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Paludi di Giuseppe Agnello alla Fondazione La Verde la Malfa. Quando la materia penetra nel pensiero artistico con un messaggio di metamorfosi

A San Giovanni la Punta, paesino in provincia di Catania, nasce nel 2008 la Fondazione La Verde La Malfa – Parco dell’Arte per volontà di Elena La Verde, classe 1933. Artista poliedrica e appassionata d’arte, ha sperimentato diverse forme espressive, come poesia, pittura, scultura, grafica, fotografia e installazioni, queste ultime, 19 in totale, protagoniste oggi nel Parco dell’Arte della Fondazione La Verde La Malfa, opere che la portano fuori dai canoni tradizionali e la inseriscono presto nel palinsesto delle donne artiste siciliane rivoluzionarie.
Elena La Verde si spegne nel maggio del 2012 lasciando uno spazio per l’arte contemporanea e soprattutto un luogo sperimentale, di promozione, di continua ricerca e di tutela del patrimonio artistico culturale del posto, rendendo la Fondazione fra le realtà contemporanee siciliane più in vista a livello nazionale e internazionale.

Ed è proprio in questo spazio, che lo scorso 22 giugno nella sala espositiva della Fondazione La Verde La Malfa – Parco dell’Arte è stata inaugurata al pubblico la mostra “Paludi” di Giuseppe Agnello, scultore siciliano che studia e indaga la natura, facendone una fonte dalla quale attingere per estrapolare pensieri, concetti e forme per dare vita alla sua arte, utilizzando soprattutto elementi naturali (‘’Paludi’’ – mostra a cura di Daniela Fileccia, promossa e ideata dal presidente della Fondazione Alfredo la Malfa e da Dario Cunsolo, con il patrocinio del comune di San Giovanni la Punta (CT) e dell’Accademia di Belle Arti di Palermo).

Giuseppe Agnello nasce a Racalmuto, in provincia di Agrigento, nel 1962 e frequenta la scuola di scultura dell’Accademia di Belle Arti di Palermo diplomandosi nel 1985. Attualmente è docente di Scultura e Tecniche della Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo.
Ha realizzato diverse opere pubbliche sia in Italia che all’estero; è l’autore del celebre ritratto in bronzo dello scrittore Leonardo Sciascia, ubicato nella sua città natale, e della scultura in bronzo dedicata al celebre Commissario Salvo Montalbano, personaggio ideato dallo scrittore Andrea Camilleri, a Porto Empedocle.

Per la mostra alla Fondazione La Verde la Malfa Agnello ha presentato opere-installazioni appartenenti alla sua produzione più recente, accomunate dalla materia ‘calcareo-cementizia’ con l’obiettivo di rimandare al processo di fossilizzazione. La mostra “Paludi” segna dunque la fossilizzazione dell’umanità che si trova ferma in un continuo stato di immobilità e di fragilità materiale e psicologica.

In passato l’artista ha lavorato a un processo ben preciso: la ‘’metamorfosi’’, processo che inevitabilmente segna il movimento. Ora, però, con Paludi Agnello vuole raccontarci di un’umanità che si è fossilizzata in una condizione di fragilità e debolezza emotiva che ne impedisce la reazione.
Corpi, in cui la materia e il colore diventano protagonisti di un messaggio, che diventano bozzoli, in uno stato di fossilizzazione che forse è l’augurio più grande di tempi migliori, per un’umanità che possa rispondere-reagire e tornare all’origine; corpi di pietra, corpi pesanti, già a partire dalla testa, da cui partono le idee, grevi per il disagio di un’umanità che non agisce e fa perdere definitivamente la forma umana: la realtà si scontra con la surrealtà.

M.S: Partiamo da ‘Paludi’ in cui la natura è protagonista assoluta di un processo che vede questa alla base dell’ispirazione per ogni forma d’arte. In che modo la materia scelta è riuscita a penetrare nel suo pensiero affinché ogni singola scultura prendesse vita?
G.A: Ormai credo di aver acquisito delle esperienze, anche sul piano tecnico per cui, a seguito di tutto ciò che penso, riesco a trovare una soluzione realizzativa. Solitamente inizio da una visione che è la forza trainante di un progetto, successivamente comincio a sperimentare dei materiali che mi aiutano a raggiungere l’obiettivo, e man mano che sviluppo il lavoro pratico le scelte più consone all’idea originaria che è nella mia mente, cerco solo di materializzarla. Ma in questo passaggio non sono mai rigido, spesso   modifico nelle varie verifiche estetiche. A volte snocciolo l’idea in diverse forme o composizioni, come nel caso di “Paludi”.

In che modo il concetto della metamorfosi l’ha aiutata a sviluppare il percorso di ‘Paludi’?
Nulla nasce dal caso, ogni progetto scaturisce da una visione precedente ed è tutto concatenato. Nel 2013, in un mio evento espositivo presso la torre Carlo V intitolato Memorie/ vedute laterali e oblique, la metamorfosi caratterizzava le opere esposte. Alcuni hanno individuato riferimenti a Ovidio e Bernini, ma per me le metamorfosi sono una scelta plastica quasi surreale per raccontare l’introspezione dell’umanità attuale. Quindi carbone, innesti di tronchi carbonizzati, radici che fuoriuscivano dal capo o una rigogliosa vegetazione sono degli elementi simbolici. Nei progetti espositivi “Dalle Dure Pietre” presso il Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento raccontavo comunque dell’introspezione umana, nonostante le sculture fossero realizzate con calchi di boccioli di acanto e semi di girasoli, senza l’uso del corpo e delle metamorfosi. “Terra in Moto” presso il parco archeologico di Taormina-Naxos era un viaggio nell’energia dei moti degli uomini e della natura. Da questi presupposti nasce “Paludi”, dove il tempo è fermo come in uno stagno, è l’avvio ad uno stato di fossilizzazione.

In quali altre occasioni artistiche è riuscito a creare il connubio fra uomo-natura e in che modo?
Come dicevo prima accennando alle mie mostre precedenti, il connubio uomo-natura c’è sempre anche quando il corpo è assente. Non mi interessa molto raccontare di questo, anche l’uomo è natura, mi interessa più raccontare di un’umanità stanca con l’utilizzo degli elementi simbolici naturali (boccioli di acanto, fiori di ferla ecc). Le ragioni della scelta scaturiscono dal mio rapporto con la natura poiché, come ho già detto in altre situazioni, ho una formazione campestre e il mio linguaggio è contaminato dal mio vissuto.

Dalla staticità dell’uomo alla mobilità della natura. Crede che le due azioni ad oggi possano dialogare anche al di fuori dell’arte?
È la speranza di tutti, e la speranza in arte è sempre presente anche quando il problema viene raccontato crudelmente, serve una coscienza più ambientalista, al di là degli interessi economici.

Quando la bellezza estetica può lasciare il posto al messaggio da raccontare?
Secondo me sempre, non amo raccontare i messaggi e ogni qualvolta che mi si invita a farlo mi imbarazza parecchio. È sempre molto riduttivo, è come raccontare un film o un libro. Io preferisco lunghi silenzi davanti a un’opera visiva.

Info:

Giuseppe Agnello. Paludi
a cura di Daniela Fileccia
22 giugno – 10 novembre 2019
Fondazione La Verde La Malfa – Parco dell’Arte
S.G. La Punta – Catania

Ritratto di Giuseppe Agnello 2019. Photo Credit Angelo Pitrone

Giuseppe Agnello, Palude / Composizione 2 2019 resina poliestere più legno cm 180 x cm 280 x cm 100 Photo Credit Angelo Pitrone

Giuseppe Agnello, Palude / Composizione 3 2019 resina poliestere più legno_
cm 170 x cm 270 x cm 100 Photo Credit Angelo Pitrone


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