Tino Sehgal. Constructed Situations

Classe 1976, il giovane artista di origine indiana Tino Sehgal, nato in Inghilterra ma cresciuto in Germania, non è solo un performer bensì anche un direttore d’orchestra e un visionario. La sua operazione innovativa consiste nel ricreare e plasmare una vera e propria situazione, in cui egli lavora a cavallo tra l’essere artisti e allo stesso tempo curatori e spettatori. Se è vero che «la vita si presenta come una immensa accumulazione di spettacoli»[1], allora a Sehgal non resta che ricalcare e riprendere dei semplici momenti in cui il fruitore deve solo godersi la scena.

Le opere di Tino Sehgal esulano dal semplice concetto di performance, le sue sono Costructed Situations, ovvero un misto tra la realtà e quella che Borges definisce «l’irrealtà», che è condizione stessa dell’arte.[2] Nella sua rassegna poetica l’artista seleziona un momento qualunque di un giorno qualsiasi e ricrea una azione, inserisce dunque nella più semplice quotidianità un’operazione surreale e diversa dal solito. Sotto forma di sfida, l’artista vuole comprendere la reazione dello spettatore di fronte ad avvenimenti inusuali.

Si pensi a The kiss (2007) presentata al Contemporary Museum di Chicago. Durante una normale visita al museo statunitense, d’un tratto i corpi di due ballerini rotolandosi a terra si fondono in una serie di “baci unici” che celebrano la storia dell’arte – da Antonio Canova ad Auguste Rodin, da Gustav Klimt da Jeff Koons –, un omaggio al passato suggellato da un vento di contemporaneità, interpretazione e originalità.

Sempre dello stesso anno, ha luogo la performance This Success / This Failure. Un lavoro che ci propone un gioco di prospettive. Spesso i bambini vengono criticati per aver fatto qualcosa di errato, ma in fondo chi siamo noi per ritenere cosa sia giusto o sbagliato? Ebbene, Sehgal inverte i ruoli e in questa performance  sono proprio i più piccoli a decidere dopo aver ascoltato una conversazione tra adulti,  chi ha torto e chi  ragione.

Il problema che sussiste nelle sue opere o meglio nelle sue creazioni è però uno solo: la mancata riproducibilità. Tutti i lavori di Sehgal infatti non possono essere registrati, né tantomeno riprodotti senza il suo consenso. Egli spiega che a spingere questa sua decisione è stato più di tutti il desiderio di far entrare lo spettatore direttamente negli occhi e negli intenti dell’artista. Senza filtri o tecnologie. “Non sono mai stato appassionato di tecnologia e non credo che la tecnologia possa essere più potente di qualcuno che ti guarda negli occhi”.[3]

È il contatto che si manifesta come il solo e unico protagonista nella sua arte. Le opere sono coreografie di corpi dove Sehgal è il regista teatrale: sul palco ci siamo solo noi e gli altri. Qual è però il grande rischio dell’artista contemporaneo? Quello che un giorno lui e la sua arte possano essere rimossi.  Tino Sehgal è forse affetto da Athazagorafobia? (Ovvero dalla paura di essere dimenticati). L’artista risponde a questa domanda mettendoci di fronte all’idea che i suoi lavori possono cancellarsi nel tempo senza però essere mai distrutti veramente. Appartengono a tutti e a nessuno.

Tino Sehgal è stato rivoluzionario nel dematerializzare l’arte, facendoci riflettere su cosa sia l’arte, su chi la crea e chi la possiede. Questo progetto ha lo scopo di spingere queste idee oltre[4], dichiarava il curatore Francesco Bonami nel 2016 in occasione della retrospettiva a lui dedicata presso la galleria Nahmad Projects di Mayfar, Londra. La performance I am NOT Tino Sehgal, vuole riflettere proprio sui punti salenti della poetica dell’artista di origini londinese sviscerandone le tematiche e i messaggi. Sempre Bonami afferma: “Se i lavori di Tino Sehgal sono ‘situazioni costruite’, I am NOT Tino Sehgal sarà un esercizio di decostruzione di questa idea per vedere dove andrebbe a finire, se mai ci fosse una fine.[5] Il tentativo del curatore è proprio quello di comprendere fino a che punto possa spingersi la permissività della sperimentazione e il mercato dell’arte.

E in effetti sorge spontaneo chiedersi che ruolo svolga l’interesse economico nelle opere di Sehgal. L’artista è solito effettuare operazioni di compravendita utilizzando una stretta di mano. Ebbene sì, non sussiste alcun contratto ed è concessa solo la presenza di un notaio, mentre le istruzioni per far sì che le proprie performances possano essere riprodotte vengono descritte solo oralmente.  Se l’unico mezzo di condivisione e poesia sarà la parola come una sorta di aedo 2.0, quel che è certo però è che Sehgal non è nuovo a continui attacchi e polemiche burocratiche.[6]

Ilaria Ferretti

[1] Guy Debord, La società dello spettacolo, Milano, Baldini Castoldi Dalai editore, 2008, p. 53.

[2] Jorge Luis Borges, Finzioni, 2003, p. 134

[3] Aska News , https://www.youtube.com/watch?v=gvNX8zXKdRk

[4] http://atpdiary.com/i-am-not-tino-sehgal-nahmad-projects/

[5] http://atpdiary.com/i-am-not-tino-sehgal-nahmad-projects/

[6] Per approfondire https://www.globartmag.com/2011/01/26/tino-segahl-opere-performance-centro-pompidou/

Still from Tino Sehgal’s The Kiss at the Guggenheim Museum, 2010. Image via Flickr

Tino Sehgal, This success/This failure, 2018, courtesy Kunsten Museum of Modern Art Aalborg

Tino Sehgal, I am NOT tino sehgal, Installation view, Nahmad Projects, London, 2016I am NOT Tino Sehgal, installation view, Nahmad Projects, London, 2016

I am NOT Tino Sehgal, installation view, Nahmad Projects, London, 2016

I am NOT Tino Sehgal, installation view, Nahmad Projects, London, 2016


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