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op.cit: da A plus A quattro artisti riflettono sul concetto di citazione

Il filosofo Walter Benjamin, che per tutta la sua vita ha perseguito l’idea di scrivere un’opera fatta esclusivamente di citazioni, Passagenwerk, sosteneva che la citazione non fosse necessariamente un ritorno al passato, quanto piuttosto un modo per ricontestualizzare oggetti storici e formule antiche nella contemporaneità.

Allo stesso modo, le opere esposte in op.cit, mostra collettiva visitabile fino al 31 gennaio 2021 alla galleria veneziana A plus A, sono dense di richiami e immagini, che sradicati dall’originale contesto, si ritrovano a dialogare pur appartenendo a diverse generazioni, così creando costellazioni di nuovi possibili significati. La citazione è infatti il leitmotiv che accomuna gli artisti Paola Angelini, Luca De Angelis, Agnese Guido ed Ella Walker. Tutti e quattro scelgono la figurazione pittorica come mezzo per raccontare atmosfere surreali e miti antichi, sebbene le loro pratiche artistiche si collochino in universi a sé stanti.

La produzione artistica di Paola Angelini è colma di riferimenti: dalla storia dell’arte, alla sua biografia, al suo archivio interiore. Già in Danza Macabra a testa in giù è possibile notare il classico topos tardomedievale della danza catartica contro la morte, mentre le sculture in primo piano ricordano quelle dell’artista Pericle Fazzini. Angelini utilizza inoltre una tecnica pittorica antica, che prevede l’uso della colla di coniglio per stratificare la superficie della tela. Questa, che talvolta appare crepata, fa trasparire i segni di una pittura lenta, che lascia il tempo di sedimentarsi alle pennellate così come ai pensieri. Quelli di Angelini sono infatti racconti spezzati, interrotti, non finiti. L’artista stessa afferma di concludere spesso un dipinto solo dopo averne iniziato un altro. La fine del mondo rappresentata da Angelini sembra in qualche modo ricollegarsi a quella evocata da Benjamin nelle Tesi sulla Filosofia della Storia, dove con la frase “une citation à l’ordre du jour” egli affermava come il passato si lascia fissare solo nell’immagine che appare una volta per tutte nell’istante della sua alienazione, cioè nel giorno del Giudizio Universale. Questo particolare modo di entrare in relazione col passato costituisce senz’altro una possibile chiave di lettura per questa mostra.

I dipinti di Luca De Angelis citano anch’essi generi cardine della storia dell’arte, come il ritratto e il paesaggio, mescolandoli insieme. Una pittura densa, “grumosa”, stratificata, spesso fatta di colori complementari, indaga il rapporto tra uomo e natura. Le figure lunari di De Angelis si mimetizzano in una vegetazione quasi aliena, in cui un paesaggio sottomarino sembra trasformarsi in una giungla.

Penso invece al surrealismo quando guardo gli oggetti umanizzati dei dipinti di Agnese Guido, che sebbene riportino alla mente la dimensione del sogno, non raccontano di chimere, ma del lato oscuro e paradossale del quotidiano. La sua pittura narra del legame che abbiamo con le cose, dei nostri vizi e dei nostri istinti più incontrollati, ma con un gusto ironico e leggero.

Nelle opere di Ella Walker, è evidente il rimando all’iconografia medievale. Questa è visibile non soltanto nel caratteristico formato di alcune tele, che ricordano gli stendardi medievali, ma anche nella tecnica pittorica piatta e bidimensionale. Anche le figure sembrano richiamare spesso personaggi della storia dell’arte, come il mito, più volte soggetto di rappresentazioni pittoriche, di Giuditta con la testa di Oloferne in He seems made of stone o l’angelo della Cacciata dal Paradiso Terrestre di Masaccio in Exalt. Nei dipinti della Walker spesso emergono frammenti di figure i cui corpi sembrano essere stati cancellati. Una mano, dei piedi, una testa, affiorano sulla superficie pittorica, spettrali e sospesi. Il loro scopo è vago, ma ricorda oggetti di scena provenienti da storie sconosciute.

Rilevante è inoltre il percorso espositivo studiato per la mostra, che nella sua circolarità, permette di scorgere l’inizio una volta arrivati alla fine. Quest’idea di circolarità appare intrinseca al concetto stesso di citazione. Utilizzando una citazione infatti, si ha il potere di aprire un circuito di rimandi che non rispetta necessariamente un ordine lineare. Questi riferimenti emergono piuttosto da una dimensione temporale istantanea e puntuale che si basa sul potere liberatore del ricordo. E solo in questo modo, lo spettatore è libero di cogliere le potenziali relazioni all’interno del percorso espositivo.

Marina Silvello

Info:

www.aplusa.it

Op. Cit. Installation view, A plus A, 2020Op. Cit. Installation view A plus A Gallery, Venice. A sinistra: Luca De Angelis Untitled, 2020, oil on linen, 170 x 130 cm; a destra: Ella Walker He seems made of stone, 2020, acrylic on canvas, 100 x 210 cm

Agnese Guido, The raw leaf and the chewing gum, 2019, gouache on paper, 31x 24 cm

Paola Angelini, Danza Macabra a testa in giù, 2020, mixed media on canvas, 160 x 200 cm


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