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Bahar Binesh. La pittura come liturgia laica

Bahar Binesh. La pittura come liturgia laica

La pittura è una professione da cieco: uno non dipinge ciò che vede, ma ciò che sente, ciò che dice a sé stesso riguardo a ciò che ha visto. (Pablo Picasso)

La pittura di Bahar Binesh (Tehran, 1982), giovane artista iraniana già coinvolta in numerose mostre nella sua città natale e all’estero, si colloca nel panorama artistico contemporaneo come ideale prosecuzione della riflessione di Cezanne sul rapporto tra la superficie bidimensionale della tela e il mondo esterno. Come il maestro post-impressionista francese, la sua ricerca è orientata verso una sintesi tra l’aspetto esteriore del mondo e la sua interpretazione razionale, che rilegge ogni dato visivo come un susseguirsi di forme e spazio in cui l’essere umano è parte di un indistinto continuum percettivo come tutti gli altri elementi che compongono la realtà. Se Cezanne lavorava sempre dal vero, con una tecnica laboriosa e meditata che gli permetteva di giungere a una pittura che non fosse l’espressione di una occasionale reazione emotiva, ma di un atteggiamento di totale coscienza di fronte al visibile, Bahar Binesh arriva a un’analoga semplificazione figurativa per rappresentare la vita come una sorta di liturgia laica in cui ogni avvenimento assume un valore rituale.

I colori, sovrapposti in un’elaborata tessitura cromatica, costruiscono immagini indelebili, che traducono la mutevolezza del visibile (o del pensabile) in valori pittorici stabili, pur senza rinunciare a trasmettere sensazioni vivide. Le linee di contorno, a volte marcate e precise, in alcuni casi aggrovigliate ed eccedenti i bordi delle figure, assecondano la tendenza del colore a cercare la solidità di un’immagine che riesca a compendiare la visione ottica e la coscienza delle cose. Per questo in ogni opera sono presenti vari equilibri prospettici che superano le apparenti incongruenze percettive della visione con la coerenza di un’idea di fondo che raccorda le differenze in una superiore sintesi armonica. Le immagini appaiono sfrondate di ogni accessorio ed episodio, concentrate in un’esistenza ferma e incontrovertibile, regolata da leggi interne che conferiscono ai soggetti raffigurati una pacata, austera e silenziosa grandezza.

L’astrazione non vuole negare l’evidenza fenomenica del mondo percettibile, ma arricchirla di un’ulteriore profondità che rileva le emanazioni delle energie interiori dell’individuo, recepite come misteriosa e indomabile forza in grado di plasmare la realtà circostante. A questo modo la riduzione dell’infinita varietà del visibile in una gamma ristretta e quasi arcaica di segni perentori serve a far emergere le sotterranee pulsazioni dell’anima del mondo di cui anche l’essere umano è parte, affidando alla pura espressività del colore il compito di rendere intelligibile la loro presenza. L’atto del dipingere quindi per Bahar Binesh implica la riscoperta dell’identità più antica e dimenticata dell’essere umano e del suo indissolubile legame con l’ordine dell’universo che lo sovrasta e che lo accoglie, nella convinzione che solo questa rinnovata consapevolezza lo salverà dall’alienazione di un superficiale individualismo.

L’artista immagina un nuovo mondo regolato da spontanee concordanze che non oppongono resistenza alla naturale trasmutazione delle cose, abitato da una pluralità soggettiva che agisce come un’unità integrata, come un grande organismo capace di osmosi e di empatia verso i suoi simili e verso le altre forme di vita. L’intensa spiritualità delle sue immagini rende immanente il sogno di questo modello positivo unificato, illuminato dalla luce endogena del colore che dispiega sulla tela tutta la potenza evocativa e psichica della sua intrinseca bellezza. Arrivare all’essenza del fenomeno è per Bahar Binesh l’approdo ideale di un percorso di conoscenza e autocoscienza in cui lo spettatore è chiamato ad accompagnarla, riconoscendo il legame tra le sue esperienze e percezioni personali e ciò che vede raffigurato sulla tela.

Le scene più frequentemente rappresentate dall’artista sono vedute urbane o interni domestici inquadrati molto da vicino e caratterizzati da una particolare angolatura prospettica che ribalta in primo piano ogni elemento figurativo: questa forzatura delle leggi naturali della visione abolisce l’ordine gerarchico delle cose, come viene ribadito dalla stesura cromatica distribuita come pasta omogenea che intenzionalmente uniforma le texture che normalmente differenziano le superfici dei materiali. Anche l’attribuzione dei colori alle figure e agli sfondi sembra rispondere a un criterio misto, che nel medesimo quadro talvolta privilegia una rispondenza al vero ridotta ai minimi termini che convive senza conflitti visivi con dettagli in cui il colore risponde solo alle percezioni interiori dell’artista o all’espressività dei suoi personaggi. I protagonisti che popolano questi scenari sono figure umane stilizzate e ieratiche impegnate in azioni minimali o colte in un attimo di sospesa inattività.

La loro presenza imperturbabile e cadenzata conferisce a ogni loro gesto o pausa un alone soprannaturale, come se gli enigmatici episodi raffigurati fossero parabole esemplari di un nuovo animismo laico. La compresenza di dettagli che rimandano alla contemporaneità e di allusioni figurative al passato collocano la visione al di fuori di una connotazione epocale precisa, come se il tempo denso delle immagini volesse condensare passato e presente in una sintesi superiore che ne rende eterna la durata.

Così facendo Bahar Binesh porta alle estreme conseguenze la sintetizzazione Cezanniana e traduce in immagine un momento esemplare che racchiude in sé una molteplicità di attimi provvisori epurati dalle contingenze, includendo spesso nelle sue visioni l’immagine di una mela che funziona contemporaneamente come omaggio al suo mentore ideale e come segnale per lo spettatore che saprà coglierne l’implicito suggerimento interpretativo.

Bahar Binesh Bahar Binesh, Untitled, Acrylic on Canvas, 120×100, 2017

Bahar Binesh, Untitled, Acrylic on Canvas, 100×100, 2017

Bahar Binesh, Untitled, Acrylic on Canvas, 120×100, 2017

Bahar BineshBahar Binesh, Untitled, Acrylic on Canvas, 110×90, 2017


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