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Tempo Reale. Luca Lupi in mostra a Sarzana

Tempo Reale. Luca Lupi in mostra a Sarzana

La complessità linguistica, doverosa invero, persistente nella fotografia e intorno alla fotografia coglie una ragione identitaria allargata dal medium all’autore per poi ritornare prepotentemente sullo strumento, capace di deflagrare un lemmario di ricerca pressoché infinito [1]. La portata lessicale, occulta dietro uno specchio di pura estetica, ha una modulazione amletica. Parlando di fotografia, ormai felicemente interpretabile come “evento”, è chiaro notare quanto la sua natura sia sospesa, a metà strada tra il soggetto-oggetto e la sua rappresentazione.

Con questa premessa si accoglie con riverbero satisfattorio la mostra Esposizione di Luca Lupi presso la galleria Cardelli & Fontana di Sarzana, curata da Ilaria Mariotti, in programma dal 10 aprile al 15 maggio 2021. L’evoluzione di Lupi dipende certamente dalla sua relazione con il paesaggio, soggetto trasceso per annullamento, o meglio per “differenza”: venendo meno la fruizione abituale, date le difficoltà ben note del 2020, periodo di maturazione di quasi tutte le opere in mostra, il fotografo toscano ha portato la sua ricerca a un minimalismo estremo, capiente di tutta la sublimazione visiva a favore di una osservazione processuale. Il paesaggio è un evento, anzi un medium, parafrasando William J. T. Mitchell [2], non può essere oggetto autonomo, “cosa”, e non può essere rappresentato nella sua dimensione temporale, tutt’al più interpretato.

Puntualizzando, il passaggio formale di Lupi da una fotografia riconoscibile per quanto assolutista [3] a un’analisi mediale dai risultati semantici plurimi, è sintomatico di un percorso informale europeo, dalle avanguardie all’attuale momento storico, mai privato di una scintilla sentimentale e trascendente, fatto ben esposto dal Rosenblum nel suo assunto teorico interprete di una continuità romantica tra il XIX e il XX secolo europeista [4].

Epigone di una tradizione pittorica, la fotografia, sia quando manifesta un’eloquenza icastica, sia quando riflette una purezza filologica, non è mai stata immune alla lettura spirituale, piuttosto è stata innesco di una coscienza collettiva sulla a-temporalità dell’immagine e cartina al tornasole esistenziale di materia e memoria [5] attraverso la luce. È evidente la portata romantica degli artisti attuali, ovvero i più efficaci a esuberare l’estetica a un livello postmediale e coinvolgente per il fruitore, il quale, nella condivisione ontologica ed emozionale, co-partecipa alla resa finale dell’opera. In questo senso, discostandosi dall’individualismo del pittore romantico classico, nella nostra epoca possiamo parlare di Romanticismo Relazionale.

Pertinente è l’operato di Luca Lupi; la transitorietà temporale del paesaggio, già presente in lavori categorizzati dall’autore come Spazi (2010-2012), che puntualmente la curatrice Mariotti compendia alla mostra in un’accennata e delicata proposta narrativa, o nei Trittici-Time (2011-2014), resiste nelle geometrie cromatiche delle sue recentissime Esposizioni (2020) cui, in virtù dell’erosione fisica della luce sul supporto di carta, restituiscono una distanza nostalgica (di matrice romantica) allo spettatore, attivo in una risposta gnoseologica infarcita di immagine e memoria [6].

Interessante e ulteriormente esplicante è la medesima attitudine al grafismo dei romantici del passato e del presente, pure persistente in tutta l’opera del Lupi. Grafico, essenziale, “scheletrico”: l’immagine perfetta della sospensione, a metà strada tra la sostanza (oggetto) e il pensiero (rappresentazione) [7].

Questa riduzione è dovuta alla forte presenza temporale, succitata, del lavoro di Lupi; qui il tempo è la “differenza”, tra la realtà e la mise en scène, è il “levare” michelangiolesco [8] capace di rendere la fotografia una scultura, un evento “fisico”, eppure di straordinario conforto metafisico, vacuo e tautologico [9].

Luca Sposato

Note

[1] Un testo fondamentale a saggiare la gamma dialettica offerta dallo strumento fotografico, incentrata nella casistica del binomio individuo-ambiente, è una pubblicazione curata da Roberta Valtorta, la quale nota con esattezza, subito dopo aver citato il felice termine di «catastrofe semantica» di Franco Vaccari: «La fotografia assume così il significato di un’esperienza nei riguardi del mondo esterno, con una più forte convinzione e un’intenzionalità più cosciente anche da parte dei fotografi, appunto, e non più solo degli artisti (la distinzione tra “artisti che usano la fotografia” e “fotografi artisti” è durata a lungo e forse in parte dura ancora, anche se, proprio dagli anni Ottanta in avanti, il processo di compenetrazione tra i media ha corroso progressivamente questa storica distinzione, peraltro ancora meritevole di essere indagata).» nutrendo ulteriormente gli scenari con la questione ancora sospesa tra arte e fotografia. Cfr. R. VALTORTA, «In cerca di luoghi (non si trattava solo di paesaggio)», in R. VALTORTA (a cura di), Luogo e identità nella fotografia italiana contemporanea, Einaudi, Torino, 2013, p. 8.

[2] Autore spesso citato da Pietro Gaglianò, critico e ricercatore d’arte nel cui percorso ha spesso affrontato il tema delle libertà individuali a confronto con le estetiche del potere nella pratica artistica; il Mitchell veniva ripreso in un testo critico per una collettiva che coinvolgeva lo stesso Lupi. Cfr. W. J. T. MITCHELL, «Imperial landscape», in W. J. T. MITCHELL (a cura di), Landscape and Power, The University of Chicago Press, Chicago –Londra, 1994-2002, p. 7.

[3] Cifra di Luca Lupi è una lettura del circostante con sguardo morigerato ma potente, capace di deformare minimi riferimenti ravvisabili in apparati di supporto per il vuoto. La ricerca cromatica visiva si è evoluta in un processo empirico sul colore e la luce, restituendo geometrie suprematiste in totale armonia con il lavoro precedente: se da fotografo la presenza autoriale era annullata da una distanza geofisica, in Esposizioni l’intervento dell’autore è ridotto anche nella sua fisicità, affidando il processo agli elementi naturali.

[4] Testo raramente citato, nonostante l’accostamento del titolo sia diventato un’icona critica: da Giorgio Agnisola alla stessa Ilaria Mariotti, non sono poche le voci che accolgono questa «Alfa e Omega» pittorica oltre a una riflessione mistica del contemporaneo. Vedi R. ROSENBLUM, La pittura moderna e la tradizione romantica del nord da Friedrich a Rothko, 5 Continents Editions, Milano, 2006.

[5] Il riferimento al saggio di Bergson è puramente voluto.

[6] Interessante, alla luce di questa proposta materica e crono-attiva, la rilettura del pensiero di Franco Vaccari, suggestivamente ravvicinabile all’evoluzione dell’artista di Pontedera, notando, tra l’altro, l’assonanza tra Esposizione di Lupi e l’intervento alla Biennale del 1972 Esposizione in Tempo reale di Vaccari: «Quell’hic et nunc che mai prima della fotografia aveva lasciato traccia, per mezzo di essa viene formalizzato nel fotogramma e accede così alla visibilità e alla memoria. Ma se, come abbiamo detto, l’irripetibile è ciò che per definizione non trova posto nella serie, è l’irriducibile alla Storia, è il buco nella struttura, l’occhio fotografico fissa sempre un’assenza, un’assenza che chiede di essere interrogata, e la storia che esso contempla è una storia di vuoti e di fenditure, di squarci nel senso, l’unica vera storia che per mezzo della fotografia si può edificare non può essere che la storia del suo stesso sguardo.» Cfr. F. VACCARI, «Archeologia dello sguardo», in R. VALTORTA (a cura di), Franco Vaccari. Fotografia e inconscio tecnologico, Einaudi, Torino, 2011, p. 76.

[7] Sempre in Robert Rosenblum, si rimanda all’efficacia della sintesi intrapresa da Mondrian: «Come Friedrich, Mondrian sembra essere alla ricerca dello scheletro misterioso della natura, rinunciando alla materia a favore del vuoto immenso e rivelando al di sotto della superficie del mondo visibile una struttura unificante di chiarezza elementare e quasi geometrica». Cfr. R. SOSEMBLUM, op. cit., p. 193.

[8] Questione ben suggerita da Mariotti nel testo critico della mostra, cui vale la pena aggiungere la riflessione di László Moholy-Nagy sulla potenzialità insita nel medium stesso, ben riportata nella pubblicazione di Clément Chéroux. Cfr. C. CHÉROUX, L’errore fotografico, Einaudi, Torino, 2009, pp. 62-69.

[9] Impossibile non citare Barthes, probabilmente il più acuto scritto sulla fotografia e forse dello stesso semiologo francese. Vedi R. BARTHES, La camera chiara. Nota sulla fotografia, Einaudi, 1980-1992.

Info:

Luca Lupi. Esposizione
a cura di Ilaria Mariotti
fino al 15 maggio 2021
CARDELLI & FONTANA artecontemporanea
via di Torrione Stella Nord, 5, 19038, Sarzana (SP)
orario: martedì/sabato 9.30-12.30  16.30-19.30   lunedì 16.30-19.30
T/F (+39) 0187 626374– galleria@cardelliefontana.com – www.cardelliefontana.com

Luca Lupi, Esposizione, installation view at CARDELLI & FONTANA artecontemporanea

Luca Lupi, Esposizione XXIII, 2020, luce su carta, cm 50 x 70, courtesy CARDELLI & FONTANA artecontemporanea

Luca Lupi, Esposizione, installation view at CARDELLI & FONTANA artecontemporanea

Luca Lupi, Esposizione, installation view at CARDELLI & FONTANA artecontemporanea

Luca Lupi, Esposizione, installation view at CARDELLI & FONTANA artecontemporanea

Luca Lupi, Espozione LVIII, 2021, luce su carta, cm 100 x 80, courtesy CARDELLI & FONTANA artecontemporanea


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