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Riflessioni su “HOT SPOT– Caring for a Burning World”

Per intuire ciò che è altro dal reale bisogna che l’occhio sia portato, attraverso un atto di coscienza, a “visualizzare” un concetto che determini una nuova forma di riflessione. Se percepire, concepire e immaginare sono i tre elementi attraverso i quali si delineano i caratteri di un fenomeno, per arrivare ad avere una coscienza più verosimile di una totalità Altra, dobbiamo moltiplicare i possibili punti di vista. Finora, si è stati soliti considerare la Natura come una forza benefica alle cui risorse l’umano poteva attingere poiché, grazie a essa, «ogni genere di viventi viene concepito e giunge a visitare, una volta nato, i lumi del sole»[1]. Con l’Era post-moderna l’approccio scientifico-tecnologico è andato via via a distogliere l’attenzione dell’essere umano da quello spirituale ed esistenziale proprio dell’elemento naturale. Considerare una realtà altra dal proprio Io, rinunciando all’idea del progresso moderno, significherebbe per l’umano non solo accettare la sua naturale finitezza, ma anche «tornare a vivere immortalmente attraverso la Vita della Natura»[2], raggiungendo poi un equilibrio con essa.

HOT SPOT – Caring for a Burning World, veduta della mostra, La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma, 2022. Ph. Adriano Mura, courtesy La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

Alla base di quanto sopra, la collettiva “HOT SPOT – Caring for a Burning World”, curata da Gerardo Mosquera per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, raccoglie le opere di 26 artisti e mira a stimolare la genesi di questa stessa riflessione. Sebbene si tratti di un argomento strettamente contemporaneo, il dibattito in merito alle cause che generano i cambiamenti climatici non sempre lascia spazio a una presa di responsabilità o di coscienza nei confronti della condizione del pianeta Terra. Piuttosto, questo insidia nell’umano un senso di alienazione, scaturito proprio dalla volontà di dominarlo, che si manifesta ciclicamente nel corso della storia come effetto rebound dei grandi progressi tecnologici. Di contro, è anche vero che trasformare l’argomento di riflessione, per mezzo dell’opera d’arte, da un’allarmante denuncia politica a un ragionamento più critico o un attivismo più estetico, lascia spazio a una più ampia pluralità di interpretazione. L’opera di apertura della mostra, “Hot Spot III”, di Mona Hatoum, un monumentale emisfero di ferro e neon rosso, gira su sé stesso al centro della sala principale della Galleria romana come simbolo concreto di quanto i conflitti della società moderna stiano provocando un inevitabile disastro ambientale. L’atto dirompente di azione-reazione viene amplificato dall’opera “Flooded” di Kim Juree, dove un’architettura di argilla si dissolve lentamente, assoggettata dalla forza dell’acqua. Se da un lato nel lavoro di Juree l’elemento acqueo scioglie la materia artificiale, nell’opera site-specific di Sandra Cinto, “Notte di Speranza”, crea una cosmologia liquida che, sospesa, fluttua luminosa in un firmamento oscuro.

HOT SPOT – Caring for a Burning World, veduta della mostra, La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma, 2022. Ph. Adriano Mura, courtesy La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

Il senso di alienazione profonda è vissuto da parte dell’individuo, non tanto nel veder disintegrato il suo habitat, quanto più nella sua consapevole incapacità di poter frenare il proprio desiderio di onnipotenza. L’allontanamento dalla naturalità e dalla spiritualità – da non intendere espressamente in chiave religiosa – a favore di un “progresso” tecno-scientifico, o anche concettuale, crea nell’umano l’illusione menzognera di sfuggire alla morte e al suo eterno ritorno. Emblematica è, infatti, l’opera filmica del duo Ibeyi. Le artiste, stese a terra, invocano Ochùn – divinità del fiume – in un canto melodico. Questa le sommerge dolcemente nelle sue acque in un lento e ineluttabile ritorno archetipo dalla terra all’acqua. Appartato e più nascosto è invece il video “O Peixe” di Jonathas De Andrade, nel quale l’empatia umana si trasforma nell’immagine inquietante e oscura di un pescatore che abbraccia un pesce appena pescato. Il calore e l’attaccamento del gesto d’amore diventano così un’arma crudele che lascia agonizzare la creatura marina in fin di vita. L’opera toccante di De Andrade genera nel fruitore un’ulteriore riflessione: e se l’inquietudine più profonda fosse proprio generata dalla consapevolezza della propria natura irrequieta? L’atto di coscienza è intrinsecamente portatore di un contenuto immediatamente certo: la sua essenza, la stessa che è uguale per tutti gli esseri umani, l’indifferenza ineluttabile della Natura.

HOT SPOT – Caring for a Burning World, veduta della mostra, La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma, 2022. Ph. Adriano Mura, courtesy La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

La refrattarietà della natura alle personalizzazioni, e la sua irriducibile alterità nei confronti dell’umano sono ben chiarite da John Baldessari. Nel video “Teaching A Plant the Alphabet”, 1972, la mano dell’artista californiano prova a nutrire un fiore con le lettere dell’alfabeto scritte su piccoli pezzi di carta. In sottofondo, i suoni delle lettere che si succedono man mano sono destinati a non trovare risposta, e a perdersi nel vuoto come un’eco. La formalizzazione logico-linguistica, concretizzatasi nell’alfabeto, è dunque incompatibile con il fiore, simbolo di un concetto, quello di natura, altrettanto sfuggente e ingannevole in quanto anch’esso frutto del processo astrattivo e generalizzante attuato dall’umano. La natura è indifferente agli esseri umani, e lo è, in ultima analisi, perché non esiste, se non come somma di caratteri, come media statistica illusoria. La natura è una menzogna necessaria, una bugia utile all’umano che trova, nella presunzione di assoggettare e sottomettere l’insieme dei fenomeni a un senso ultimo, una strategia di fuga dall’inutilità della sua esistenza.

[1] Lucrezio, De Rerum Natura, Della Natura delle cose, vv 6-7, trad. Alessandro Marchetti, 1975, Giulio Einaudi Editore, Torino.
[2] Vale Palmi, L’Aldilà è un Angolo stretto. Oltre morte dell’arte contemporanea, p.245, Edizioni Pendragon, Bologna.

Info:

AA.VV., HOT SPOT– Caring for a Burning World
a cura di Gerardo Mosquera
24/10/2022 – 26/02/2023
La Galleria Nazionale
viale delle Belle Arti 131, Roma
lagallerianazionale.com


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