Studio visit #3: Elisa Cella

Artista genovese, vive e lavora a Monza. Attiva dal 2001, Elisa Cella ha avuto le sue ultime personali alla Galleria Villa Contemporanea di Monza e a Spazio Azimut di Brescia, in collaborazione con Galleria E3 Arte Contemporanea. È stata finalista al premio Combat, al premio Celeste e all’European Arteam Prize. Le sue opere sono in permanenza al MAC di Lissone (MB) e nella Civica Raccolta del Disegno di Salò (BS). Tra le prossime esposizioni: “Nudo e figura” alla Torre Viscontea di Lecco a cura di Simona Bartolena ed Armando Fettolini, e in autunno una mostra panoramica sulla giovane pittura italiana curata da Vanni Cuoghi alla Fondazione Balestra a Longiano (FC).

Erika Lacava: Mi raccontavi che attualmente non hai uno studio, a differenza di qualche anno fa. Come è cambiato il tuo lavoro in termini di ispirazione, concentrazione, volumi o temi rispetto a quando avevi uno studio?
Elisa Cella: In passato ho avuto uno studio a Milano e negli ultimi anni ho cambiato diverse case prima dell’attuale, ma in tutte (compresa la casa in montagna!) mi sono ritagliata lo spazio per uno studio. Lo studio crea un’unità di lavoro: è insieme magazzino, luogo di progettazione, luogo di lavoro e di esposizione. In questa casa ho avuto a disposizione uno spazio molto grande da usare come studio, ma purtroppo ora è in affitto. Lo potrò riavere a metà luglio di quest’anno. Attualmente la mancanza di uno spazio dedicato ha creato una dispersione del lavoro. Ho spostato in un box la grande cassettiera con i disegni vecchi, con cui ho iniziato il mio percorso d’artista, ed i quadri imballati, separandomi così dal mio passato. Qui tutta la casa è studio: colori e fogli sono ordinati in due cassettiere nel corridoio, in soggiorno c’è un cavalletto per lavorare, nella veranda c’è lo spazio per far asciugare i lavori, su tutte le pareti – a parte le stanze – ci sono opere appese, nella libreria c’è una sezione libri d’arte e cataloghi. Era inevitabile mischiare vita e arte.

E.L.: Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa scelta?
E.C.: Indubbiamente è vantaggioso il poter lavorare sempre, appena ho due minuti a disposizione, ma tra gli svantaggi c’è l’angoscia che il lavoro si possa rovinare accidentalmente, soprattutto con i bambini in casa. Una volta mi è saltato il gatto sul cavalletto rovinando il quadro bagnato! (ride). Anche lavorare sulle grandi dimensioni è più complicato. Prima potevo fare dei modellini grandi e lasciarli per terra, mentre ora li devo piegare e mettere via, poi di nuovo riaprire, ripiegare e ordinare. È faticoso fisicamente e mentalmente, un inutile dispendio di energie. Ma dopo un po’ mi sono abituata, acquisendo un altro modo di lavorare. Prima sapevo che potevo andare avanti dal punto in cui avevo lasciato, ora invece c’è un tempo di mezzo che è il tempo dell’altro, del quotidiano, prima di tornare a lavorare sul posto. Lo spazio fisico è anche mentale: entrando in studio varchi una soglia dove ti attende uno spazio protetto, in tutti i sensi.

E.L. Le tue opere spaziano dalla pittura, alla scultura, all’installazione, passando dalla tela, al ferro, al plexiglas. Qual è stato il tuo percorso evolutivo?
E.C.: Ho iniziato disegnando su carta, poi sono passata alla pittura su tela fino a che Maurizio Caldirola mi ha chiesto per una mostra con l’associazione M.AR.CO di Monza un’opera in tempi da record, in due settimane. Così ho realizzato la mia prima installazione a rondelle su pavimento, a cui è seguita la scultura a terra da Villa Contemporanea per la collettiva “Estetica Matematica”, un neurone realizzato con tubi tagliati, saldati e verniciati. Poi sono passata alla lavorazione con plexiglas, trasparente e quindi più leggero visivamente. Il ferro è un materiale pesante ma anche in quel caso le opere sembrano leggere perché sono traforate e sono sospese, e la luce creando ombre crea leggerezza. Così ho iniziato ad abitare lo spazio in maniera differente.

E.L.: Qual è il tuo metodo di lavoro e che materiali si trovano oggi in casa tua?
E.C.: Il mio metodo di lavoro prevede dei tempi di realizzazione abbastanza lunghi. Nel tempo in cui porto a termine un lavoro inizio già a progettare quello successivo. Spesso lavoro per serie e macroserie: inizio da disegni, lascio decantare l’idea e se mi convince la realizzo. Creo in genere un quadro piccolo o più di uno, poi una serie di quadri più grandi. Poi mi interrompo e magari riprendo in mano delle serie precedenti. Nel cassetto ho sempre dei progetti di lavori che prima o poi verranno realizzati. Anche per le sculture e le installazioni, il lavoro è lo stesso: quello che realizzo in studio è un lavoro preparatorio. Progetto le sculture e le installazioni al pc e realizzo il disegno sulla base del quale verranno realizzati i pezzi componibili, che poi saranno installati direttamente in ambiente. La lavorazione con ferro e plexiglas è demandata ad altri perché richiede competenze ed un laboratorio apposito che al momento non ho. Per un’opera in ferro ho dovuto limare le imperfezioni sul terrazzo… Ora sto aspettando di avere lo studio libero per imparare a saldare personalmente.

E.L.: Domanda di rito: come hai vissuto il periodo di lockdown dal punto di vista artistico?
E.C.: Ho lavorato meno per questioni organizzativo-familiari. Mi è mancata la solitudine del lavoro, ma ho comunque dipinto. Ho finito un quadro e ne ho realizzato un altro. Poi ho portato avanti un progetto a cui stavo pensando da tempo con forme biologiche di virus e batteri portatori di malattie devastanti, che visti al microscopio sono invece decisamente belli. In questo progetto è naturalmente entrato anche il Sars-Cov-2, il virus della pandemia che stiamo vivendo. Sto raccogliendo immagini da un po’ di tempo e prima o poi troverò la chiave di una nuova serie.

Info:

www.elisacella.it

Elisa Cella al lavoro nel suo studio

Lo studio di Elisa Cella

Elisa Cella studioLo studio di Elisa Cella (dettaglio)

Elisa Cella, Rondelle su pavimento, 200 x 200 cm, 2016, M.AR.CO. Monza


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