Mr Savethewall. Street Art Is Dead

Continuiamo a parlare di Street Art con questa intervista al discusso post street artist milanese Mr Savethewall, certi che possa essere spunto per una discussione interessante e che possa essere un tassello per un contributo costruttivo al tema della street art in Italia, così poco affrontato, così molto perseguitato ma che, quando serve, diventa utile anche alla pubblica realtà!

Manifesto Street Art Is Dead “La Street Art nasce per strada e in strada è espressa secondo la sua ragione d’essere, oggi Street Art è matura e, se non morta, sicuramente diversa dalle sue origini.I l luogo più autentico per la sua valorizzazione è la strada, il vero museo a cielo aperto Street Art SENZA Street è ‘solo’ Art. Entrare nei musei cambia le regole del gioco, le nuove regole sono quelle del sistema (dell’arte, infatti) “.

Breve BIO  Mr.Savethewall nasce a Como nel 1972. Si definisce un post-street artist che agisce secondo il metodo della deriva e del detournement situazionista per proporre opere che interpretano temi e costumi della società contemporanea. Una “decostruzione e ricostruzione dei codici linguistici” che Mr.Savethewall opera attraverso le modalità e le tecniche di intervento della street art. Come recita il suo pseudonimo, Mr.Savethewall non dipinge sui muri ma li rispetta fissando le sue opere temporaneamente con pezzi di nastro adesivo. Tra le principali personali si ricordano quelle presso il Teatro Sociale di Como (2013), il Festival della lettura di Ivrea (2014), Banca Fideuram di Varese (2014), la Chiesa di San Pietro in Atrio a Como (2015), Mondadori Megastore di Piazza Duomo a Milano (2017). In occasione di Expo 2015, Oscar Farinetti gli commissiona il trittico “L’Italia s’è desta” esposto all’ingresso del Padiglione Eataly nella collettiva “Il tesoro d’Italia” a cura di Vittorio Sgarbi e dal 2016 le sue opere sono esposte nella mostra permanente Art on board a bordo della nave da crociera Ocean Majestic. Le sue opere sono trattate dalla Galleria Deodato Arte di Milano.

Alessia Locatelli: Grazie di questa intervista Prima di tutto vorremmo chiederti se sei stato a vedere la mostra di Banksy  cosa ne pensi.
Non ancora. Banksy al momento l’ho visto “solo” sui muri delle strade.

Alessia Locatelli: Entri nel mondo dell’arte dopo esperienze di altro tipo, molto distanti. Come mai? 
Un’esigenza incontenibile. Un desiderio talmente forte da farmi passare dal pensiero all’azione indipendentemente dal mio lavoro in giacca e cravatta.

Alessia Locatelli: Quali sono i tuoi soggetti e temi? 
Una grande lente di ingrandimento sulle derive della contemporaneità in tutte le sue sfaccettature. Dalla famiglia alla società, dalla politica alla cultura, dalla religione al business… La famiglia del Mulino Bianco, non esiste. Volevo che questo messaggio arrivasse con tutto il peso della sua drammaticità a quante più persone possibile… ed è stato l’inizio.

Alessia Locatelli: Credi che la pratica da te usata del détournement, ti faccia entrare nel solco tracciato da Bansky e prima di lui, in quello della storia dell’arte? Che significati differenti attribuisci ai tuoi détournement rispetto ai collage o alle scanzonate trovate Dada?
Nella mia ricerca, in effetti, posso riscontrare entrambe le matrici. In alcuni casi, soprattutto per l’iconografia, il primo, per certe “operazioni” urbane invece, più Dada… sempre cercando la mia strada. Trarre l’ispirazione da un artista o da un movimento è non dover reinventare la ruota ogni volta. La si usa ma, un bel giorno, si inizia a volare sulle proprie ali.

Alessia Locatelli: Hai creato un manifesto in cui dici che la street art è morta, vuoi raccontarci che concetti contiene ed il senso di questa tua affermazione? Ci aiuti a capire cosa decreta la morte della street art?
La Street Art è matura. Molto diversa oggi dal suo principio. Il Manifesto ha lo scopo di porre un punto fermo. È l’opera che vorrei fosse il riferimento culturale nell’ambito della storia dell’arte per definire lo spartiacque con qualcosa che di fatto è già finito da tempo. Con il manifesto dico sostanzialmente che non basta dipingere su un muro per essere un writer. Puoi semplicemente essere un artista. Se lavori su commissione, se ti fai pagare per il tuo lavoro, se vendi attraverso una galleria, se reputi illegalità e anonimato inutili ed anacronistici… sei altro. Ci sono ancora tuttavia, Writers integralisti, puri, irriducibili. Hanno la mia stima, anche se sono oltre il tempo limite per la storia dell’arte (chi per altro immagino nemmeno gli interessi). Anch’io posso dipingere come un impressionista. Ma “forse” oggi non ha il sapore e l’importanza storica di allora.

Alessia Locatelli: Ti fai chiamare Mr “savethewall” ed i tuoi lavori- manifesti e opere installative- sono affissi in spazi legali e non creati su muro, rinneghi il muro quale supporto “classico” della street art?
Non rinnego il muro, rigetto l’illegalità di un’opera permanente non autorizzata su di un muro. Ma io sono un post street Artist e per me l’illegalità è inutile. Soprattutto non rinnego la strada anche se oggi, i post Street artist utilizzano i mass media come nuova strada.

Alessia Locatelli: Inoltre questa definizione apre al concetto di dialogo con la legalità e quindi con l’istituzione. C’è qualcosa che vorresti che il Comune di Milano facesse cambiasse nel prossimo futuro?
Il dialogo con il Comune di Milano è aperto come con molte realtà virtuose che in Italia hanno saputo valorizzare l’arte murale creando percorsi e recuperi di aree dismesse. Penso che l’opera di informazione su cosa sia writing, Street Art, post Street Art e mero vandalismo sia un primo grande passo. Il resto vien da se perchè a quel punto saranno chiari gli interlocutori e gli obiettivi (base necessaria per ogni progetto).

Alessia Locatelli: Fare affissioni in spazi legali vuol dire avere pagato la tassa di affissione all’ufficio comunale?
Un conto è un’affissione, un conto è prendere un pezzo di cartone dalla strada, decorarlo con il messaggio sociale, rimetterlo dove è stato trovato. Un’affissione pubblicitaria ha delle regole. Usare un pezzo di nastro adesivo non permanente in alternativa ad un graffito (pur bello… ma il bello è soggettivo) è un salto di un ordine di grandezza che induce ogni pubblica amministrazione a non questionare. Anzi. Sono stato preso ad esempio come Writer Gentile.

Alessia Locatelli: Ti definisci un post Street artist e sostieni il valore di questa affermazione attraverso alcuni parametri tra cui l’interessamento e la vendita dei propri lavori, la gestione di questi da parte di un seller o di un gallerista, la ricerca della visibilità strutturata. E l’essere consacrati in un museo come si colloca nella tua idea? 
Per me, come post Street artist, l’essere consacrato in un museo gratifica come un articolo o un servizio televisivo. Sarebbe ipocrita sostenere il contrario.

Alessia Locatelli: Tutti finiscono allora con l’essere post street artsit se vogliono vivere della loro arte?
La questione per un Writer nemmeno si pone. Il “writer” rappresenta il puro, l’integralista senza volto che crede nella “street way of life” al punto da farne una filosofia di vita. Per questo dico che non si pone nemmeno la questione e mai se la porrà per via di questo suo credo irriducibile, senza prezzo. Detesta e odia colui che si vende al mercato dell’arte. É gente che non “tradirà” mai la propria vocazione in virtù di un compenso, di un accordo con l’autorità (qualunque forma essa assuma, dall’art system alla pubblica amministrazione, al privato). L’artista di strada, invece, pur partendo con una spinta autentica, si lascia fascinare dalla possibilità di avere successo, di guadagnare (anche a discapito dell’anonimato, tante volte) e anzi, uscire allo scoperto diventa qualcosa di più soddisfacente che continuare ad agire nell’underground. Non so se sono riuscito a spiegarti perché ho usato l’espressione “writer”, soprattutto in Italia c’è una certa differenza anche con lo street Artist, ma sono certo di sì (non perché io sia stato particolarmente bravo bensì perché tu conosci benissimo ciò di cui sto parlando)

Alessia Locatelli: Il manifesto ti ha creato dei problemi con gli Street artists italiani? C’è qualcosa che vorresti dire loro, anche per lanciare attraverso queste pagine on-line un dibattito sul tema della street art italiana?
Penso che finalmente pace è fatta. Ho ricevuto minacce e insulti per la mia scelta già 5 anni fa quando ho dichiarato di essere io Mr. Savethewall e di fare della mia arte il mio lavoro. Ho cercato di spiegare allora in modo inefficace quello che oggi son certo passerà più chiaramente con questo manifesto. Il post Street artist, viene dopo e vende, non è anonimo, non è illegale… ecc. Quello che voglio dire a loro è solo questo.

Alessia Locatelli: Quanto credi sia necessario oggi che l’arte parli al contemporaneo, anche attraverso lo spazio urbano?
Non è necessario ma deve essere possibile. Questo già succede ed è spesso molto gradevole: penso a quante pareti cieche in tutto il mondo oggi non sono più inguardabili, quanti spazi degradati sono riqualificati grazie a questo dialogo istituzione-(street)artista e quindi tra spazio urbano-arte pubblica.

Alessia Locatelli: Come vedi il futuro della street art, ora che è stata inglobata dal mercato facendo salire i prezzi dei suoi migliori autori al livello dei grandi nomi della storia dell’arte e confondendo molto la qualità del messaggio degli Artisti che propone?
Non so se sia vero che abbia fatto salire i prezzi dei suoi migliori autori, comunque, il futuro è roseo per gli artisti che lo sapranno anticipare e per chi prima degli altri, riuscendolo a vedere, lo farà vedere anche agli altri. Questo almeno dal mio punto di vista.

Alessia Locatelli: Il tuo prossimo progetto in cantiere?
È un doppio progetto, coerente con la mia ricerca e anche con questo manifesto e spero di potertene parlare quando sarà strutturato al punto giusto.


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