READING

In conversazione con la designer Alberte Agerskov

In conversazione con la designer Alberte Agerskov

Fino al 2 giugno, negli spazi di Aquapetra Gallery, troviamo Hold me, Honey, Soothe me, mostra personale della designer danese Alberte Agerskov (Copenaghen, 1993). Ad essere rievocati sono antichi riti di iniziazione attraverso forme archetipe e materiali come la pietra, la terra, l’acqua, il fuoco e la cera d’api. Il progetto nasce dalla collaborazione con Swing Design Gallery.

Il tuo lavoro appare in bilico tra arte e design. Un bellissimo tentativo di coniugare Land Art, Spazialismo e progettazione. Qual è stato il tuo percorso?
Tutto è partito dal corpo. Da giovane ero una ballerina e in seguito sono rimasta molto affascinata dallo yoga. A diciannove anni mi sono trasferita in India per diventare insegnante di Ashtanga yoga, una pratica rigida che ti connette in modo olistico alla mente e al corpo e ti permette di reinserirti nello spazio. Direttamente dall’India mi sono trasferita a Parigi per insegnare yoga e dopo ho deciso di tornare a Copenaghen per studiare architettura. Studiando sono rimasta molto affascinata dall’estetica e dalle idee alla base dei movimenti artistici americani come Fluxus e la Land Art. Richard Serra, Nancy Holt, Donald Judd, Joseph Beuys e Ana Mendieta hanno lavorato con elementi che mi interessano, inserendo tracce, segni e oggetti nel paesaggio. Mi hanno insegnato che l’opera d’arte si evolve al di là del nostro controllo, spingendo anche noi a evolverci, e ho preso molta ispirazione da loro, come faccio tuttora. Dopo l’Accademia ho lavorato per Pezo Von Ellrichshausen (Cile), Studio Mumbai (India, Francia) e ho imparato molto su ciò che mi interessava: materiali, paesaggi, corpi, oggetti e storie. Tutti i miei progetti si basano sulla curiosità di incontri materiali e quindi spesso scivolano tra architettura e arte. E tra queste due ho trovato il design.

Com’è avvenuto l’incontro con Angela da Silva della Swing Design Gallery?
La mia ex collega, Eleonora Ghezzi, con la quale ho realizzato molti dei miei progetti più importanti sotto il nome di Ghezzi Agerskov, ha una casa a Benevento. Attraverso numerosi giri nella zona abbiamo incontrato Angela, che ci ha proposto di realizzare un piccolo oggetto per EDIT Napoli. Abbiamo creato TA/Tray for Ashes: un posacenere in marmo, che è stato un’icona per Eleonora, Angela e me.

Com’è nato, invece, il progetto per Aquapetra? Il legame con il contesto è sempre stato importante nei tuoi lavori. Che influenza ha avuto il contesto in questo caso?
Angela mi aveva parlato da tempo di questo posto meraviglioso. Il luogo mi ha ispirato da lontano. È stata una sfida, ma anche un bel viaggio: lavorare a Londra e sognare di raggiungere i tranquilli dintorni di Aquapetra, con gli odori di rosmarino, oliva e agave… Aquapetra è architettonicamente studiata in ogni dettaglio ed è posizionata bene nel paesaggio, senza limiti “rigidi”, lasciando che la natura entri nello spazio e invitando lo spazio a uscire nella natura, come si vede nel loro giardino di sculture.

In “Hold me, Honey, Soothe me” appare costante il riferimento alla figura femminile, se pensiamo ai dipinti su carta Honey Rug, in realtà questo è evidente anche nei lavori in ceramica, The Carrier. Qual è la simbologia nascosta e come si connette con la contemporaneità?
Tutte le opere esposte da Aquapetra Gallery sono il risultato di una ricerca che ho svolto negli ultimi due anni alla Central Saint Martins di Londra sulla porosità dei nostri corpi in continua evoluzione e sull’interazione tra il paesaggio e l’essere umano. Quando lavoro ho sempre in mente le mie percezioni sensoriali e, poiché incontro il mondo da un corpo femminile, questo si traduce inevitabilmente nelle opere finali. Ma per me il femminismo va oltre la figura femminile: mi interessa l’energia femminile all’interno di tutti i corpi (e di tutte le cose). Spero che le mie opere parlino a donne, uomini e persone non binarie. È importante iniziare a guardare al “femminile” in modo diverso, in Italia si fa ancora molta fatica a parlare di questo. Parte della mia ricerca è ispirata agli studi sull’idro-femminismo della scrittrice e teorica culturale Astrida Neimanis che sottolineano la relazione tra il nostro corpo e l’acqua. Grazie a lei ho anche scoperto la “Carrier Bag Theory” di Ursula K. Le Guin, a cui i “The Carrier Vases” sono ispirati. In Hold me, Honey, Soothe me, penso a come è stato per me crescere da bambina ad adulta, e immagino una combinazione di rituali di iniziazione che mi avrebbero aiutata a superare il momento in un modo più comunitario. Ogni opera si traduce in un movimento costante, che cambia in relazione al contesto e al lettore, proprio come le nostre letture della storia.

Sapresti rinunciare del tutto all’aspetto funzionale nelle tue opere?
Piuttosto che rinunciare o annunciare il grado di funzionalità delle mie opere, vorrei che esse si interrogassero sul significato di funzione per ciascuno di noi (che, ancora una volta, è relativo al contesto). O, meglio, che cosa significa per noi “unfunctional”? Se significa poco pratico e inefficiente, credo che sia giunto il momento per tutti noi di provare a non funzionare almeno un po’. E se il disfunzionale significa il “non adatto”, forse dovremmo chiederci cosa e chi compone questa maggioranza “funzionante”.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
In aprile ho realizzato una performance intitolata FA/Fields of Ashes a Casa Vettese-Donati, con il supporto di Giuditta e Angela Vettese, e attualmente stiamo lavorando per le registrazioni e il lavoro sonoro della performance che saranno esposti a Milano in autunno. Il progetto è iniziato in una residenza in via Farini nel 2021. Inoltre ho una collaborazione in corso con l’architetto Rasmus Schatter a Copenaghen e ho anche in programma una residenza ad Atene, sostenuta dalla fondatrice dell’Athens Design Forum, Katerina Papanikolopoulos.

Antonella Palladino

Info:

Alberte Agerskov, Hold me, Honey, Soothe me
02/04 – 02/06/2022
Aquapetra Gallery
Aquapetra Resort & Spa
SS Telesina 1
Telese Terme, Benevento
aquapetra.com

Alberte Agerskov, Honey Rug 7 Paintings, 2022. Carbone da legno per camino, cera d’api e pigmenti su carta cotone. 80 x 60 cm. Ph Danilo Donzelli, courtesy Swing Design Gallery

Alberte Agerskov, Honey Secret. Cera d’api, fogli di alluminio e foglie di cavoletti di Bruxelles, stampa inkjet. 3 x 30 x 25 cm. Ph Danilo Donzelli, courtesy Swing Design Gallery

Alberte Agerskov, Hold me, Honey, Soothe me, 2022, installation view, Acquapetra Resort & Spa. Ph Danilo Donzelli, courtesy Swing Design Gallery


RELATED POST

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

By using this form you agree with the storage and handling of your data by this website.