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Cathy Josefowitz, analisi del corpo alla distanza di appena un pelo

La necessità di acquisire nuovi spazi, esperienze mentali ed emotive ci spinge prepotentemente ad abbattere le distanze fisiche. Secondo la suggestiva interpretazione dello scrittore Antoine Artaud è necessario studiare il mondo in profondità “alla distanza di un pelo”[1], laddove tutto oscilla in un abisso spaventoso e da cui, tuttavia, si è separati per sempre. In altri termini, in questo luogo liminale, situato nel breve interstizio tra noi e ciò che ci circonda, risiede l’esigenza che ci spinge ad andare oltre alla normale percezione delle cose. Proprio da tale luogo infrasottile deriva la profondità artistica di Cathy Josefowitz (New York 1956 – Ginevra 2014) a cui il MACRO Museo d’Arte Contemporanea di Roma, in via Nizza, a Roma, sta dedicando la mostra Cathy Josefowitz, The Thinking Body, realizzata con Elise Lammer, e in programmazione dal 16 marzo al 19 giugno 2022.

Un singolare primato quello del museo romano, giacché si tratta della prima retrospettiva che riunisce un vasto e interessante gruppo di opere dell’artista riferibili dagli anni Settanta sino ai Duemila. La rassegna, nel suo insieme, risulta caratterizzata da diverse ibridazioni, e, siccome le opere sono esposte senza alcuna regola cronologica, l’allestimento è energico e ritmico nella limpida luce della sala museale. Il punto di forza dell’esposizione risiede nella ricchezza selettiva dei pezzi, ovverosia un’attenta scelta di tele e disegni in dialogo con opere dal carattere più peculiare, quali marionette in cartoncino, un abito in tessuto dipinto a olio e un’opera video documentaria. Il vaglio posto in essere intende chiarire, di per sé, l’intento della mostra, quale riuscita ricostruzione di un percorso artistico dall’immaginario dissimile, il quale evidenza i molteplici interessi che hanno toccato la carriera di Josefowitz. In particolar modo, come fanno notare i saggi critici editi in occasione dell’esposizione, è fondamentale l’incontro dell’artista con le pratiche performative, quindi lo studio dell’improvvisazione teatrale e la danza, occasione nata da un rapporto diretto con Steve Paxton e Thrisha Brown, fondatori del gruppo Judson Dance Theater.[2]Proprio da tale cultura deriva un irrefrenabile interesse di Josefowitz a favore del movimento corporeo concepito come attimo di ritualità e sperimentazione, nella considerazione che l’organismo si relaziona con altri soggetti nella spigolosità dello spazio.

Da qui, e all’interno dell’esperienza derivata da uno studio autodidatta sulla pittura d’Avanguardia, trova origine un’analisi sul corpo a un intervallo ravvicinato, alla “distanza di un pelo”, volendo utilizzare la definizione di Artaud secondo una dimensione panica, ovvero con una percezione molto profonda del mondo esterno. Così la pittura di Josefowitz si adegua, con forza e convinzione, alle diverse parentesi creative, rimanendo tuttavia viva e lasca, talché ogni forma è come un colpo di mano sulla natura umana. Da questa analisi deriva un interesse verso l’aspetto esistenziale dell’essere umano, da cui discende la scelta di ritrarre personaggi tratti dalla cultura circense a cui si alternano figure umane affiancate da animali, alcune volte ritratti con sembianze mostruose, e altre sin troppo mansuete, ma pur sempre esalanti un carattere beffardo che tende a strapparci un vivido sorriso di interesse e curiosità. Questa creatività dirompente, che ci sfiora il cuore per apparirci come una conquista tanto spirituale quanto viscerale, è da considerarsi come una metafora pittorica di un tempo intimo dal forte carattere riflessivo: è proprio la stessa artista a chiarire tale aspetto, quando, in riferimento alla scelta del medium pittorico, considera quest’ultimo come lo strumento migliore per ritrarre il mondo che altro non è che «un palco teatrale dove tutto può accadere».[3]

Altro carattere saliente della mostra è che la Josefowitz, a prescindere dai soggetti raffigurati, fa emergere in maniera nitida il mistero dell’esistenza che coincide proprio nell’essenza del corpo; si aprono così ambiti di significazione inaspettati, con la rappresentazione umana che assume un ruolo nevralgico sia nelle opere pittoriche sia nei video. L’esposizione racconta una verità sulle connessioni corporali, in quanto l’uomo è un essere sessuale che vive un agognato tentativo di risveglio della propria fisicità. Proprio su questo ultimo filone l’atto erotico viene affrontato con sottigliezza ed eleganza d’animo, prova ne sono la serie di opere che ritraggono corpi contorti in scatole prospettiche trasudanti il sentimento carnale tipico delle opere di Francis Bacon. Tuttavia, l’artista si mostra diversamente giocosa e gioiosa verso le memorie quotidiane, prospettando, tra l’altro, opere che utilizzano come supporto ricevute fiscali tracciate in maniera davvero fantasiosa. In queste carte lo sfondo è legittimato a partecipare assieme al soggetto così da essere un esperimento creativo dal vitale eco matissiano. Inoltre, l’aspetto della piacevole creatività ritorna anche nelle marionette in carta di soggetti figurativi in oscillazione tra il reale e il fantastico, e la cui animazione sospesa in aria è verosimilmente traccia dell’interesse dell’artista verso l’arte performativa, da lei considerata come input per «estendere ai dipinti la visione del movimento»[4].

La mostra si pone, dunque, come un riuscito epilogo di una soffusa e intimistica relazione dell’artista con la fisicità, che non si lascia mai chiudere entro un perimetro creativo ma rimane sempre autentico e libero. In questa “fisarmonica artistica”, che volge l’attenzione alla spiritualità e alla religione del corpo, si ode vibrare un mantra meditativo da recitare immersi nella realtà, ma sempre alla “distanza di un pelo”.

Info:

Cathy Josefowitz, The Thinking Body
realizzata con Elise Lammer
16/03/2022 – 19/06/2022
MACRO, Museo d’Arte Contemporanea di Roma
via Nizza 138, 00198, Roma

[1] Antonin Artaud, Oeuvres complètes, Gallimard, Parigi, 1970, Vol I, p.170.

[2] Elise Lammer, Have Your cake and Eat It Too, On the Relationship between Performance and Painting in the Work of Cathy Josefowitz, in Cathy Josefowitz, Mousse Publishing, Milano, p.19.

[3] Beppe Sebaste, Cathy Josefowitz: Blue blue and more, comunicato stampa della mostra presso Galleria Susanna Orlando Studio, Pietrasanta, Italia, 6-8 settembre 2014.

[4] Ludovic Delalande, Overspill at Work: A Journey in Cathy Josefowitz’s Cosmogony, in Cathy Josefowitz, Mousse Publishing, Milano, p.31.

Cathy Josefowitz, The Thinking Body, 2022, exhibition view, MACRO. Ph. Agnese Bedini, DSL Studio, courtesy MACRO

Cathy Josefowitz, The Thinking Body, 2022, exhibition view, MACRO. Ph. Agnese Bedini, DSL Studio, courtesy MACRO

Cathy Josefowitz, Untitled, 1974 ca., olio su cartone, cm 120 x 80. Agnese Bedini, DSL Studio, courtesy Les Amis de Cathy Josefowitz, Ginevra e MACRO

Cathy Josefowitz, Rome, 3-8 January, 1989. Geneva, 20 April, Parma, 1 May, 1989. Florence, 4 December,1989. Acquerello e inchiostro su carta. Ph. Agnese Bedini, DSL Studio, courtesy collezione privata, Roma e MACRO


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