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Giovanni Sellari: artigianalità versus virtualità...

Giovanni Sellari: artigianalità versus virtualità

Il Meccanico, spazio di ricerca sui linguaggi contemporanei, a Verona, ospiterà a partire dal 5 aprile i due progetti che hanno vinto la call: uno realizzato in analogico e l’altro costruito con l’Intelligenza Artificiale. Il tema del concept era Rottura, e i due lavori ci rientrano alla perfezione. Francesca Svampa espone A Movie in a pic, una collezione di negativi che generano micro film. Giovanni Sellari invece propone Gli Stressonauti, un progetto che nasce da scatti di paesaggio in pellicola ma “elaborati” poi dall’Intelligenza Artificiale. Gli Stressonauti sono un gruppo di esploratori intergalattici che stanchi della frenesia e del traffico interstellare sentono il bisogno di prendersi una lunga pausa per rompere la loro routine quotidiana e disintossicarsi dallo stress accumulato. Per parlare di questo progetto abbiamo incontrato Giovanni Sellari, studioso di arte contemporanea, fotografo, scrittore e creativo.

Giovanni Sellari, “31. Un astronauta con tuta spaziale bianca si diverte andando in altalena all’interno di una fabbrica abbandonata”, 2023, IA su immagini realizzate in pellicola, courtesy Il Meccanico, Verona

Simone Azzoni: Ci descrivi il progetto degli Stressonauti?
Giovanni Sellari: Il mio progetto nasce innanzitutto da una personale esigenza di fuga momentanea dal quotidiano, dal bisogno intimo e inderogabile di trovare lo spazio e il tempo da dedicare a una delle attività più indispensabili al mantenimento dell’equilibrio psicofisico: l’ozio. Sono nato e cresciuto a Papiano, un piccolo paese immerso nel verde dell’Umbria, un luogo dove la vita scorre a una velocità decisamente più sostenibile rispetto ai ritmi di una città veloce e competitiva come Milano, dove vivo e lavoro ormai dal 2011. Per sopravvivere tutti questi anni in un ambiente così ostile mi sono accorto che, piano piano, ho iniziato ad adottare le strategie di sopravvivenza tipiche degli astronauti: indossare una tuta spaziale a tenuta stagna per proteggermi dalle radiazioni e dalla mancanza di ossigeno dell’ambiente esterno (qui si chiamano “brief meeting” e “pm10”) e passare quanto più tempo possibile all’interno della mia piccola navicella spaziale (qui si chiamano “monolocali”). Da questa riflessione nasce l’idea e il titolo del mio progetto: Gli Stressonauti sono un gruppo di esploratori intergalattici che stanchi della frenesia e del traffico interstellare sentono il bisogno di prendersi una lunga pausa per disintossicarsi dallo stress accumulato. Decidono quindi di fare rotta verso un tranquillo pianeta di provincia disabitato ormai da tempo. Una volta arrivati sul pianeta, per ritrovare la pace e il contatto con la natura, si impongono poche regole ma ferree: per i due mesi di permanenza cercheranno di passare il tempo quanto più possibile in solitudine svolgendo le semplici attività che il selvaggio pianeta potrà offrire loro, non dovranno in nessun modo usare strumenti tecnologici, e non potranno né connettersi né comunicare con la loro galassia lavorativa. Appena arrivati sul pianeta trovano però una macchina fotografica a pellicola, e due vecchi rullini in bianco e nero ancora intatti. Senza troppo impegno, stabiliscono di scattare una foto al giorno per sessanta giorni. Il mio progetto altro non è, quindi, che la finta testimonianza fotografica di questo ozio idilliaco, malinconico e divertente allo stesso tempo. Una riscoperta autoironica della bellezza che si cela nella semplicità di momenti vuoti d’impegni, ma carichi di riflessione e riscoperta di sé.

Giovanni Sellari, “27. Un astronauta con tuta spaziale bianca osserva immobile uno struzzo che beve acqua dalla fontana di un vecchio castello”, 2023, IA su immagini realizzate in pellicola, courtesy Il Meccanico, Verona

Sui social il tuo progetto ha un’identità comunicativa…
I social sono uno spazio virtuale strabordante di foto felici di persone felici che fanno esperienze felici in posti felici, attivando un sistema di “messa in scena” del momento idilliaco che trascende e mistifica l’esperienza stessa. Sui social, con questo progetto, sono stato preso da manie competitive e, pubblicando una foto al giorno per sessanta giorni, ho voluto sottolineare quanto questa “messa in scena” sia tale. Il passaggio dallo spazio virtuale dei social a una versione materializzata su carta, esposta nello spazio fisico di una mostra, credo che lasci intatto l’intento ironico-mistificatorio del progetto, ma cambiando il medium di sicuro cambierà anche la percezione del messaggio. Mi spiego meglio: queste immagini sono generate interamente dall’IA, ma nascono da fotografie di paesaggio realizzate in pellicola, e scattate appositamente per essere utilizzate come “immagini di riferimento”. Il risultato visivo è una mimesi dove analogico e IA si confondono e si nascondono a vicenda. Per enfatizzare questo cortocircuito, all’interno dello spazio della mostra, vorrei che le immagini tornassero a vestire quanto più possibile i panni dell’analogico: stampa in bianco e nero su carta baritata che simula la carta usata in camera oscura, e vecchio proiettore con simil diapositive stampate su lucido (tbd). Un richiamo a modalità di visione ed esposizione tipicamente legate alla fotografia classica di cui ci fidiamo, quella fotografia “autentica” che inconsciamente ancora crediamo non possa mentire.

Giovanni Sellari, “10. Un astronauta con tuta spaziale bianca, seduto su una panchina di legno in cima a una collina, guarda l’orizzonte attraverso un telescopio”, 2023, IA su immagini realizzate in pellicola, courtesy Il Meccanico, Verona

Copia e originalità; genio e creatività sembrano categorie di pensiero già superate dal paradigma del contemporaneo. Perché abbiamo paura della IA e che uso creativo possiamo farne?
Nel 1859 in un saggio dal titolo Il pubblico moderno e la fotografia d’autore Charles Baudelaire diceva che “la fotografia era il rifugio di tutti i pittori mancati, scarsamente dotati o troppo pigri per compiere i loro i studi, questa frenesia universale aveva non solo il carattere dell’accecamento e dell’imbecillità, ma anche il colore d’una vendetta”, non accogliendo quindi proprio a braccia aperte l’invenzione del dagherrotipo avvenuta solo un paio di decenni prima. Credo che in ogni periodo storico la critica d’arte e in generale l’ambiente artistico si sia sempre dimostrato inizialmente restio alle innovazioni tecnologiche, che di volta in volta hanno allargato il bacino di utenza nella produzione di immagini. Fatta questa premessa credo che la paura nei confronti della IA sia del tutto ingiustificata da punto di vista della produzione artistica (altro discorso invece dal punto di vista sociale), anzi personalmente l’ho accolta come uno strumento creativo utilissimo ai fini della sperimentazione che, in alcuni casi come nel ciclo de Gli Stressonauti, può anche sfociare nella vera e propria produzione. Nella mia pratica artistica, in particolare, partendo sempre da una idea in forma scritta che solo successivamente si trasforma in immagine, devo dire che è stata un passaggio molto liberatorio. Poi l’uso che ne sto facendo per ora, dopo tantissimi tentativi su quasi tutte le piattaforme “text-to-image”, è abbastanza controllato e guidato, dove sono ancora io che provo ad imporre l’estetica del progetto che ho in mente… rimanendo però sempre ben conscio del fatto che l’immagine fotografica è per sua natura autonoma e sfuggevole alle imposizioni del fotografo, ma questo vale sia che questa venga realizzata in analogico, in digitale o con l’IA. Per dirla con le parole di Vaccari “non è importante che il fotografo sappia vedere, perché la macchina fotografica vede per lui”.

Giovanni Sellari, “11. Un astronauta con tuta spaziale bianca disegna forme geometriche su un grande foglio, vicino a lui una cornice vuota e un calamaio con una piuma bianca”, 2023, IA su immagini realizzate in pellicola, courtesy Il Meccanico, Verona

Come unisci nel lavoro quotidiano progetto, idea, oggetto, immagine?
Dal 2021 ho fondato insieme ad altri tre amici e colleghi Punctum Studio, con sede a Milano: uno studio creativo con focus specifico sullo storytelling. Ho dunque la fortuna di fare tutti i giorni un lavoro molto stimolante dal punto di vista creativo, insieme a un team di professionisti della comunicazione che parallelamente, come me, portano avanti anche il loro personale percorso di produzione artistica. Questo per dire che l’ambiente quotidiano è basilare per sviluppare e allenare un’attitudine alla creazione: l’esercizio “obbligato” alla continua produzione di nuove idee, e allo scambio continuo con persone preparate e sincere con le quali condividere sperimentazioni e bozze. Anche il metodo è molto simile, poiché al centro di tutto c’è sempre la narrazione: sia nel lavoro di tutti i giorni e sia nella pratica artistica parto sempre da un foglio bianco nel quale piano piano prende forma una storia in forma scritta. Questa storia, una volta delineata, viene lasciata per un tempo variabile a “decantare”, nel frattempo cerco in maniera compulsiva quanti più stimoli visivi possibile: ispirazioni necessarie per iniziare a visualizzare la mia idea in forma d’immagine. Credo che sia proprio in questo tempo di “decantazione” che il vero progetto prende forma, ovvero quando è ancora a metà strada tra parola scritta e intuizione visiva, perché è in questo spazio che normalmente o “scatta” qualcosa che mette tutto in equilibrio, o la storia finisce nella gigantesca cartella degli scarti. Se questo click avviene, non mi resta che reperire tutto quello che serve per realizzare la fotografia che più si avvicina all’immagine che ho in mente. È per questo che non mi definisco un fotografo, perché non credo di pensare come un fotografo. La fotografia è per me un escamotage visivo: per sua natura è una rappresentazione così mimetica della realtà che permette alle mie idee di sembrare anch’esse reali, e questo crea una confusione, una sorta di confine sfumato, che devo dire mi diverte moltissimo.

Info:

Francesca Svampa, Giovanni Sellari, Analogue – Artificial
05/04/2024 – 30/04/2024
Il Meccanico
Via San Vitale 2b Verona
www.ilmeccanico.org


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