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David Horvitz. Una goccia d’acqua nel mare

David Horvitz. Una goccia d’acqua nel mare

Entrare nel piccolo grande mondo di David Horvitz è questione di pochi scalini: una volta scesa la scala metallica che introduce alla Loom gallery ci si trova confortevolmente distaccati dalla realtà cittadina, e qui, al di sotto del manto stradale meneghino si passa da un’immaginario di asfalto ad uno di acqua, inglobati fisicamente nella terra ma fluttuanti con la mente fra i marosi.  Il protagonista della mostra è infatti il mare, concepito come ancestrale mezzo (e luogo) di comunicazione tra le differenti comunità umane che vi si sono affacciate sin dall’antichità, punto d’incontro in un dialogo ideale tra Odisseo e Padron ‘Ntoni, tra chi deve andarsene e chi deve rimanere. Il punto di partenza del viaggio è una fotografia di un cucchiaio riflettente la luna: è il satellite infatti a controllare le maree. Un lavoro piccolo e discreto che passerebbe quasi inosservato, ma che in realtà già fornisce una chiave di lettura per l’esibizione: il collegamento tra l’alto e il basso, l’umano e il naturale, lo specchiamento di ogni particolare nel totale e viceversa. Ma non v’è nessun senso panico, anzi: piuttosto l’allegria tranquilla di farsi cullare nella concordia naturae, un’accordo lirico ma non sostenuto, naturale nel senso di spontaneo.

Sull’idea di accordo si basa anche il secondo lavoro in mostra, un contratto che artista e compratore siglano per non far rivelare quale sia l’opera effettiva prima di dieci anni: ecco il piacere di non sapere, di arrendersi all’insondabilità, affiancato dall’ansia legittima della scoperta. Come ad una foce deltizia, anche alla terza opera di Horvitz convergono vari flussi: quello umano, del movimento di un artista statunitense verso e attraverso la comunità sicula di Favignana tra ottobre e novembre 2017; quello con la effe maiuscola, il Fluxus che è sicuramente un punto di partenza per la sua ricerca; quello linguistico, per cui dei sostantivi italiani che definiscono una specifica forma dell’acqua sono stati estrapolati da un anglofono e stampati su carta tramite timbri di gomma (anch’essi esposti) per creare delle poesie; quello di informazioni, testimoniato dalla mole di cartoline contenenti le poesie inviate all’indirizzo di ogni abitante dell’isola, recuperato tramite l’elenco telefonico, e del passaparola tra gli stessi isolani, di sicuro sorpresi dall’essersi visti recapitare delle lettere di questo tipo. Un intero muro è ricoperto da queste cartoline ocra su cui sono state impresse queste parole in blu: alcune si stagliano forti e nitide, altre aleggiano sbiadite sulla carta. Non manca mai il pronome “tu”, a testimoniare lo spirito di unità dell’uomo con il cosmo: e infatti l’essere umano è notoriamente composto in maggior misura dal liquido che rende possibile la vita. “Pioggia” o “rugiada” sono quasi invisibili, forme che l’acqua prende in modo discreto, evaporando poi silenziosamente. Sul foglio tempestato da molteplici “mareggiata” i “tu” si stagliano netti, romanticamente avvolti dal blu che svanisce timbro dopo timbro, come figure di Kaspar David Friedrich sulla riva del mare. Il diluirsi del colore parola dopo parola sembra rimandare sinesteticamente al passaggio dello scrosciare delle onde nella nostra cavità auricolare, che svanisce piano piano per poi tornare.

Le onde stesse hanno ridato all’uomo ciò che l’uomo aveva indebitamente scaricato ad esse: dei cocci di bottiglia che l’artista ha assemblato per creare una nuova ampolla che pare contenere il suono del mare come fosse una conchiglia. Sul contenitore verdognolo dai contorni incerti e frastagliati la luce scorre delicata come un torrente sui ciottoli del proprio letto. Attorno, delle opere su cui sono rappresentati i vari rumori e suoni del mare: lettere stampate in blu o in nero, quasi a richiamare le diverse profondità degli abissi o i tenui flussi di superficie, campeggiano su sfondi tinti a rassomiglianza della spuma delle onde, o con sedimentazioni brillanti di pigmenti cristallini, dove sbocciano però anche pennellate più fosche e inquietanti.

Tutta la mostra è giocata sulle varie colorazioni dell’ambiente marino, dai timbri color sabbia intinti nell’inchiostro blu, ai fogli dello
stesso colore, fino a questi ultimi lavori in cui galleggiano vari filamenti verdognoli o biancastri che riportano alla mente formazioni di alghe e tentacoli di meduse. In David Horvitz, pare quasi che sia all’opera un bilanciamento ed un osmosi tra la prosaica liricità dei koan Zen e l’accatastamento e il prelievo di dati del Web 2.0: in entrambi il passaggio dal piccolo al grande, dal particolare al totale, dal locale all’universale è sfumato, quasi invisibile ma presente ed anzi fondamentale. Approvvigionamento del sistema per crescita del singolo, e viceversa.

Simone Costantini

Info:

David Horvitz. Nuvola Nuvola Oceano Nuvola Foschia Tu
9 maggio – 30 giugno 2018
Loom Gallery
via Marsala 7 Milano

David Horvitz, nuvola nuvola oceano nuvola foschia tu, exhibition view at Loom Gallery © Loom Gallery & The Artist

David Horvitz, nuvola nuvola oceano nuvola foschia tu, exhibition view at Loom Gallery © Loom Gallery & The Artist

David Horvitz, untitled, 2018, set of 55 works on paper (each cm. 40 x 30), stamps, ink, ink pad, cm 265 x 430 (detail)

David Horvitz, untitled, 2018, set of 55 works on paper (each cm. 40 x 30), stamps, ink, ink pad, cm. 265 x 430 (detail)


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