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Ricominciare dall’arte contemporanea: gli anziani ...

Ricominciare dall’arte contemporanea: gli anziani di Ron Mueck

Qualunque sia la ripresa e quando avverrà il ripristino di alcune forme di normalità, tra cui l’avvio del nuovo anno scolastico, non si può prescindere dalla immediata riflessione su ciò che è accaduto nel mondo e in Italia. Nello specifico un numero enorme e inquietante di anziani morti nelle RSA.

Già parlare dell’età matura come la vecchiaia, almeno prima della pandemia da Covid-19, non rientrava nelle categorie “glamour” anzi faceva parte di un irrisolto tabù contemporaneo.

Invece parlare della poetica delle rughe attraverso l’arte contemporanea vuol dire raccontare il valore disperso della nostra memoria, costruire il presente e anticipare il futuro.

E bisognerebbe farlo proprio a partire dalla scuola. Con un nome, un artista: Ron Mueck.

Lui sì che ha dato testimonianza alla pelle cedevole piena di storia, ai solitari peli bianchi che adornano il viso, allo sguardo impaurito e fragile di chi conserva il tempo ma lo teme.

Lo ha fatto con sculture di enormi dimensioni. Forse, lo stesso artista non poteva immaginare, già in fase di ideazione, quanto queste sue visioni, oggi soprattutto, possano essere quasi un monito per tutti noi osservatori e per la storia attuale.

Mueck è nato in Australia nel 1958 e ora vive in Gran Bretagna. Ha iniziato a lavorare negli studi televisivi per la realizzazione di burattini a grandezza naturale e poi è approdato anche al cinema, distinguendosi per la sua spiccata maestria per gli effetti speciali.

Nel 1997 realizza una scultura di grandi dimensioni “Dead dad” – Papà morto – con silicone crudo, imitando perfettamente la superficie dell’epidermide umana.

Il risultato è strepitoso. In più di vent’anni, Ron Mueck ha realizzato più di trentacinque opere di dimensioni enormi, diventando uno degli artisti più apprezzati al mondo. Anche se l’autore stesso ha dichiarato di essere affascinato dall’arte del Rinascimento, non è presente nel suo lavoro un ideale di bellezza, ma la traduzione perfetta e verosimile del reale, senza idealizzazione alcuna.

Certamente la sua fama è cresciuta anche grazie a importanti collaborazioni come quelle con Cartier e con Charles Saatchi, fondatore di una delle agenzie più note al mondo come Saatchi & Saatchi.  Ma ciò che più interessa, soprattutto oggi, è ripercorrere e attraversare con lo sguardo le sue gigantesche sculture che rappresentano figure di anziani.

Nella postura della sua “Donna Anziana”, il peso del tempo è racchiuso nelle palpebre e in uno sguardo tra devozione e preghiera, smarrimento e annichilimento.

Dall’altra parte della visione ci siamo noi che guardiamo l’opera: basiti, turbati, sconvolti e consapevoli di vivere, nel reale, una tragedia – almeno in Italia – senza eguali. Una pandemia che ha cancellato le vite di più di diecimila anziani. Loro, gli anziani, sono saggezza e memoria, pazienza e virtù, radice e conforto.

Guardate l’eccezionale abilità artistica di Mueck nell’aver dato respiro a sculture iperrealiste come “Nonna e nipote”, “Anziano morto”,” Anziana coppia al mare”. Una perfetta sintesi di delicatezza nella fragilità dell’epidermide, che imprime solchi sulla pelle, trasmettendo un senso di tenerezza e spaesamento a chi le guarda perché, oltre a essere sculture impressionantemente giganti, sembrano occupare un ruolo di marginalità.

Questo è il paradosso che ne viene fuori: Mueck le ha fatte giganti, ma la loro postura, il loro modo di guardare non è così presuntuosamente invadente come la loro stessa forma scultorea. Sta a chi le guarda riscattare questo ruolo liminale e dare alle figure degli anziani un valore centrale, fondante del nostro essere nel mondo.

Va raccolto un grande insegnamento nella visione delle opere di Mueck: i suoi anziani sono parte della storia di ognuno di noi: sono nonni, genitori e raccontano da dove veniamo. Tocca a noi riscattare la loro marginalità. E proprio la scuola può cogliere questa opportunità per consegnare ai più giovani un grande insegnamento. E ripartire da qui.

Se Mueck li ha riscattati, forse inconsapevolmente, con queste sculture gigantesche, noi abbiamo il dovere della memoria, della considerazione amorevole e della tutela dei nostri anziani per rimetterli al centro del nostro vivere. Se il Covid-19 ha drammaticamente sottratto loro la possibilità del respiro, noi rendiamoli parte di un simbolico respiro di memoria: centrale, gigantesco e sorprendente. Più grande. Enormemente più grande delle sculture di Mueck.

Nilla Zaira D’Urso

Ron Mueck, Couple Under An Umbrella, 2013Ron Mueck, Couple Under An Umbrella (detail), mixed media, 2013 Courtesy Hauser & Wirth

Ron Mueck, Untitled (Seated Woman), 1999, mixed media, Collection of the Modern Art Museum of Fort Worth. Photo by Kevin Todora

Ron Mueck Australian born 1958, worked in England 1986– Two women 2005 polyester resin, fibreglass, silicone, polyurethane, aluminium wire, steel, wool, cotton, nylon, synthetic hair, plastic, metal, ed. 1/1 82.6 x 48.7 x 41.5 cm (variable) National Gallery of Victoria, Melbourne Purchased, Victorian Foundation for Living Australian Artists, 2007 (2007.120)Ron Mueck, Two women, 2005. Polyester resin, fibreglass, silicone, polyurethane, aluminium wire, steel, wool, cotton, nylon, synthetic hair, plastic, metal, ed. 1/1. National Gallery of Victoria, Melbourne. Purchased, Victorian Foundation for Living Australian Artists, 2007


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