3 Body Configurations

In un momento storico dove si parla di body shaming, si teorizza lo xenofemmismo e l’immagine del sé viene continuamente interrogata e violata attraverso la bulimia digitale dei social ha un grande valore riflettere sul senso della propria identità (sempre più fluida e obliqua) e quindi sul proprio corpo e sulle relazioni che intercorrono tra noi e il mondo.

In questa riflessione, dove parole e pensieri confusi spesso si sprecano arrecando danni all’informazione, l’arte può quantomeno essere un importante stimolo di studio. Esemplare la mostra “3 Body Configurations” a cura di Fabiola Naldi e Maura Pozzati alla Fondazione del Monte di Bologna, presentata come uno dei Main Project dell’edizione 2020 di Art City in occasione di Arte Fiera.

3 Body Configurations” si snoda attraverso un secolo di storia, il Novecento, periodo nel quale le artiste donne hanno messo in campo urgenze e ricerche molto impattanti e importanti, Claude Cahun, VALIE EXPORT e Ottonella Mocellin ce lo raccontano in questo percorso espositivo, incontrandosi a distanza di generazioni attraverso l’utilizzo di dispositivi extra artistici quali il corpo, la fotografia e la performance. La mostra non deve essere letta unicamente secondo un contesto femminista, ma come manifesto universale e silenzioso che ci indica possibili modi di intendere l’Io e l’altro da noi.

La mostra offre la possibilità di vedere per la prima volta in Italia un’attenta selezione di opere fotografiche di Claude Cahun (grazie alla collaborazione con Jersey Heritage Collection), un’altrettanto significativa selezione di opere fotografiche di VALIE EXPORT (grazie alla collaborazione con l’Atelier Valie Export e il Museion di Bolzano) e una riproposizione di un progetto fotografico alla fine degli anni Novanta di Ottonella Mocellin (grazie alla collaborazione con la galleria Lia Rumma).

3 Body Configurations” prende spunto dal titolo di un progetto di VALIE EXPORT sviluppato dal 1972 al 1982 e un concetto cardine dal quale si può partire per esperire della mostra è sicuramente l’assunto della filosofa Adriana Cavarero ripreso dal testo che accompagna l’esposizione della filosofa Francesca Rigotti. Dalle opere esposte si può intuire che le donne non hanno un corpo verticale, o quantomeno non lo vogliono più avere, le donne sono inclinate (riprendendo appunto l’espressione contenuta nel testo “Inclinazioni” di Cavarero), stanche di attenersi a una rettitudine etica, le donne si interrogano e si mettono in gioco, sperimentando sé stesse.

Tre domande: Chi sono? Dove sono? Come sono? Le fotografie delle tre artiste in mostra mi hanno tacitamente risposto con numerose possibilità, con dichiarato coraggio.

Claude Cahun (1894), pseudonimo di Lucy Reneé Mathilde Schwob nei suoi numerosi ritratti, travestimenti, scatti si è concepita in maniera autentica e plurima, si è partorita a partire dall’adozione di un altro nome a dimostrarci che la ricerca di un’identità, qualunque essa sia, comincia proprio da noi, da una rivoluzione potente, immaginifica che viene raccontata dalla corposa attività artistica e fotografica condivisa con la compagna Suzanne Malherbe, ribattezzata Marcel Moore. Una coppia che ha lottato non solo contro la censura ma che scegliendo una resistenza attiva ha subito persino l’arresto da parte della Gestapo. A Claude Cahun è stata insignita addirittura la Medaglia d’argento della riconoscenza francese per gli atti di resistenza a Jersey, proprio quell’isola nel Canale della Manica dove si trasferì nel maggio del 1938 assieme a Suzanne e dove nella fotografia la figura umana quasi tendeva a scomparire nella vegetazione – come una dissoluzione – quasi un segno premonitore di quello che di lì a poco avrebbe sancito la Seconda Guerra Mondiale. Di Claude Cahun non ci si può che innamorare, per il suo essere avanti con i tempi, per il suo coraggio, per il suo essere tutto: uomo, donna – bianco, nero – rasata o truccata, nei suoi scatti ritroviamo l’armonia della dicotomia.

Dove sono? VALIE EXPORT (1940) ce lo ha raccontato nel tempo grazie a numerose performance in spazi pubblici, sviluppate in una prospettiva femminista tesa a sottolineare il maschilismo diffuso della società; anch’essa fa parte delle “ribattezzate”, all’anagrafe: Waltraud Lehner decide nel 1970 di creare una fotografia simbolica SMART EXPORT in cui sostituisce il marchio sul noto pacchetto di sigarette austriache (Smart Export) con la propria immagine. È la nascita di una nuova Venere che non ci sta a farsi dipingere, ma al contrario vuole gridare al mondo che il pennello dalla parte del manico ce l’ha lei, iconica la sua immagine con i “pantaloni d’azione” – jeans Mustang con il cavallo tagliato dove tiene in mano una mitragliatrice fissando lo spettatore. Nella serie fotografica Körperkonfigurations (Body Configurations), 1972-1982 – VALIE EXPORT si ritrae in diverse posizioni (non certamente verticali) nello spazio pubblico e architettonico inteso come simbolo della supremazia maschile. La donna prende coscienza della propria identità attraverso lo spazio – e l’artista lo sottolinea andando a relazionarsi con angoli, muri, interstizi – e brevi inserti pittorici rossi o neri – silenziosi ma fisici – applicati sulle stampe di gelatina d’argento.

Come sono? Ottonella Mocellin (1966), cresciuta in un nucleo famigliare numeroso, porta con sé il valore della moltitudine e dalla condivisione e un esempio ne è sicuramente la sua bellissima famiglia attuale, oltre che i suoi lavori condivisi con il compagno e artista Nicola Pellegrini. Mocellin è un’artista trasversale che ama utilizzare diversi medium quali la fotografia, il video, la voce, il testo, il ricamo, il disegno – tutti elementi che vanno a comporre una propria intima narrazione da condividere. Nel progetto fotografico esposto, Mocellin mette in scena il proprio corpo in relazione a differenti possibili racconti, quasi appaiono come frame di film, ci troviamo di fatto in pausa, nel mezzo di un’azione – dinanzi a corpi stesi, sopiti, volutamente e dichiaratamente orizzontali (per tornare ad Adriana Cavarero). Come questi corpi (donne addormentate, svenute, morte) siano è a discrezione dello sguardo dell’osservatore, il quale può immergersi in una quotidianità a cui sente di appartenere.

È nella negazione di una verticalità imposta che quindi il corpo della donna può e deve muoversi verso la propria affermazione – perché non si è mai facilmente inclini alla conquista, è l’inclinazione indagata fin qui a essere una conquista quotidiana.

Info:

3 Body Configurations. Claude Cahun – VALIE EXPORT – Ottonella Mocellin
18 gennaio – 18 aprile 2020
a cura di Fabiola Naldi e Maura Pozzati
Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
Via delle Donzelle, 2 Bologna

3 Body Configurations3 Body Configurations, installation view at Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna ph. Alessandro Ruggeri

Claude Cahun, Autoritratto (immagine riflessa nello specchio, giacca a scacchi), 1928 Courtesy Jersey Heritage Collection

VALIE EXPORT, Bedrückung, (Körperkonfiguration), 1972 Courtesy Museion, Bolzano

Ottonella Mocellin, Falling, 1998 courtesy Lia Rumma, Milano


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