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Rä di Martino: cinema d’arte al Biografilm Festival 2023

Nell’ultima edizione di grande successo del Biografilm Festival a Bologna (9-19 giugno 2023) è stata dedicata una sezione all’arte visiva e alle sperimentazioni di Rä di Martino, video-artista e regista, che spazia tra installazioni, tableaux vivants, materiali originali, film, recitazione e memorie. L’affascinante e solare Rä, classe 1975, è nata a Roma da padre milanese musicista e madre attrice di teatro. Ed è il padre, compositore di canzoni per vari artisti italiani, che le ha dato questo particolare nome di battesimo in onore di Sun Ra jazzista americano famoso negli anni Settanta e Ottanta. L’artista racconta che Roma è la sua città, e di esserci tornata dopo 22 anni in giro per il mondo.

Rä di Martino, The Show MAS Go On, video still, 2014, courtesy of the artist

In particolare ha vissuto in Inghilterra, dove ha studiato al Chelsea College of Art e alla Slade School of Art e poi a New York, dove si è fermata a lungo consolidando la sua carriera internazionale. La giovane Rä ha esposto infatti in musei prestigiosi, tra i quali la Tate Modern a Londra, il MoMa- Ps1 a New York, MCA a Chicago, Palazzo Grassi a Venezia, GAM a Torino, MACRO e MAXXI a Roma e molti altri.  Con le sue opere ha partecipato a vari festival come Locarno, New York, Torino, Venezia, Firenze, Basilea. E non meno importante ora l’omaggio del Biografilm, fondato 19 anni fa da Andrea Romeo e diretto da Massimo Mezzetti, dove sono stati proposti svariati suoi lavori di periodi diversi, tra fiction e documentari, molto formali e caratterizzati da una personale esplorazione della realtà e della finzione. Tra i dieci film e video, è stato proposto il suo primo documentario, “The Show MAS Go On”, che al Festival Internazionale di Venezia nel 2014 aveva vinto il Nastro d’Argento per il migliore docufilm. Il documentario (30’) è stato realizzato con la partecipazione di alcune attrici, tra cui Maya Sansa, Iaia Forte, Sandra Ceccarelli, documentando i grandi magazzini MAS. Interessante e sperimentale “If You See the Object, the Object Sees You”, un video realizzato nel 2010 dopo che Rä aveva visitato la straordinaria casa-studio di Yona Friedman (1923-2020), architetto e designer ungherese, naturalizzato francese. Lo spazio ricolmo di oggetti eterogenei l’ha affascinata e indotta a osservare i modellini del designer, celebre per avere fondato il Mobile Architecture Study Group (MASG) e per le sue idee visionarie e utopistiche sugli spazi urbani. Molto diverso “Fuori dai teatri” (2021) un documentario di 30’ incentrato sulle memorie e i racconti dei fondatori del celebre Centro per la Sperimentazione e la ricerca Teatrale di Pontedera e interpretati dagli attori Anna Bellato e Lino Musella.

Rä di Martino, Fuori di Teatri, 2021, video still,  courtesy of the artist & Teatro Era, Pontedera

Suggestivo e sofisticato “Il giardino che non c’è” (2021), un documentario che racconta la genesi del libro “Il giardino dei Finzi Contini” (1962) di Giorgio Bassani analizzando, con le immagini di repertorio e le interviste a Dominique Sanda e Lino Capolicchio, il rapporto artistico tra il romanzo e il bellissimo film di Vittorio De Sica. Il docufilm offre una visione personalissima di un luogo illusorio, ma diventato quasi reale nella percezione del pubblico con il successo del film: un luogo perfetto e immaginario vissuto da giovani belli e borghesi, mentre fuori dal muro incombe la minaccia imminente dei nazifascisti.  Come per le altre opere presenti al Biografilm lo sguardo dell’artista romana ha un approccio sperimentale sul tema della memoria, indagando su luoghi fisici e mentali, con un montaggio fluido che ci riporta puntualmente al presente.

Rä di Martino, The Show MAS Go On, 2014, Iaia Forte on set, photo Sveva Bellucci, courtesy of the artist

Manuela Teatini: Come si vive il doppio impegno con successo tra il lavoro di artista e quello di regista di documentari?
Ra di Martino: Per quanto mi riguarda questa scissione tra artista e regista mi dà molta carica, perché mi aiuta sempre a riequilibrare le energie. Ovviamente lavoro molto meno come regista perché sono molto più lenta. Con i film devo curare tutti i rapporti, devo scoprire tutto, perché è un lavoro molto collaborativo e cerco sempre di co-produrre anch’io per non perdere il controllo, e quella è la cosa che mi spaventa di più. Devo dire anche che quando poi si realizza un progetto che va a finire in un cinema sono felicissima: la tensione è più forte e avvolgente perché le immagini grandi danno più risalto al dettaglio. Ma dopo un po’ mi manca moltissimo il contesto museale, la possibilità di essere in uno spazio e creare opere che vanno in quell’ambiente. Quindi sono proprio due mondi vicini ma lontani e devo che dire mi piacciono entrambi nonostante siano difficili. Hanno pubblici diversi e modi di ragionare differenti… Come artista io guardo anche indietro alla storia dell’arte e agli altri artisti.

Rä di Martino, Il giardino che non c’è, 2021, Dominique Sanda on set, photo Alessandro Cantarini , courtesy of the artist

Tra i video-artisti, hai in particolare qualcuno come riferimento, e come è partita la tua passione per questa espressione artistica?
La mia passione non è partita per un amore per qualcuno perché io da piccola in realtà volevo fare la regista poi invece sono finita in una scuola d’arte. Però nasco dal cinema. Se devo dirti tra i vecchi artisti bravi sono molto legata a Michael Snow (1928-2023) perché decostruisce il linguaggio in un modo che mi interessa, poi mentre studiavo a Londra ero in collegamento con gli Young British Artists, era quello il loro momento. Non tutti mi convincevano, ma per esempio Gillian Wearing a me piaceva molto, insieme a qualcosa di Tracey Emin e quindi sono molto legata a quel gruppo. Per me i riferimenti nell’arte sono tutti inglesi, lì la video arte è arrivata prima che da noi. L’arte italiana non la sento vicina perché non ci sono vissuta insieme, mentre mi sono formata molto prima a Roma con il cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta e il cinema internazionale.

Rä di Martino, Il giardino che non c’è, video still, 2021, courtesy of the artist

Mi pare di capire che tu comunque ti senti molto più artista e che l’arte internazionale inglese e poi americana ti ha formato profondamente.
Sì, certo io ho fatto sempre l’artista di base, però ho sempre desiderato fare cose di cinema, quindi con questo mezzo vado più lenta e prendo grandi pause.

Il film “Il giardino che non c’è” è nato da una tua passione per il film di De Sica o un’opera d’arte?
No, quello è nato per una commissione. Mi hanno chiamato proprio da out of the blue, produttori italiani che producevano con la televisione di “Arté” in Francia. Hanno pensato a me per qualche motivo e così ho deciso di raccogliere la sfida atipica di fare un documentario su un libro per la televisione. È stata un’esperienza nuova, dove ho cercato di mettere anche del mio materiale, facendo un compromesso con i produttori di “Arté”. Il film è andato al Festival di Torino, ma in Italia non è stato distribuito in televisione, paradossalmente è uscito solo in Germania e in Francia.

Rä di Martino, Fuori di Teatri, 2021, video still,  courtesy of the artist & Teatro Era, Pontedera

The Show MAS go on” invece come è nato?
Quello è nato perché pensavamo che stesse per chiudere il grande magazzino MAS, ci siamo gettate dentro senza soldi, in realtà poi hanno impiegato sei sette mesi a chiudere. Mentre giravamo cercavamo finanziamenti, l’abbiamo fatto veramente con poco, ma è stato molto divertente. Mentre documentavo scrivevo anche le scene per gli inserti quasi recitati. Quindi ci sono dei camei di alcuni attori. Ci siamo molto divertiti.

Tra i registi contemporanei del cinema internazionale chi ti piace?
Io sono una grande fan di Jim Jarmush, e più sono vecchi i suoi film e più mi piacciono. Poi Ostlund, un genio! È molto ironico e solo lui è riuscito a parlare del mondo dell’arte in modo quasi “neorealista”.

Info:

https://www.biografilm.it/

http://www.radimartino.com/


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