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“Litorali” di Marco Rapaccini alla galleria Il Mec...

“Litorali” di Marco Rapaccini alla galleria Il Meccanico di Verona

Luce e acqua. Apparentemente semplice, la cianotipia riporta la fotografia ad antiche tecniche di sedimentazione e sviluppo dell’immagine. Ne è un esempio anche “Litorali”, la mostra di Marco Rapaccini presso la galleria Il Meccanico di Verona, visitabile dal 9 marzo al 28 aprile 2024. Ne abbiamo parlato con l’artista, fotografo e responsabile delle attività didattiche di Officine Fotografiche.

Marco Rapaccini, “Litorali”, 2023, cianotipia, courtesy galleria Il Meccanico, Verona

Simone Azzoni: Perché hai scelto questa tecnica di stampa, quale percorso poetico ti porta alla cianotipia?
Marco Rapaccini: La cianotipia è una tecnica fotografica molto semplice, che precede la maggior parte delle altre tecniche storiche ed è rimasta sostanzialmente inalterata dalla metà dell’Ottocento. Usa un processo basato sull’ossidazione del ferro e si impressiona alla luce molto lentamente, poi si rivela e si fissa con l’acqua corrente. Luce e acqua sono i soli elementi di cui ha bisogno. Il risultato è una scala di toni di blu di Prussia. Ho iniziato a usare la cianotipia proprio durante questo lavoro, quindi per me è la tecnica legata a questa ricerca in particolare. È una tecnica molto essenziale, si espone valutando i tempi a occhio, poi si sviluppa per ottenere il blu, che poi viene sbiancato e virato per ottenere dei toni diversi, nero e marrone. È un processo di sedimentazione ed erosione che forma l’immagine, che alla fine si stabilizza ma rimane viva e con il tempo possono esserci sottili cambiamenti.

Parlaci di “Litorali”: cosa volevi raccontare e perché questi luoghi?
Tutte le fotografie dei paesaggi sono state scattate negli ultimi quattro anni a Castelporziano e Capocotta, sul litorale romano. Sono luoghi che frequento d’estate da quando ero piccolo, e che visitati in inverno alternano in me una calma straniante e l’inquietudine che viene aggirandosi in un luogo sacro. Spesso ho fotografato con la pioggia, di notte, o con un vento forte. Le dune diventano isole, montagne, intrichi inaccessibili di rovi, sempre con il rumore delle onde in sottofondo. Poi una parte importante del lavoro è fatta di fotografie di oggetti presi durante le camminate: fiori, conchiglie, ossi di seppia. Erano temi su cui lavoravo da tempo, che l’intersezione con la cianotipia ha fissato in quest’esito che ora mi sembra risolto, anche se non esaurito.

Marco Rapaccini, “Litorali”, 2023, cianotipia, courtesy galleria Il Meccanico, Verona

Molte scuole e corsi oggi si dedicano alle antiche tecniche di stampa, come ti spieghi questo revival?
È vero, è un momento di recupero e di espansione delle tecniche antiche e alternative, relativamente alla fotografia. È un ritorno di attenzione che certamente testimonia una scelta di resistenza alla pervasività delle tecnologie più nuove, da cui si cerca rifugio in tutto quello che consente un’espressione tramite la manualità e i tempi più lenti e ragionati. Credo, però, che ci sia un merito dei social network nella facilità di diffusione di certe tecniche, ci sono centinaia di migliaia di vetrine da cui prendere ispirazione.

Possiamo considerare contemporanea e di ricerca una fotografia che sperimenta questi linguaggi? Perché?
Sono linguaggi che, recuperati nella contemporaneità, vengono rinnovati, spesso usati in concomitanza con tecnologie digitali, come faccio anch’io. Una tecnica fotografica antica può essere una fase all’inizio o alla fine di un processo che incorpora intelligenza artificiale, digital painting o animazione. Credo che la ricerca sia individuale, e che trovi compimento nella definizione di un linguaggio adeguato al messaggio. Facendo entrare nel linguaggio una tecnica come la cianotipia si crea un processo più libero, che ammette molti errori e incidenti, e che li incorpora facendone una parte della propria ricchezza.

Marco Rapaccini, “Litorali”, 2023, cianotipia, courtesy galleria Il Meccanico, Verona

L’osservatorio di Officine, con i suoi corsi e molti corsisti, è anche un indicatore sulla direzione della fotografia oggi. Qual è lo stato delle cose? Cosa si coglie di questo linguaggio? Cosa funziona, cosa si cerca oggi dalla fotografia? Quali sono le linee di sviluppo e le potenzialità che vorresti approfondire nel futuro di Officine?
Credo che la fotografia sia l’unione di molti mondi, contigui e sovrapposti, che chiamiamo tutti con lo stesso nome, ma che sono molto diversi tra loro. Non saprei dire che direzione stia prendendo la fotografia nel suo complesso, come principale strumento di creazione delle immagini ho l’impressione che sia fatalmente minacciata dalle nuove tecnologie. Allo stesso tempo, come strumento di comunicazione, si gioverebbe molto di un’alfabetizzazione più profonda sui temi dell’immagine fin dai tempi della scuola. Come disciplina artistica, credo sia in buona salute, grazie anche alle contaminazioni che riesce a integrare facilmente, contaminazioni che anzi creano il terreno più fertile per le potenzialità future, grazie alle quali la fotografia potrà avere, ancora a lungo, molto da dire.

Marco Rapaccini (Roma, 1982) è fotografo e insegnante, si dedica a tempo pieno alla fotografia dal 2006. Tra i fondatori del collettivo fotografico Nove nel 2008, le sue fotografie sono state esposte a FotoGrafia Festival Internazionale (2007, 2008, 2010, 2012), Fotoleggendo (2008) e al Museo di Roma in Trastevere (2009), Ex Gil (2008), Casa del Jazz (2007) e pubblicate in edizioni Postcart e Punctum. È il responsabile delle attività didattiche di Officine Fotografiche dal 2012. Negli ultimi anni si interessa prevalentemente alla ricerca fotografica sul paesaggio e alle tecniche di stampa analogiche e alternative.

Info:

Marco Rapaccini. Litorali
09/03/2024 – 28/04/2024
www.ilmeccanico.org
Via San Vitale 2b, Verona


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