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Giorgio Bartocci. Riflessi mimetici: il demone del...

Giorgio Bartocci. Riflessi mimetici: il demone del colore nello spazio urbano contemporaneo

Già da diversi anni il giovane muralista Giorgio Bartocci ha maturato una cifra espressiva personalissima che nasce dalla strada, percepita come ambiente fisico e fucina emozionale, per poi espandersi a 360° in svariati ambiti della cultura visiva contemporanea, come la fine art, la grafica e la moda. L’aspetto che accomuna tutta la sua produzione è la capacità di orchestrare grandi masse di colore che trasfigurano e movimentano le superfici a cui si aggrappano, unita a una maniacale attenzione per il dettaglio che dimostra come, anche nelle più appassionate deflagrazioni cromatiche, l’artista non perda mai il controllo della pittura e del suo rapporto con lo spazio circostante.

Conferma queste premesse anche il suo ultimo lavoro outdoor, l’intervento site-specific Riflessi mimetici commissionato dalla casa editrice Zanichelli per le vetrine al piano terra degli uffici della sua sede di Bologna, uno scenografico edificio progettato da Luigi Veronesi nel 1938 in stile monumentale. L’idea di partenza, suggerita dalla riflettente trasparenza del vetro, è quella di sintetizzare in forma astratta le presenze architettoniche che circondano il campo visivo del dipinto (come se fosse la pittura a guardarsi attorno per assorbire l’essenza di ciò che incontra), integrando al tempo stesso nell’immagine il fugace passaggio di persone, cose, luci e forme. In fase progettuale, come è sua prassi consolidata negli interventi urbani, Giorgio Bartocci ha realizzato una fitta serie di campionature visive, mentali ed emotive del contesto limitrofo, e più in generale della cultura visiva di Bologna, che poi ha tradotto in pennellate gestuali e compendiarie e in sovrapposizioni di carte e materiali con diverse textures. Assemblando e ingrandendo queste suggestioni è arrivato all’immagine finale, un continuum mimetico in scala ambientale che è stato poi stampato su una pellicola semitrasparente, successivamente applicata alla vetrina in una totale identificazione tra il supporto e gli elementi cromatici e materici costitutivi dell’opera. Calibrati squarci nella pellicola adesiva lasciano infatti a vista alcune porzioni specchianti della vetrina, che diventano elementi visivi instabili integrati nella pittura in cui, a seconda delle angolature da cui li si osserva, compaiono inquadrature tattiche delle architetture limitrofe o frammenti di realtà in movimento.

Il progetto fa emergere un’interpretazione sovvertita da parte dell’artista del concetto di mimetizzazione, solitamente associato all’idea di nascondere l’apparenza esteriore di un elemento uniformandola a quella di un altro di diversa natura per renderlo irriconoscibile. Qui, al contrario, il camouflage realizzato da Giorgio Bartocci funziona come strumento di rivelazione, liberazione e galvanizzazione del paesaggio urbano, che nella sua visione non è mai uno statico susseguirsi di linee, volumi e colori, ma un fluido coacervo di energie in costante trasformazione. L’attento lavoro di campionatura cromatica e materica preliminare e i minuziosi collegamenti pittorici tra le parti dell’immagine separate dall’intelaiatura della vetrina fanno sì che l’occhio spontaneamente riconosca la continuità e l’omogeneità del lavoro con il paesaggio circostante, percependolo come una sua versione aumentata e libera dalle leggi della fisica. Quello che lo spettatore si trova davanti è una spettacolare battaglia di masse cromatiche antagoniste, una mischia vorticosa che racconta l’ambiente urbano come se fosse una monumentale epica tribale contemporanea. Nel processo creativo di Giorgio Bartocci visione e immaginazione coincidono e si scambiano i ruoli: più in profondità l’artista spinge la sua indagine percettiva ed emotiva sul mondo, più potenti diventano anche le sue restituzioni gestuali delle atmosfere che respira.

In Riflessi mimetici si intravedono le preziose trasparenze di un’alba infuocata accanto a sensuali scintillii metallizzati che alludono alla notte e possiamo immaginare cemento, intonaco e asfalto come forze creative e distruttive che, rimescolandosi, generano lo spazio e la vita. Ogni traccia di colore è una presenza perentoria e trova la sua giusta collocazione in una sorta di lotta-danza che la fa vivere all’unisono con gli altri elementi pittorici. Si potrebbe parlare a questo proposito di animismo urbano: le pennellate sono come misteriosi animali di colore pronti a sbranarsi a vicenda, elementari divinità di una cosmogonia postmoderna in cui l’unica strategia di sopravvivenza è la capacità di dissolversi nell’altro. Come in ogni processo di selezione naturale, non c’è alcuna violenza nella continua rinascita e morte di una pasta cromatica che rigenera sé stessa a partire dalla propria energia endogena, la cui capacità di irradiazione diventa un invito a estendere all’ambientazione urbana circostante l’attitudine senziente e partecipativa che questa pittura richiede. Guardando il movimento del colore è inevitabile appassionarsi alle titaniche vicende di questi astratti demoni cromatici fino ad avvertirne sulla pelle la misteriosa fisicità biologica e primordiale, che ci ricorda come gli spazi antropizzati possano essere gravidi di storie e suggestioni, se solo si riesce a oltrepassare mentalmente l’inerzia insita nell’abitudine a considerare la struttura una categoria definitiva.

Info:

www.giorgiobartocci.com
www.instagram.com/giorgio_bartocci

Giorgio Bartocci, Riflessi mimetici, dettaglio di pittura su vetro. Photo: Nicola Babaoglu (Midnight Snack Agency), Bologna, 2021

Giorgio Bartocci, Riflessi mimetici. Photo: Nicola Babaoglu (Midnight Snack Agency), Bologna, 2021

Giorgio Bartocci. Riflessi mimeticiGiorgio Bartocci, Riflessi mimetici. Photo: Nicola Babaoglu (Midnight Snack Agency), Bologna, 2021

Giorgio Bartocci, Riflessi mimetici. Photo: Nicola Babaoglu (Midnight Snack Agency), Bologna, 2021

Giorgio Bartocci, Riflessi mimetici, dettaglio di pittura su vetro. Photo: Nicola Babaoglu (Midnight Snack Agency), Bologna, 2021


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