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Giulio Catelli: una ricerca dolcemente distorta e ingentilita di grazia

Se ogni pittura muove da un postulato indimostrabile e indimostrato, quella di Giulio Catelli esiste per essere dolcemente distorta e ingentilita. Il possesso del foglio e della tela è per l’artista come una lastra di cera, senza alcun limite tra aria e materia, sicché i contorni si perdono in una trama tratteggiata che rende i soggetti labili e accattivanti.

Giulio Catelli, Ragazzi sotto ponte Sisto, 2023, 120 x 140 cm, olio su tela, courtesy l’artista e Galleria Richter Fine Art, Roma

È agevole vedere che nel mischiare singolarmente pennellate come svolazzi, mossi da improbabili raffiche di vento, la pittura è generata da una catastrofe meticolosa intenta a rappresentare un mondo di onestà e purezza. Dimodoché i temi si muovono come disordinate forme di una vitalità dinamica, tipica di un ritmo schiuso verso nuove scoperte, come se fossero sempre stati lì sotto i nostri occhi, necessitando semplicemente di essere scelti, tali da esercitarci nella domanda: quale traccia v’è nella mente e sensibilità dei mezzi e fini di Catelli? Ebbene, è il senso della realtà a tener legato l’artista alla consistenza dell’immagine, lui è lì che si dibatte in una smania tra il diniego di una precostituita spazialità che non intende far svaporare se non segnando grandi fendenti di colore, in cui le linee squarcianti le forme, si inseriscono oramai a cose fatte. In ordine alla sua recente produzione, l’artista rivela come il continuo cambiamento non presenti alcun aspetto negativo, anzi è auspicabile, cosicché nelle opere esposte presso la mostra Chirping Garden – la cui inaugurazione è prevista il 26 ottobre 2023 in occasione di un progetto di residenza avviato nel 2022 – che celebra anche il cinquantesimo anno dalla fondazione della John Cabot University di Roma, i soggetti in rassegna sono decenti, affettuosi, incapaci di passioni ingovernabili, di rado attivi e più di frequente pigri.

Giulio Catelli, Tre studenti sul divanetto, 2023, 24 x 30 cm, olio su tela, courtesy l’artista e Galleria Richter Fine Art, Roma

Eppure, quanto proposto dalla John Cabot University è un invito a conoscere il problematico giudizio che in un certo modo apre, più o meno consapevolmente, nuove possibilità di confrontarsi con una ricerca, sì da domandarci se ogni lavoro sia generato da un’irreversibile e nuova maturazione dell’artista. Non credo dubbio che la produzione in mostra sia racchiusa abilmente in una cassa armonica che ingloba l’ambiente e le zone limitrofe alla John Cabot University, sebbene Catelli dimostri di essere liricamente attento anche alla voluttà rudimentale del corpo umano, in particolare ai piedi, alle gambe e alla testa, in quanto riconosciuti come spina dorsale del fisico. Ed è proprio il loro articolato movimento ad abitare lo spazio, cosicché è di fondamentale importanza riportare tale aspetto con un’intelligenza tattile, proprio come quando intende cocciutamente fissare il movimento di fosca ilarità di volatili sul prato della Villa Farnesina, secondo un singolare punto di osservazione spaziale che offre la sede dell’Università. Dopo quel che si è detto, va da sé ipotizzare che l’artista sappia ben scrivere e non trascrivere ciò che gli si pone dinanzi o che sovviene alla sua memoria, tanto che con le opere in mostra ci prende un po’ per la gola, o almeno ci sottrae al dovere di dire sì o no alla domanda se si riconosce quel luogo ora rappresentato nella sua conformazione più semplice e sperimentale.

Giulio Catelli, Ragazzi sotto ponte Sisto, dettaglio, 2023, 120 x 140 cm, olio su tela, courtesy l’artista e Galleria Richter Fine Art, Roma

Catelli intuisce e schiaccia questa agnizione sotto il peso della sua pittura, continuando a rimanere folgorato dall’incertezza, poiché ha inteso caratterizzare le sue espressioni come un fatto coessenziale, tanto da immergersi nell’opera e nella sua calda stasi, mettendo a fuoco la centralità dei soggetti e mai scivolando verso un intollerabile estetismo. Ecco perché quella dell’artista è la storia di una ricerca dolcemente distorta e ingentilita di grazia, poiché è conscio, senza alcuna remora, di essersi a pieno invaghito del problema della sua pittura. Ecco che, percependo il culto di questo enigma, alcune volte socchiude appena gli occhi e accarezza con le mani gli sfondi delle tele dai colori disposti come carnose nuvole in calzamaglia, quasi volte a espandersi elasticamente. Ebbene questa è una qualità accattivante, che coincide con la sua voce mimetica, verosimilmente tipica di un pittore segnato da una furbizia infantile e da una estrosità intelligente e naturale, di cui forse lui è inconsapevole. Va da sé che il suo occhio, cauto ed esatto, si diverte a giocare con la sua veduta preferita a suppergiù, sempre piena di continuità impreviste, e proprio tale scelta induce, giocoforza, la mancata individuazione di un centro principale, cosicché alcune volte il soggetto è doppiato nella stessa scena in una postura candidamente artificiosa, altre volte, invece, è lasciato libero, senza definire alcuna differenza tra protagonista e comparsa.

Giulio Catelli, Ragazzi sotto ponte Sisto, dettaglio, 2023, 120 x 140 cm, olio su tela, courtesy l’artista e Galleria Richter Fine Art, Roma

Tale inedita capacità di ideare vedute ilari, in cui si percepisce appena un’unghiata di abisso, emerge ancor più nella selezione di disegni, molto più attrattivi rispetto alle tele in mostra, di cui una selezione è raccolta in una fanzine in 150 esemplari a cura della John Cabot University e dell’artista. In queste carte la cosità di quanto viene raffigurato ha un proprio calore: da qui si potrebbe riflettere sul peso che il disegno ha per l’artista: una via di fuga o un sollievo privato? Non v’è dubbio che per Catelli tale esercizio è fondamentale per restituire uno spazio specifico e fatale al suo problema pittorico, che per l’appunto ora emerge in chiarezza, ed è la manipolazione dell’ombra e l’elasticità dello spazio. Tale pratica è astuta benché non sia utile a dipingere figure per intero, ma solo per accennarne i guizzi dai succulenti tratti. Avviene ciò con il suo caro gatto Miki: Catelli è conscio di non volerlo riproporre esattamente come appare e come un atto di gran lunga preferibile, lo fa nascere e rinascere tutte le volte che lo ritrae, facendolo scaturire quasi alla cieca nell’abbandono di una crosta di carta bianca, in cui le fluttuazioni d’inchiostro si comportano stravagantemente come il vento fa con il mare.

Giulio Catelli, Sul divano, 2023, 20 x 24 cm, china su carta, courtesy l’artista e Galleria Richter Fine Art, Roma

In tutte queste brillanti carte, gli schizzi a china acquisiscono inaspettatamente il sapore di uno scherzo appena accennato, con indizi di sapienza fatale e infantile, non per i soggetti raffigurati, né tantomeno per il modo in cui li affronta, piuttosto per gli attimi, tutti scelti con una puerizia sapiente. Lo slancio pittorico, sempre controllato dal vigore delle linee, manifesta un’energia di movimento funzionale all’invenzione di una mano felice e sarebbe davvero utile, per verificar tale intuizione, ruotare e iniziare a studiare in tutte le direzioni le carte stesse, poiché potrebbero apparire dei candidi e nevrotici scarabocchi. Ma non si deve intendere tale visione come un’azione sprovveduta, bensì come un divertimento tipico di una raziocinante capacità di gestire la propria libertà inventiva, che unisce, secondo una connessione logica, tutte le linee, lasciando allo spettatore il solo compito di scoprire le regole, sempre se ve ne siano. Così anche se alcuni angoli rimangono risparmiati, il morbido tratto registra diverse oscillazioni, mai frutto di pentimento, ragion per cui la linea non è mai tale, bensì una forma goffa, tendente a farsi risucchiare dalle chiazze acquarellate o dallo sfondo bianco in cui si manifesta.

Giulio Catelli, Nei giardini, 2022, 33 x 22.5 cm, china su carta, courtesy l’artista e Galleria Richter Fine Art, Roma

Resta da notare che, in un certo senso, l’insieme dei disegni proposti sono soggetti volgarizzati e raccontati come in minute parabole dal fascino acerbo, poiché nella maggior parte dei casi le figure non si volgono a noi, dimostrando invece di avere ben altro da fare. Cosicché Catelli non si cura di tracciare alcuna scena, bensì è impegnato a definire degli attimi, e questa è una scelta aspra e clamorosa per un pittore, siccome il carattere narrativo si scopre solo in un secondo momento e l’azione raffigurata acquisisce chiarezza solo con titoli argutamente didascalici. Ma proprio ciò fa differire la pratica disegnativa di Catelli dalla normale attività di un altro artista, giacché nelle carte vi sono tanti ostaggi narrativi che egli studia con sguardo curioso, variandoli al soffiare del vento, invaghito com’è della sua stessa forma, un qualcosa di fatale su un corpo pittorico mentitamente liscio.

Info:

Giulio Catelli, Chirping Garden
Art history society, John Cabot University, Roma
Via della Lungara, 233, 00165, Roma
Dal 26/10/2023
https://www.johncabot.edu/| arthistorysociety@johncabot.edu


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