READING

Claudia De Luca rilegge Zorba il Greco per My Monk...

Claudia De Luca rilegge Zorba il Greco per My Monkey Edizioni

Qualche tempo fa avevamo parlato di My Monkey Edizioni, coraggioso progetto editoriale, ideato e gestito da Andrés David Carrara con la complicità di Chiara Soldati, che prevede la pubblicazione bimestrale di riviste stampate in 50 esemplari numerati e firmati in cui artisti sempre diversi vengono chiamati a confrontare i propri linguaggi creativi con un classico della letteratura italiana e straniera. Torniamo ora sull’argomento in occasione dell’ultimo numero della rivista, in cui Claudia De Luca, artista multimediale che fonda la sua poetica sulla rilevazione delle implicazioni emozionali e poetiche delle trame di materiali naturali e artificiali impastate con la pittura, è stata invitata a interpretare Zorba il greco, romanzo scritto da Nikos Kazantzakis nel 1965, che racconta dell’incontro tra l’autore, giovane intellettuale ancora inesperto della vita, e l’operaio-giramondo Alexis Zorba, il cui viscerale coinvolgimento con la componente istintiva della natura lo affascina profondamente.

Per scoprire i retroscena di questo nuovo sodalizio tra artista, autore ed editore abbiamo avuto il piacere di interpellare Claudia De Luca, con la quale abbiamo approfondito le ragioni del suo processo creativo in relazione a questa particolare sollecitazione.

Andrea Guerrer: Come è nata l’idea di questo libro d’artista e che tipo di collaborazione si è instaurata con la casa editrice?

Claudia De Luca: L’idea è nata da una mia antica fascinazione verso il testo di Nikos Kazantzakis che ho letto in due momenti diversi della mia vita: uno in età liceale dove ho solo intuìto il potenziale emotivo e umano della narrazione, aiutata anche dalla meravigliosa trascrizione cinematografica di Michel Cacoyannis. L’altro in età adulta, dove ho compreso realmente la direzione di senso che l’autore voleva far emergere. I protagonisti e il paesaggio sembrano inciampare l’uno sull’altro scontrandosi all’interno di una dimensione materica ed esistenziale verace e tragica. Da questa fusione emerge lo sguardo poetico dell’uomo sul mondo. È stato in quel momento che ho cercato di tradurre, tramite la mia pratica artistica, alcune tonalità interne che il testo mi poneva di fronte. La collaborazione con la casa editrice My Monkey è nata da una mia proposta che ho delineato ad Andrés David Carrara e a Chiara Soldati. Entrambi, con grande sensibilità e attenzione, hanno accolto il mio lavoro comprendendo, sin dall’inizio, l’autenticità del mio intento artistico.

Guardando i lavori che hai scelto per accompagnare ciascun frammento di testo selezionato, sembra che essi restituiscano visivamente la multiforme essenza di Zorba e del paesaggio emozionale da lui incarnato attraverso il duplice filtro dello scrittore e dell’artista. Quale forma di identificazione si è instaurata con i due personaggi? A quale ti senti più affine?

Il mio lavoro artistico è necessariamente metamorfico e soggetto a continui stravolgimenti. I tessuti che uso, i modi in cui li manipolo e li stratifico rendono l’opera mai conclusa. Spesso accade che frammenti di colore o lembi di tessuto cambino nel tempo dando origine a impronte che rivelano qualcosa che prima non c’era. Ho una visione strettamente organica e materica del corpo nel suo rapporto con l’alterità e l’azione compiuta sui tessuti è un’azione compiuta come se mi stessi movendo su di un’allegorica epidermide universale, un acerbo rivestimento del mondo che a tratti rompo, ricucio e modifico. Nel caso del romanzo Zorba il greco, ho declinato il mio lavoro concentrandomi soprattutto sulla figura di Zorba che è puro istinto, sangue e nervi. Il modo in cui interagisce con il paesaggio cretese, ruvido e ancestrale, e la sua ultima danza alla vita (rappresentata dal sirtaki) mi hanno fatto pensare a un panteismo di stampo bruniano in cui poesia, libertà e natura si uniscono in un solido abbraccio.

Kazantzakis di Zorba ammira “lo sguardo primitivo (…), la naturalezza creativa, che si rinnova ogni mattino, con cui guardare incessantemente ai secolari elementi quotidiani (…)” e il fatto che fosse “capace di demolire tutte le barriere — morale, religione, patria — che le persone sventurate e impaurite erigevano per sfangarsela senza troppi danni nella propria misera vita”. Guardando le stratificazioni di pittura e materiali su cui si fonda il tuo lavoro, mi sembra di rilevare una particolare sintonia con questo approccio e con una visione integrata e metamorfica del mondo, i cui elementi costitutivi, rimescolandosi, danno vita a immagini sempre diverse, a tratti inquietanti e violente, ma anche nostalgiche e fragili. Cosa vorresti raccontarci a riguardo?

Il mio lavoro è un percorso che può rivelarsi inquietante.  L’azione che compio non è caratterizzata da alcuno sentimentalismo o approccio retorico. Le radici da cui mi muovo sono la contraddittorietà, i confini e le estremità del procedere umano. Non ho mai concepito il mio lavoro senza questa dose di violenta “lesione” emotiva. Però, come in un movimento rizomatico che sempre torna all’origine, emerge molto spesso la nostalgia di un qualcosa di perduto. Il bisogno di una quiete o di un approdo fuoriesce naturalmente, come in una battaglia nella quale il silenzio è visto come un orizzonte sperato, ma forse mai definitivamente raggiunto. La risata liberatoria che Zorba fa nel momento in cui la morte lo coglie in piedi è tragica e poetica al tempo stesso. Tutto, nel suo corpo e nelle sue parole è un inno alla vita, anche quell’ultimo nitrito finale. Ecco, mi piace vedere i miei lavori come quella risata liberatoria nella quale tragico e poetico convivono insieme.

Pensi che la creazione artistica, come la danza per l’anziano greco protagonista del romanzo, abbia per te una valenza catartica e liberatoria? Come si intersecano nel tuo lavoro l’intimità delle emozioni individuali e l’alterità onnicomprensiva del mondo da cui provengono i materiali che utilizzi per realizzare le tue opere?

Non ho mai percepito la creazione artistica come un qualcosa di completamente salvifico, anzi. L’arte, come la filosofia, complicano notevolmente l’agire dell’uomo. Ma è una complicazione necessaria perché apre a sentieri che ti rendono liberale nei dettagli ma inflessibile nella sostanza. Mi sono approcciata alla dimensione artistica in modo solitario e silenzioso, tanti anni fa. L’ho sempre vissuta come una litania di gesti e di visioni che aveva un qualcosa di profondamente metodico come se stessi compiendo un rituale scandito e necessario. Ed è proprio danzando intorno a quella ritualità che ho capito che stavo girando sui bordi di un abisso che andava compreso nella sua interezza. Questo è il mio approccio all’alterità: un affacciarsi oltre, un procedere attraverso, un penetrare e poi riemergere. Non si riemerge mai intatti, ovviamente, ma resta sempre una piccola amputazione che trovi, un giorno e all’improvviso, sulla tua pelle.

In luglio a Milano, presso la Basilica di San Celso, si terrà una tua mostra personale in cui saranno esposte anche alcune opere riprodotte nel libro. Vorresti anticiparci qualcosa di questo nuovo progetto?

Dal 7 al 24 luglio, presso la Basilica di San Celso a Milano, ci sarà una mia personale dal titolo “Le camere dello scirocco” a cura di Elisabetta Mero. È la seconda tappa di un percorso che ho intrapreso lo scorso anno con una personale a Venezia e che vedrà proprio a Venezia, a ottobre 2022, la terza e ultima fase di questo progetto. Nel caso della mostra milanese, i temi fondamentali su cui ruoteranno i miei lavori saranno proprio la cura e l’approdo. Ho pensato che quando la malinconia dell’attesa e la quiete del silenzio si poggiano sui corpi, i tessuti possono dar loro una forma, facendo emergere pelle, muscoli e nervi su cui poter scrivere una narrazione intima e privata. Il torpore e il tepore che ne derivano si stendono su di un tappeto materico, composto da 110 piccole forme scultoree intrise di cera, legno e tarlatana. In questa seconda tappa mi fermo e mi siedo sui bordi a respirare, finalmente.

Info:

www.mymonkeyedizioni.com

https://www.instagram.com/claudiadeluca1/

Foto ritratto di Claudia De Luca

Maggio 2022 – N° 23 della rivista My Monkey Claudia de Luca – Zorba il greco

Claudia De Luca, Chloe sul bordo del vulcano, cotone, pigmenti, colori acrilici, fiamma ossidrica, 54 x 86 cm, 2020, Photo credits: Eleonora Conti, courtesy l’artista

Claudia De Luca, Del suo incerto arcano, cotone, pigmenti, acrilici, fiamma ossidrica, 53 x 42 cm, 2020, Photo credits: Eleonora Conti, courtesy l’artista

Claudia De Luca, Del custodire, tarlatana, colori acrilici, cera, 50 x 70 cm, 2021, Photo credits: Eleonora Conti, courtesy l’artista


RELATED POST

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

By using this form you agree with the storage and handling of your data by this website.