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Estetica sintetica: le Plastic Shapes di Francesca Pasquali

La mostra Plastic Shapes a cura di Ilaria Bignotti e Gino Pisapia, visitabile fino al 19 novembre presso la sede fiorentina della galleria Tornabuoni Contemporary Art, si inserisce costruttivamente nella realtà espositiva contemporanea quale la prima personale di Francesca Pasquali nel capoluogo toscano, nonché come un appuntamento utile per fare il punto sul lavoro di un’interprete che, con all’attivo numerose personali e collettive sia in Italia che all’estero e cofondatrice del movimento Resilienza Italiana, si sta con merito ponendo in risalto nella scena artistica corrente.

Il lavoro dell’artista bolognese, sperimentatrice di nuovi materiali e alfabeti visivi, può essere considerato come un’esauriente proposizione di differenti spunti sintattici, in grado di commistionarsi nell’articolazione di un’unica composizione. Difatti il suo lessico svaria dall’installazione, alla scultura, al quadro, sempre qualificando le possibilità estetiche degli espedienti esecutivi impiegati all’interno di texture plastiche coerenti. La sua ricerca, così, va a recuperare – in termini nuovi – una poetica del materiale e dell’oggetto che l’avvicina tecnicamente ma con una natura poietica differente, alle pratiche dell’assemblage e dell’accumulazione proprie del Noveau Réalisme quando essi vengono disposti in sequenze o addensamenti, a quanto espresso dall’esperienza cinetico-programmata quando, analizzandone le rispondenze dinamiche, “si serve dell’ambiguità delle forme tremolanti e vibranti per suggerire una pluralità di interpretazioni, compensando al contempo la mancanza di movimento fisico dell’opera”[1], e ad alcune declinazioni Pop nostrane quando adopera setole sintetiche o per la conseguente dicotomia fra naturale e artificiale. Proprio l’attenzione nei confronti dei materiali/oggetti, frequentemente industriali e di scarto come i polimerici neoprene e PVC, o gli espansi, o la gommapiuma, o d’uso più comune come braccialetti, palloncini e cannucce, combinata con perizia tecnica, raffinatezza esecutiva e creatività, conferisce agli stessi – rievocando precetti concettuali e poveristi – la facoltà di svelare le proprie qualità oggettuali, tattili, cromatiche e combinatorie, denotando il tutto di una certa caratura avanguardistica. Infatti, osservando famiglie di opere quali Spiderballs, Frappa, Setole, Intrecci o le celebri Straws – composizioni ottenute tramite la disposizione paratattica di un’incalcolabile quantità di cannucce – vediamo come tutti i materiali utilizzati da Francesca Pasquali, approdano a una nuova condizione di significanza artistica, affrancandosi completamente da ogni prescrizione funzionale e dal vincolo dell’utilità che impediva loro di esternare l’implicito potenziale espressivo, mettendo perciò alla prova le proprie capacità comunicative. Il risultato complessivo, è una grammatica visiva che si decodifica nella dialettica di fisicità e virtualità, scienza e estetica, attuando un’attività speculativa in favore della “energia inespressa del materiale inconsueto, esaltandone il potenziale estetico e indagandone, così, le relazioni  inedite con il linguaggio dell’arte”[2], trasformandone – infine – le specificità in mezzi narrativi attivi, autoreferenziali e determinanti.

[1]    Cfr: G. Pisapia, L’indiscreto fascino della materia, in Plastic Shapes, catalogo mostra Tornabuoni Contemporary Art, Firenze, 2015, pp. n. n.

[2]    Cfr: I. BIGNOTTI, Francesca Pasquali: azzardi creativi e rischi critici, in “Titolo”, anno III, N. 5, inverno/primavera 2013, Perugia, p. 13.

Per tutte le immagini: Francesca Pasquali, Plastic Shapes, veduta della mostra presso la Galleria Tornabuoni Arte Firenze, 2015 photo Valentina Grandini


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