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Salvo Ligama. Catania Infinite Jest.

Salvo Ligama. Catania Infinite Jest.

Dal 2 al 30 settembre Salvo Ligama è in mostra al Palazzo della Cultura di Catania con la sua prima personale in Sicilia, intitolata Catania Infinite Jest. La produzione è frutto di un lavoro complesso, elaborato in linguaggi nuovi e diversificati, risultanti di un rapporto virtuoso tra tradizione e innovazione. La mostra, a cura di Stefano S. Antonelli, è la seconda personale del giovane artista siciliano che ha esordito nel 2015 con la mostra 8bit_un mondo a pixel presso la Galleria Portanova12 di Bologna.

Catania Infinite Jest è il titolo del catalogo e della mostra presentata negli spazi museali del Palazzo della Cultura di Catania. Cosa intendi precisamente con questa definizione? E a cosa si riferisce?
Il nome della mostra, Catania infinite Jest, è stato scelto dal curatore Stefano S. Antonelli. È una crasi concettuale, una citazione ripresa dal titolo del romanzo di David Foster Wallace. Si riferisce a Catania. Una città vulcanica e vivace, una metropoli del Sud, che vive di incredibili e infiniti paradossi. Si riferisce anche ai suoi abitanti, i catanesi. Un popolo contraddittorio, ma generoso, energico e capace di infiniti gesti. Tutto il mio lavoro in questa nuova produzione è ispirato e incentrato su Catania, l’Etna e i suoi luoghi.

Osservando alcuni tuoi lavori, emerge un Ligama inedito, un “paesaggista contemporaneo” che ritrae scorci urbani di Catania. Come nasce questo nuovo linguaggio?
Sì, in effetti si tratta di paesaggi urbani, che raffigurano prospettive di Catania inusuali. Ma non è solo questo. Sono rappresentazioni concettuali della nostra epoca, quadri urbani che raccontano la vita nelle nostre città. Viviamo in periodo storico in cui tutto è precario e inconsistente, si è sempre più abituati all’immaterialità della fotografia che non ricorre più alla stampa tradizionale, ma è sempre più digitale e social. Da più di trent’anni si è arrivati a una nuova era dell’Arte, quella di strada, quella sui muri, in cui nulla resta uguale e per sempre, ma tutto cambia costantemente e in tempi velocissimi. Catania è diventata ormai centro di tutto questo, è una metropoli dinamica, stimolante, una seconda casa per me, in cui ho trovato gli input giusti per poter creare. E in questa ricerca, luoghi come lo SQUIBB, diventano soggetti da immortalare su tela, come facevano i paesaggisti di un tempo, in scorci contemporanei che probabilmente domani non esisteranno più o cambieranno ancora radicalmente.

Per quanto riguarda la serie RGB, cosa mi puoi dire in più su quei pixel sovrapposti?
Gli RGB sono una serie di quadri a olio di piccolo formato, ritrovati in vecchie case o rimanenze dei mercatini dell’usato. Raffigurano scorci rurali del paesaggio siciliano e nature morte. Qui sono intervenuto con codici-colore in RGB dipinti ad acrilico. A quei paesaggi anacronistici sono stati aggiunti dei codici-colore di forma quadrata che sono stati scelti, accostati e sovrapposti sul soggetto raffigurato in tela come una palette di toni. I colori sono stati scelti e accostati in modo studiato. Nulla è lasciato al caso. Sono ordinati e disposti solo per funzionalità visiva.

Presa visione di un’altra parte inedita di questa tua produzione, ho notato che i pixel hanno lasciato il posto a linee colorate e che la tua attenzione si è spostata sullo studio di rilevamenti di ”rumori”. Vuoi raccontarci di cosa si tratta?
In questa ricerca il suono ricopre un ruolo essenziale, è stato il movente concettuale da cui è nata gran parte di questa nuova produzione. Opere come i Movimenti, La voce di mia madre, Lava-Gradienti o Il suono di una stella – KIC11026764 nascono dal desiderio di parlare di rumore, perché tutto quello che accade, tutto quello che ci circonda, ha un rumore. Il rumore visivo, quello che fa strizzare gli occhi quando si ha la sensazione di non aver visto bene. Quello uditivo, che ci fa aprire le orecchie, quando si crede di non aver sentito. Perché il rumore sta lì, nel mezzo. È qualcosa di non chiaro. Non si è mai sicuri davanti ad un rumore perché esiste nel momento in cui si ha la sensazione di non aver capito che quello che abbiamo visto (o sentito) forse non è come sembra, o sembra come non è. Il rumore mette in dubbio la percezione umana, la sicurezza che ognuno di noi pone nei propri sensi. Per questo genera sospetti, incertezze, insicurezze, movimenti. La mia non è una teoria poetica sul colore di un suono, di una melodia, o dell’anima di un artista. È un processo scientifico e matematico. Si vede quello che si sente. Ciò che più premeva la mia curiosità era “vedere” quel rumore appena sentito, così ho cominciato a registrare, analizzare, catalogare e campionare rumori per capire come renderli visivi. Ma inconsciamente, quello che stavo facendo era una ricerca sulla memoria, sul ricordo, sulla vita. È stato un approccio assolutamente scientifico, basato su rilevamenti e registrazioni di suoni analizzati e convertiti in combinazioni cromatiche precise. Risultati di equazioni matematiche trasformate in frequenze-colore. Per farla breve, ad ogni colore corrisponde una frequenza e quindi un suono perché il suono e il colore sono fatti della stessa materia, l’onda. Ogni suono ha un valore-frequenza e una lunghezza d’onda specifici. Solo così mi è stato possibile ricavarne i corrispettivi cromatici. Non c’è nessuna interpretazione personale: solo la sicurezza di poter essere sincero e lontano da ogni errore mi ha permesso di tradurre il linguaggio rigido e impersonale dell’intelligenza artificiale in quello più vivo e umano del colore.

Quale è il ruolo dell’osservatore in questo processo?
Chi osserva può cogliere e fruire in modo inatteso delle vibrazioni del suono di una stella, di un movimento sismico o di un’eruzione, altrimenti non udibili. Mi rivolgo a chi è curioso, a chi si interroga e resta sorpreso di fronte ai miei quadri. Quando l’arte comunica qualcosa e genera domande, allora vuol dire che non ci ha lasciato indifferenti. È la curiosità che cambia le cose. La curiosità, si sa, è alla base della conoscenza. E di ogni possibile sorpresa, aggiungerei. Lavorando sul rumore spero di poter mettere in dubbio, anche solo per un attimo, lo sguardo disincantato e distratto del mio osservatore, fermo nelle sue certezze. Muovere il terreno sotto i suoi piedi. Accarezzargli l’anima della percezione. Insinuare dubbi. E così regalare la possibilità di essere stupiti.

Come definiresti la tua arte oggi?  
È arrivare all’origine delle cose. Dai dubbi nascono le domande. E in sostanza ciò che secondo me deve fare l’arte è generare domande, minare la solidità di ogni nostra certezza per trovare ispirazione. Quando si è certi di tutto, non si muove nulla, si vive in una noiosa condizione di stabilità fatta di certezze, concetti, punti saldi. L’artista è un creatore di spazi teorici, si interroga, osserva la realtà, dà vita a idee, a concetti particolari. Guarda al presente ma si rivolge al futuro. È contemporaneo. Vive la sua quotidianità, si mette in gioco, sperimenta. Non deve precludersi la possibilità di cimentarsi in nuove espressioni d’arte, dalla pittura alla fotografia, dai video alle installazioni. Oggi non ci si può fermare ad una sola forma, si deve osare.

Cosa è cambiato oggi dalla tua prima personale del 2015? E qual è stata l’evoluzione in questi ultimi due anni?
È cambiato tutto. Sono cresciuto. Ho viaggiato. Ho vissuto nuove esperienze. Ho conosciuto molti artisti. Ho sperimentato nuove tecniche su diversi supporti, adoperando materiali inediti. Mi sono avvicinato al graffitismo, al muralismo, e più in generale a nuove forme pittoriche. Sono molto più schematico. Ho un approccio più analitico. Progetto molto in studio, dedicando gran parte del tempo alla fase preparatoria di un progetto. In generale, è cambiata la consapevolezza delle cose e di ciò che ho a disposizione. Questa mostra, per esempio, è stata fatta con intenzionalità assoluta. C’è la cognizione di sapere ciò che si sta facendo, a chi si sta parlando e dove si vuole arrivare.

Natalia Micali

Salvo Ligama. Catania Infinite Jest.
A cura di 999Contemporary/Stefano S. Antonelli
02-30 Settembre 2017
Palazzo della Cultura di Catania
Via Vittorio Emanuele II, 121

Salvo Ligama, Magnitude 2, acrilico e spray su tela, 2017

Salvo Ligama,  #8E211E#FDEE53#54B4C4, acrilico su tela dipinta a olio, 2017

Salvo Ligama, Lava gradients, acrilico e spray su tela, 2017

Salvo Ligama, La voce di mia madre, acrilico su tela, 2017

Salvo Ligama, Movimento 5, acrilico su tela, 2017


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