READING

Il contemporaneo dell’industria: finalisti al conc...

Il contemporaneo dell’industria: finalisti al concorso GD4PHOTOART.

Fino al 10 gennaio sarà visitabile nella Photogallery del MAST la collettiva GD4PHOTOART, che riunisce i lavori di giovani fotografi selezionati tramite concorso biennale e invitati ad esplorare il volto contemporaneo dell’industria e del lavoro documentando le trasformazioni ambientali, sociali e produttive generate dai differenti modelli dello sviluppo economico globalizzato. I candidati, di età non superiore ai quarant’anni, vengono proposti da segnalatori internazionali del settore ad una giuria che sceglie quattro finalisti, ognuno dei quali riceve una borsa di studio per realizzare un progetto che concorre all’assegnazione del premio finale. Protagonisti della quarta edizione del concorso e della mostra inaugurata il 3 ottobre sono: Marc Roig Blesa, Raphaël Dallaporta, il duo Madhuban Mitra-Manas Bhattacharya e il vincitore Oscar Monzon, i cui lavori andranno ad arricchire la collezione permanente della Fondazione.

Il progetto di Marc Roig Blesa si interroga sulle possibilità di un attivismo visivo contemporaneo con la creazione di Werker Magazine, rivista a gestione collettiva che si occupa di fotografia e mondo del lavoro. Ispirandosi alle pratiche di auto-rappresentazione e critica dell’immagine del Worker Photography Movement, un gruppo di associazioni di fotografi dilettanti che comparve in Germania negli anni Venti, l’artista intende l’immagine come potente strumento educativo al pensiero indipendente. Ogni numero della rivista è integrato da un laboratorio che trasforma la sede espositiva in uno spazio di apprendimento collettivo, sollecitando l’analisi attiva di un tema specifico, che a Bologna è il “lavoro invisibile”, come potrebbero essere le faccende domestiche, un’attività di volontariato o di cura. Con l’allestimento di una biblioteca liberamente consultabile e la creazione di una community darkroom dove esporre foto dilettantesche realizzate durante il workshop, il progetto intende promuovere la produzione dal basso di immagini efficaci che rivendicano le reali condizioni di vita e di lavoro delle persone coinvolte. Raphaël Dallaporta affronta con sguardo imperturbabile e rigoroso le conseguenze dell’agire umano nell’ambiente e nella società, analizzando il rapporto tra progresso e memoria in immagini che esaltano la potenzialità simbolica del mezzo fotografico. In mostra presenta una serie di scatti dedicati al programma Symphony, il primo sistema di comunicazione satellitare in Europa avviato negli anni Sessanta grazie ad un accordo franco-tedesco. Le gigantesche e ormai desuete antenne satellitari appaiono come  frammentari reperti di archeologia industriale, fragile monumento ai limiti e alla parzialità dei provvisori accordi umani. La discontinuità delle immagini, che crea eleganti composizioni in bianco e nero, sottolinea come il tempo abbia cominciato a smantellare le rovine di questa gigantesca impresa e suggerisce che anche una tecnologia apparentemente democratica può nascondere anfratti ambigui pronti a generare pericolose perdite di controllo.

Madhuban Mitra e Manas Bhattacharya, originari di Calcutta, appartengono alla generazione per la quale la fotocopia di libri presi in prestito in biblioteca era quasi l’unico veicolo economico di accesso alla conoscenza. La conseguente diffusione di fotocopisterie con macchine Xerox d’importazione ha generato una micro economia sommersa ma indispensabile all’industria culturale. In scatti colorati e ironici gli artisti ritraggono la banalità esistenziale degli angusti negozi dove si svolge questa attività, documentando la ripetitività dei gesti degli addetti ai lavori e la loro sottomissione all’inesorabile ritmo delle macchine. Presentando inoltre riproduzioni fotografiche di fogli fotocopiati mal riusciti raccolti nel corso delle loro visite, indagano il limite ontologico e linguistico del procedimento fotografico, che condivide con la fotocopia la finalità di creare una riproduzione generata dalla luce ma ambisce allo statuto di immagine. Il lavoro di Oscar Monzon, intitolato Maya, riflette sull’innata vocazione illusoria della fotografia che, cristallizzando in forma visibile ciò che si muove di fronte all’obiettivo, suggerisce un’implicita messa in scena della realtà. Confrontando note immagini pubblicitarie che oggi fanno parte di qualsiasi panorama urbano con riprese di strada che catturano gli atteggiamenti spontanei delle persone, l’artista fa emergere l’omologazione di mode e atteggiamenti irrimediabilmente condizionati dal potere dell’industria della persuasione. In un inquietante corto circuito percettivo che alterna colorati cartelloni promozionali alla street photography in bianco e nero, Monzon sembra insinuare che la nostra quotidianità è controllata da codici comportamentali inconsci ancora più coercitivi di quelli che regolano la comunicazione massmediatica creativa. In uno scenario globale sempre più alienato e spersonalizzato ciò che sembra resistere è l’insopprimibile desiderio di felicità che infonde calore all’artificialità delle immagini  pubblicitarie e che, strumentalizzato dalla mitologia capitalista, finisce per irrigidire e frustrare la vita reale.

GD4PHOTOART COMPETITION FINALISTS
3 ottobre 2015-10 gennaio 2016
MAST
Via Speranza, 42 Bologna

Raphael Dallaporta, ReliqueAvantGarde

Marc Roig Blesa


RELATED POST

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

By using this form you agree with the storage and handling of your data by this website.