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Bernar Venet a Berlino, alla Kunsthalle

Bernar Venet a Berlino, alla Kunsthalle

Bernar Venet (classe 1941) è un artista che è diventato famoso in tutto il mondo per le sculture di grandi dimensioni (fino a venti metri di altezza) e di impianto astratto-minimalista realizzate, a partire dagli anni Settanta, in acciaio Cor-ten (ovvero con un materiale che fa parte di quella categoria di acciai definiti patinabili), ma il suo percorso di ricerca inizia già negli anni Sessanta con opere dal sapore prima materico e poi concettuale. Il rapporto con la cultura internazionale di quegli anni (una cultura che vedeva ancora un dialogo stretto tra Europa e America, e che miscelava processualità, microemotività e materiali alternativi o extra-artistici) in Francia ha trovato delle connessioni e degli intrecci, senza alcun dubbio, con la poetica del gruppo Support Surface, il cui scopo principale era quello di indagare la struttura primaria del linguaggio visivo.

Ciò vale a dire che accanto ai nomi di Sol LeWitt e Donald Judd, al lavoro di Venet è corretto accostare anche lo spirito del grande Daniel Buren, quale buon contraltare di questo aspetto purista che ha visto la sperimentazione di quegli anni in confronti e dialoghi sempre serrati, rigorosi ma anche plurimi, così come non si possono dimenticare gli aspetti “poveristici” della sua esplorazione materica del carbone, dell’asfalto e del catrame, pertinente alla poetica degli anni Sessanta e ovviamente esaltata nelle immagini legate al “manifesto” dell’Arte Povera firmato da Germano Celant. A questo proposito, e a comprova di quanto fin qui detto, è bene ricordare che la mostra “Elemental” (sett-nov 2019), alla Kasmin Gallery di New York, aveva messo in rapporto, accanto a quelle di Bernar Venet, le opere di  Carl Andre, Daniel Buren, Simon Hantaï, François Morellet, Olivier Mosset, Richard Nonas, Carol Rama, Robert Ryman.

Inoltre, l’affermazione, “il mio lavoro si autogenera, niente intorno a me serve come ispirazione particolare”, è indice di un carattere aperto e onnicomprensivo, sempre però guidato dalla precisione e dalla calibratura del mezzo e della sua formalizzazione (sebbene talvolta la regola sia sconvolta dal caso o dall’improvviso “disastro”), tanto che una certa classicità pare connaturata al percorso di tutta la sua ricerca, una classicità da intendersi come compostezza e giammai come natura naturans da cui far sgorgare la fonte di un’immagine. Ma classicità e insaziabile curiosità sono i poli che lo hanno spinto sul limes della pratica artistica e che hanno condotto la sua opera ad avere un impatto davvero significativo sullo sviluppo dell’arte contemporanea di questi ultimi cinquant’anni.

Ora, la Kunsthalle Berlin, Hangar 2 e 3 del Tempelhof Airport, ospita, fino al 30 maggio, la mostra “Bernar Venet 1961–2021, 60 Years of Sculptures, Paintings and Performances”. L’omonimo catalogo (336 pagine) è pubblicato da Dilecta ed è distribuito da Buchhandlung Walther König. L’organizzazione del progetto è di Stiftung für Kunst und Kultur Bonn (Foundation for Art and Culture), una organizzazione non-profit, fondata nel 1986, come iniziativa privata, e il cui attuale presidente è Walter Smerling, peraltro curatore di questa iniziativa.

Ben centocinquanta sono le opere esposte in questa occasione e a onor del vero la si può dichiarare come la più grande e completa retrospettiva che sia mai stata dedicata a Venet, e che abbraccia l’intero suo percorso artistico. Uno dei punti nodali della mostra sono i lavori che si sono sviluppati dal 1966 al 1970, e che rivelano l’estrema radicalità di un approccio linguistico del tutto sottrattivo ed elementare e che gli hanno dato fama internazionale oltre a una ben riuscita visibilità. Dal 1979, a partire dalla realizzazione delle “Indeterminate Lines”, il suo lavoro ha preso una svolta molto formalizzata.

Oltre ai suoi rilievi in ​​legno, ha sviluppato uno stile unico di scultura in acciaio che può essere visto oggi nelle capitali di tutti i continenti. Per la mostra, Venet utilizzerà non solo gli elementi scultorei della sua installazione su larga scala al Louvre-Lens (dove la mostra “The Hypothesis of Gravity” si è da poco conclusa), ma per Berlino ha progettato appositamente quattro diverse installazioni composte da “Arcs, Angles and Straight Lines”. La mostra è anche un omaggio che l’artista ha voluto rendere al Dr. Paul Wember (1913-1987), direttore del Museo Kaiser Wilhelm di Krefeld, il primo in assoluto a concedergli la possibilità di allestire una  personale, nel 1970, quando ancora la fama non aveva toccato la sua opera. Il progetto di Berlino è realizzato con il generoso supporto di CG Elementum AG e del suo CEO Christoph Gröner.

Bruno Sain

Info:

 
Bernar Venet, 1961—2021. 60 Years of Sculpture, Painting & Performance
29/01 – 30/05/2022
KUNSTHALLE BERLIN
Tempelhof Airport
Hangar 2 e 3
Columbiadamm 10
12101 Berlin, Germany
www.stiftungkunst.de
www.kunsthalleberlin.com

Instagram @stiftungkunstbonn
Facebook @stiftungkunst
Twitter @stiftungkunst

Bernar Venet, Arcs in Disorder: 4 Arcs x 5, 2007. Cor-ten steel, 410 x 415 x 90 cm, each; installation footprint varies. Exhibition: Museum Küppersmühle für Moderne Kunst, Duisburg, Germany, 2007. Photo credit: Georg Lukas, © Bernar VenetBernar Venet, Arcs in Disorder: 4 Arcs x 5, 2007. Cor-ten steel, 410 x 415 x 90 cm, each; installation footprint varies. Exhibition: Museum Küppersmühle für Moderne Kunst, Duisburg, Germany, 2007. Photo credit: Georg Lukas, © Bernar Venet

Bernar Venet, Relief carton (Cardboard Relief), 1965. Industrial paint on cardboard, 117 x 125 x 15 cm, © Bernar Venet

Bernar Venet, Effondrement of Arcs, 2019. Cor-ten steel. Site-specific dimensions. Exhibition: Lieu d’Art et Action Contemporaine (LAAC), Dunkirk, France. Photo credit Vincent Bijan, LAAC Dunkirk © Bernar Venet and VG Bild-Kunst, Bonn 2022

Bernar Venet, Gold Diptych with “Recursiveness”, to Kurt Gödel, 2012. Acrylic on canvas, 228 x 543 cm. Collection Venet Foundation, © Bernar Venet and VG Bild-Kunst, Bonn 2022


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