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La verità raccontata da Teresa Margolles al Mattatoio di Roma

Sono sempre stata interessa a comprendere la crudele guerra che si disputa ormai da anni tra Messico e Stati Uniti d’America. In questa storia, in cui gli USA si “vestono” da buoni e combattono contro lo spietato narcotraffico messicano, è ormai difficile stabilire chi abbia torto e chi ragione, ed è ancor più difficile non pensare che entrambe le fazioni si siano macchiate di colpe anche a scapito della giustizia, in nome di una convenienza politica o economica. Non voglio certo mettere al banco degli imputati le politiche dei due Paesi, né voglio eleggere vinti o vincitori, ma vorrei raccontare, cercando di rimanere al di sopra di questioni che poi non conoscono così bene, l’aspetto più straziante ma poco risonante di questa aspra lotta.

Ogni evento traumatico mette in luce le strategie migliori e spesso la parola che risulta più veritiera è quella dei più forti, o di quelli che si fanno vessillo di qualche concetto di giustizia. Contrariamente a ogni aspettativa, una delle artiste che più si occupa, tramite le proprie opere, dell’azione di denuncia contro la violenza generata dalla guerra del narcotraffico messicano è Teresa Margolles, nata nel 1963 a Culiacán, nello Stato di Sinaloa.

L’artista condanna la disumanità della violenza che permane nelle strade messicane, si fa portavoce di verità strozzate e della negazione che consegue ad alcuni eventi. Il suo lavoro, che assume una matrice performativa e concettuale, pur mantenendo una purezza di messaggio, riesce a essere portavoce di testimonianze che, senza questa intermediazione, cadrebbero nell’oblio. È vero, i lavori di Margolles non esplicitano nomi o fotografie, non danno volti alle vittime, ma danno asilo alla loro voce.

In Italia, gli echi di tali brutalità arrivano come sbiaditi e questa guerra, seppur ancora attualissima, ci sfiora senza scuoterci troppo. Il Mattatoio di Roma però offre una bellissima opportunità di meditazione sul tema, coinvolgendo anche situazioni insite nel territorio romano. L’istituzione presenta Periferia dell’agonia, un’istallazione di Margolles, che rientra nel programma triennale Dispositivi sensibili, pensato da Angel Moya Garcia e che possiamo definire come un’ampia riflessione realizzata tramite la pratica dell’arte.

L’intero padiglione 9B, che si è tinto di rosso per l’occasione, è occupato dall’istallazione. Prima di poter visitare la mostra, una sorta di anticamera ci prepara e un cartello esorta i visitatori più sensibili a riflettere prima di proseguire, poiché davanti ai loro occhi troveranno brutali verità. Una moltitudine di tende di plastica rossa industriale (elemento già utilizzato in passato da Margolles, in altre tonalità), avvolgono e stringono lo spazio in una morsa, che aliena dal mondo esterno. L’atmosfera diventa rarefatta e non si ha il tempo di capire, né di ambientarsi, perché al centro dello spazio un grandissimo tavolo retroilluminato ospita un tessuto utilizzato per coprire i corpi di messicani assassinati. Bisogna costeggiare il tavolo ma non è facile farlo a passo svelto: ogni particolare, ogni sfumatura giallastra, ogni macchia, che si ripete più volte fino a scomparire, sono il frutto di chissà quali dolori, e hanno avvolto corpi straziati e privati di qualsiasi dignità.

Ho percorso, da ambo i lati, più volte lo spazio e ho contato i miei passi: ottantatré piedi per lato. Non è una misura oggettiva, il telo è lungo ben ventitré metri, ma ho percorso lentamente l’ambiente, cercando di introiettare ogni piegatura e ogni macchia. Ho attraverso questo enorme spazio rosso, emblema del sangue versato, e mi sono trovata in una sala in cui campeggia una grande scritta: “Vedere ascoltare e tacere”, parole su cui poco vi è da ridire.

Un’altra piccola saletta ospita un video che ritrae un momento di preparazione, un rito di commemorazione delle vittime. Un’azione sviluppata in tre fasi: sollevare lentamente e delicatamente, sostenere per qualche minuto e infine posare per terra il grande telo.

Per uscire dal padiglione bisognare ripercorrere lo stesso percorso all’inverso e ancora una volta ci si deve confrontare con una crudissima verità. L’immaginazione del fruitore, provata da visioni agghiaccianti, deve assolutamente essere messa alla prova poiché solo in tal modo si può scegliere se essere testimoni o complici silenziosi.

Oggi più che mai, questa mostra risulta pertinente e rimarca il ruolo più importante dell’arte, che non è solo simbolo di memoria e culture, ma è il mezzo imprescindibile per raccontare verità scomode.

Claudia Pansera

Info:

Teresa Margolles, Periferia dell’agonia
24/02/2022 – 19/06/2022
a cura di Angel Moya Garcia
Mattatoio di Roma, Padiglione 9B
Piazza Orazio Giustiniani 4, Roma
info.mattatoio@palaexpo.it

Teresa Margolles, Periferia dell’agonia, 2022, installation view, Padiglione 9B, Mattatoio, Roma. Ph. Teresa Margolles, courtesy l’artista e Azienda Speciale Palaexpo / Mattatoio

Teresa Margolles, Periferia dell’agonia, 2022, installation view, Padiglione 9B, Mattatoio, Roma. Ph. Teresa Margolles, courtesy l’artista e Azienda Speciale Palaexpo / Mattatoio

Teresa Margolles, Azione in tre fasi: sollevare, sostenere e posare il telo che ha coperto i corpi di persone uccise in Messico, 2003 – 2020. Ph. Teresa Margolles, courtesy l’artista e Azienda Speciale Palaexpo / Mattatoio

Teresa Margolles, Azione sotto il ponte San Paolo, Roma, 2022. Ph. Teresa Margolles, courtesy l’artista e Azienda Speciale Palaexpo / Mattatoio


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