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Carlo Benvenuto, Enrico Cattaneo, Elena Modorati. ...

Carlo Benvenuto, Enrico Cattaneo, Elena Modorati. In suspensus

Fondazione Sabe per l’arte, nata nel 2021 con l’obiettivo di promuovere l’arte contemporanea a Ravenna con particolare attenzione alla scultura, ha deciso di dedicare l’attività espositiva del 2024 alla fotografia.  Le tre mostre in programma nel corso dell’anno scandaglieranno le potenzialità di questo medium da tre prospettive diverse, ovvero il rapporto con il paesaggio (con un progetto di Massimo Baldini curato da Claudio Marra), il suo aspetto sociologico in relazione a temi di genere, pratiche sociali ed esperienze identitarie con la curatela di Federica Muzzarelli e le possibili analogie con la pittura. Quest’ultimo tema è al centro della mostra In suspensus, recentemente inaugurata presso la sede della fondazione, che coinvolge Carlo Benvenuto, Enrico Cattaneo ed Elena Modorati con la regia curatoriale di Angela Madesani e che costituisce la prima tappa di tale percorso. Il filo conduttore tra le opere dei tre autori è il concetto di imitazione in riferimento al genere della natura morta, evocato con tre differenti approcci accomunati dal fatto di recepire, più o meno dichiaratamente, l’afflatus della poetica morandiana. Un altro aspetto che collega le opere in mostra è l’intento di individuare una dimensione quasi esistenziale dell’oggetto, che pur continuando a rimanere tale, vive in una condizione sospesa tra l’illusione, la liminalità e il miraggio.

Enrico Cattaneo, Morandiana, 2002, courtesy Archivio fotografico Enrico Cattaneo, Milano

Il riferimento a Giorgio Morandi è dichiarato nelle opere di Enrico Cattaneo (Milano, 1933-2019), che apre il percorso espositivo con sedici scatti tratti dalla serie Morandiane (2002), da lui rielaborati in fase di stampa con un evidente richiamo compositivo e poetico al maestro bolognese omaggiato nel titolo. In queste immagini, rese rarefatte da un trattamento che sembra volerne esibire la trama, vediamo gruppi di oggetti trasparenti, come bottiglie, vasi e bicchieri, posare per il fotografo su un piano in legno contrapposto allo sfondo di una parete spoglia, di cui una luce radente evidenzia la ruvidità. Il riferimento più diretto è qui a mio avviso non tanto alla pittura, ma all’incisione, che Morandi praticava come ricerca parallela, di rado offerta allo sguardo del pubblico. Gli scatti di Cattaneo condividono con le acqueforti del suo mentore ideale l’intenzione di una ricerca formale e cromatica fondata sulla sintetizzazione della struttura figurativa in valori di chiaro e di scuro, nel suo caso variati non più a seconda della frequenza del segno come nelle incisioni, ma in base all’intensità e all’orientamento della puntinatura di stampa che ne eredita la funzione. Una luce pulviscolare avvolge le forme e sembra aderire agli oggetti trasparenti come una pelle che permette di rilevarne la presenza, altrimenti percepibile solo come diaframma che deforma la visione della texture della parete retrostante. Questa preziosa selezione di lavori valorizza la poetica individuale del fotografo, recentemente scomparso, più conosciuto al grande pubblico per essere stato uno dei principali documentatori degli eventi d’arte del suo tempo.

Elena Modorati, Japanese p.m., 2014, cera e peltro, in teca 28,5 x 45 x 20 cm, courtesy dell’artista

Elena Modorati (1969, Milano) presenta in mostra una serie di teche in cui oggetti reali giacciono silenziosamente accanto a riproduzioni in cera create dall’artista di oggetti formalmente simili o funzionalmente collegati a essi. La raffinata gamma cromatica delle cere, che spazia dal bianco (caldo e freddo) a variegate tonalità di grigio, manifesta la vocazione pittorica di queste composizioni scultoree, che l’artista sembra collocare in una condizione di soglia tra l’esistente e l’archetipo. La cera, materiale ricorrente nella sua produzione in quanto membrana viva che rileva le interconnessioni del reale, è utilizzata anche come veicolo di specifici valori pittorici per la sua ambivalente proprietà di riflettere e restituire luce, pur incamerando e assorbendo la luminosità ambientale. La patina omologante e “sostanziante” della cera assolve l’ulteriore funzione di stemperare la contrapposizione tra gli oggetti prelevati dal reale e le loro imitazioni, traghettando tutto l’insieme dell’opera nel vero in quanto «oggetto altro che si viene a mettere al mondo», per citare l’intervento della curatrice Angela Madesani durante l’inaugurazione. La rappresentazione come varco tra il reale e la sua proiezione immaginativa è il fulcro anche dell’opera pittorica site-specific realizzata dall’artista, una tela di dimensioni ambientali sospesa in corrispondenza della finestra dello spazio espositivo che, da qualunque lato si guardi, mostra la sagoma di oggetti fittiziamente collocati alla sua base. Il dipinto, assimilato esso stesso a una finestra per il fatto di essere percorso dall’intelaiatura e attraversato dalla luce naturale proveniente dall’esterno, si fa tramite di un doppio inganno-rivelazione, suggerendo da entrambe le prospettive una sorta di controluce invertito, accostabile alla dimensione sia notturna sia diurna, che rileva la presenza altrimenti segreta di oggetti puramente mentali.

Carlo Benvenuto, Senza titolo, 2023, c-print, 42 x 60 cm, courtesy Galleria Mazzoli Modena – Berlino

Il mistero della poetica degli oggetti in relazione alla loro riproduzione con mezzi artistici raggiunge il culmine in mostra nelle opere di Carlo Benvenuto (Stresa, 1966), fotografo che si auto-definisce pittore e scultore. L’estetica inconfondibile dei suoi lavori ha origine da un perfezionismo quasi maniacale, teso a epurare gli oggetti che ritrae dal caos della vita da cui provengono proiettandoli su piani minimali (al limite dell’astrazione) illuminati da una luce tersa, di origine incerta tra la metafisica e la nitidezza di un’imprecisabile ora mattutina. L’artista lavora riducendo al minimo le incursioni del caso e fotografa gli oggetti nel suo studio in scala 1:1 su sfondo neutro, con un senso della forma e della composizione, unitamente a un sapiente bilanciamento della luce e delle tonalità cromatiche, che dichiarano la sua ammirazione per la pittura classica. L’assenza di elementi di contesto e l’inquadratura intenzionalmente neutrale rispetto a ogni intenzione espressiva fanno diventare enigmatiche anche le cose più comuni, attorno alle quali l’artista convoca ulteriori, sottili equivoci di essenza e sostanza, percepibili solo attraverso uno sguardo prolungato. Ad esempio, una delle opere in mostra raffigura una coppia di bicchieri rossi inseriti l’uno nell’altro, la cui ombra è fedelmente ricalcata da un ritaglio di alluminio che l’artista ha aggiunto alla composizione prima di fotografarla, mentre in un’altra un’edizione francese della biografia romanzata “Vie de David Hockney” di Catherine Cusset si relaziona sul piano di appoggio con un dado in carta pressata realizzato dall’artista e una moneta israeliana in finto oro. Le suggestioni simboliche e visive innescate dagli scatti fotografici si emancipano dallo spazio fittizio del supporto bidimensionale nell’illusionistica riproduzione scultorea di un bicchiere trasparente colmo fino all’orlo, in realtà un blocco di vetro privo di cavità realizzato da una bottega artigianale di Murano, che l’artista colloca su un piedistallo come se fosse stato dimenticato da qualche visitatore distratto.

Info:

Carlo Benvenuto, Enrico Cattaneo, Elena Modorati. In suspensus
a cura di Angela Madesani
20/01– 7/04/2024
Fondazione Sabe per l’arte
Via Giovanni Pascoli 31, Ravenna
https://www.sabeperlarte.org/


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