprio laboratorio del dubbio”. Una immersione nel mondo degli artisti ceramisti di fama internazionale che hanno fatto di questo medium, perlopiù usato in ambito artigianale, mezzo privilegiato per le loro creazioni artistiche iperrealistiche dense di riferimenti culturali alti (da Warhol a De Dominicis, da Arcimboldo a Morandi, da Fontana a Kounellis) e pop, desunti dalla vita comune, in bilico tra tradizione e innovazione.

Bertozzi & Casoni, Preghiera, 2022, ceramica policroma, foto Nazario Spadoni, courtesy Imola Musei

A inizio percorso, troviamo arrampicato sulla parete il celebre macaco che ruba la tela de La Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer, mentre nella camera da letto tra i mobili d’arredo in stile impero lasciati intatti, accoglie il visitatore una disorientante e poco leggiadra scimmia a grandezza naturale, abbigliata come Mademoiselle Caroline Rivière nel ritratto ottocentesco eseguito da Jean-Auguste-Dominique Ingres, di cui probabilmente è ironico omaggio. Non mancano le iconiche nature morte disseminate qua e là sugli oggetti d’arredo settecenteschi: fiori su cui si appoggiano coleotteri, camaleonti e coccinelle che la rendono “viva”, fiorellini dentro alla latta vintage del caffè Paulista, fiori che fanno capolino da un guantone da boxe in una dicotomica Preghiera (2022), raccolti dentro a vasi raffinati, bouquet che omaggiano Morandi, o che sbocciano meravigliosi e puri nonostante siano piantati in zolle disseminate di rifiuti e banconote stropicciate. E poi scarti, cumuli di oggetti disordinati, su cui giacciono sparsi mozziconi di sigarette e pillole, tazzine sporche, avanzi di pollo dentro a una zuppiera, a ricordarci vanitas pop, qualcosa che “è stato”, perché in fondo, come affermano più volte gli artisti, persino le discariche hanno in sé, odore a parte, un innegabile fascino.

Bertozzi & Casoni, Non ricordo, 2014, ceramica policroma, foto Nazario Spadoni, courtesy Imola Musei

Nella biblioteca tra libri finti e veri, troviamo Non ricordo (2015) il Pinocchio invecchiato di collodiana memoria impersonificazione della bugia “proprio come l’arte che non dà risposte ma genera continue domande”; nella sala da pranzo campeggia una tavola caotica “sparecchiata” in una rivisitazione di Spoerri o piuttosto, come gli artisti suggeriscono, una citazione del cinquecentesco Bernard Palissy. Il cervo decapitato su grottesca rinascimentale circolare (Dove Come Quando, 2014), dedicato al mito di Atteone, sbuca inquietante dalle porte aperte nel salottino; al posto del palco ha incorporato rami di pesco in fiore, un messaggio di continuazione della vita a dispetto di tutto. Appoggiato su una carta dorata luminosa distesa su un tappeto persiano, un uovo al latte ospita una sorpresa poco dolce, quella di uno scheletro di un piccolo animale dalle apparenze di un gioiello. Ancora una volta il lavoro è ironico e profondo e lascia intendere che le cose forse non sempre sono come appaiono o condensano in sé sia un aspetto che il suo opposto. E poi i warholiani cartoni Brillo, originali cucce per setter inglesi e pappagalli, la cassetta di Pronto Soccorso dedicata all’uomo contemporaneo e al dolore che prova nel corso della sua esistenza addolcito dall’Arte, una morte in acciaio pensierosa con falce appoggiata al suo fianco e l’elenco telefonico aperto davanti mentre un pappagallo, che sembra reduce dall’installazione che Kounellis eseguì negli anni ’60 da Sargentini a L’Attico, lo fissa imperturbabile da un tavolino pieno di amabili resti (Riflessioni sulla morte, 2008). Negli spazi destinati alle cucine, una divertente ma anche pericolosa scimmietta con canestro di frutta, assieme a trincetto, matita e bomba a mano, ci mostra una piccola tela con taglio di Fontana; poco più in là una busta di supermercato abbandonata su un imponente tavolo di legno sul quale scivolano grandi chiocciole ci lasciano intuire che quell’oggetto consueto è stato travolto da un evento imprevisto.

Bertozzi & Casoni, La Morte dell’eros, 2023, foto Nazario Spadoni, courtesy Imola Musei

Infine, allocata nella torre di sud-est del Castello, in un angolo spoglio della Rocca Sforzesca, con mattoni a vista, si consuma La Morte dell’eros, una scultura in ceramica policroma alta tre metri e mezzo che rappresenta il Dio Pan impiccato a un prezioso lampadario di Capodimonte. Il fauno simbolo di vitalità e pulsione erotica si dà allo spettatore nel suo tragico impatto, quasi come fosse l’ultimo canto del cigno, amara presa di coscienza di un’età dell’oro inesorabilmente perduta. L’opera di recente fattura è stata fatta realizzare da Bertozzi, dopo la scomparsa di Stefano Dal Monte Casoni. Ideata da quest’ultimo ha avuto una lunga gestazione di ventitré anni prima d’essere conclusa ed esposta al pubblico. Disturbante, lascia interdetti, soprattutto perché è un Dio a morire insieme alla metafora di tutto quello che rappresenta. Ma nell’universo di Bertozzi & Casoni le cose non sempre sono come appaiono…

Tristana Chinni

Info:

Bertozzi & Casoni. Tranche de vie
28/10/2023 – 18/02/2024
a cura di Diego Galizzi
Progetto espositivo diffuso nei tre musei pubblici imolesi

Sezione #1: “Tranche de vie” (Palazzo Tozzoni)
Sezione #2: “In nuce. 1980-1997” (Museo San Domenico)
Sezione #3: “La morte dell’eros” (Rocca Sforzesca)

Organizzazione: Città di Imola / Imola Musei

Partner principale: Cooperativa Ceramica di Imola- Patrocini: Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna; EPCF – European Parliament Ceramics Forum
Con il contributo di: Fondazione Cassa di Risparmio di Imola, con il supporto di: Con.Ami; Confartigianato Bologna Metropolitana; Hera S.p.A.- Media partner: Finestre sull’Arte
musei@comune.imola.bo.it- www.imolamusei.it


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