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Lida Goldoust. La natura come ecososistema senziente

“La natura non è un luogo fisico in cui recarsi, non è un tesoro da custodire o conservare, non è un’essenza da proteggere. La natura non è un testo da decifrarsi in base ai codici della matematica o della biomedicina. Non è un’alterità che offre origine, materie prime e servizi. Né madre né curatrice, né schiava né matrice, la natura non è risorsa o mezzo per la riproduzione dell’uomo. La natura è, strettamente un luogo comune”. Così afferma Donna Haraway, tra le principali esponenti del pensiero ecologico e femminista contemporaneo, nel saggio Le promesse dei mostri. Una politica rigeneratrice per l’alterità inappropriata (ediz. Habitus, 2019). Se gli umani sono una specie distruttiva che ancora non ha imparato a convivere con il resto del mondo senza danneggiarlo, anche l’idea o l’esistenza della natura così come noi di solito la concepiamo, è un artificio interamente umano che rispecchia il modo in cui gli uomini pensano loro stessi e si relazionano con ciò che esiste. Rilevare questo artificio, secondo la filosofa e docente statunitense, è il primo passo per immaginare che altri artifici sono possibili, a partire dai quali entità biologiche (e tecnologiche) in continua metamorfosi potranno trovare spazi di coesistenza su questo pianeta. Se le riflessioni di Donna Haraway puntano a invalidare il sistema di pensiero occidentale incentrato sulla contrapposizione di due elementi antitetici, come le categorie uomo/donna, naturale/artificiale, corpo/mente rese obsolete dalla sperimentazione scientifica, molti artisti negli ultimi anni hanno cominciato a indagare con diversi linguaggi ed esiti differenti le falle della visione antropocentrica della natura.

In questo filone tematico possiamo collocare anche Lida Goldoust, pittrice iraniana che incentra la sua produzione artistica su quelli che a prima vista sembrano i generi tradizionali della natura morta e del paesaggio. I soggetti a cui si dedica sono quindi distese boscose fitte di tronchi e di rami, composizioni floreali osservate a distanza ravvicinata e rigogliosi grovigli di arbusti e foglie di cui è impossibile intuire l’estensione e le dimensioni. L’artista in queste composizioni apparentemente plausibili riesce a sfidare con sottile sensibilità il pregiudizio insito nelle nostre consuetudini interpretative attraverso un’esibita accentuazione della nitidezza dei dettagli che, invece di generare una tranquilla riproposizione pittorica della realtà, sortisce l’effetto opposto, immergendo la visione in una misteriosa sospensione. Se inizialmente lo sguardo tenta di assuefarsi all’armonia dei colori e delle linee riconducendo ciò che vede a un’elegante rielaborazione di un soggetto ordinario, un’osservazione più attenta e prolungata fa emergere come quelle forme siano animate da un interno brulichio energetico che si trasmette da una pennellata all’altra indipendentemente dai confini figurativi tra le cose rappresentate e dalla materia cromatica utilizzata. Insistendo in modo uniforme su certi particolari, come i rami che sembrano avvolgere gli alberi come se fossero una rete di vene indipendente dalla pianta da cui si suppone siano stati generati o le strane foglie cigliate e filamentose che si agitano tra i fiori con movenze da esseri acquatici, l’artista ci fa vedere la natura in termini biologici ed emozionali a prescindere dalle categorizzazioni estetiche (e culturalmente antropocentriche) con cui l’uomo ha per secoli orientato il suo sguardo.

L’approccio realistico si dissolve in immagini in cui le forme e i colori rispecchiano il modo in cui l’artista reagisce alla vita materializzando un’atmosfera di sensualità e mistero in cui si allude alla scoperta di nuovi mondi e di nuove possibilità di esistenza che recepiscono nel paesaggio qualcosa che va al di là della fisicità delle cose, una morfologia non lineare in continua definizione e movimento. A questo punto la natura si libera dai luoghi comuni a cui è normalmente associata, non è più (per riprendere l’intuizione di Donna Haraway citata all’inizio) un ambiente che trova la propria ragion d’essere e il proprio ordinamento nella sua relazione con l’uomo, ma appare come un campo aperto di possibilità in cui le molteplici sfaccettature della vita si intersecano in un caleidoscopico rimescolamento. La pittura di Lida Goldoust, appassionatamente permeata di stupore per le meraviglie del visibile e animata da un legame profondo con un universo naturale di cui l’artista si sente parte, inscena una raffinata dialettica di paradossi tra l’espressività e la comprensione, l’aderenza al reale e l’artificio, il senso di appartenenza e il rispetto della diversità. La natura nelle sue molteplici forme esiste di per sé, non è uno strumento di bellezza o sopravvivenza finalizzato al benessere umano, ma al tempo stesso è forse il principale riferimento attraverso cui l’uomo riesce a comprendersi e a pensare sé stesso.

Ciò che appare urgente e necessario nella nostra epoca è quindi, secondo Lida Goldoust, ripristinare la connessione con la natura che improntava il pensiero e le azioni delle generazioni passate e riattivare questo dialogo interrotto alla luce di una nuova consapevolezza sull’infinita pluralità di manifestazioni di vita che essa racchiude. La sua pittura è un invito al viaggio, all’attraversamento dei confini, alla scoperta dei molteplici ecosistemi senzienti che convivono nello stesso frammento di mondo, a volte intersecandosi e altre volte rimanendo paralleli. Le pennellate che depone sulla tela incarnano un’idea sinuosa di crescita, direttamente mutuata dalla sua capacità di osservazione empatica dei dettagli e della vibrazione che li movimenta, mentre il cromatismo espressivo che utilizza esprime la sua completa aderenza all’esplosione vitale che si palesa al suo sguardo sensibile. Per coinvolgere ancora di più lo spettatore in questa esperienza, l’artista applica alle sue immagini un taglio fotografico che omette una visione esaustiva e conchiusa del soggetto (eliminando per esempio i confini del bosco, i bordi delle foglie o l’origine del gambo) per indurre il fruitore a completare mentalmente il miracolo dell’”organismo visivo” che si trova di fronte immergendovisi completamente.

Info:

www.instagram.com/ldagoldous5/

Lida Gouldoust, Epiphany Painting, Oil Color on Canvas 2001 W:80.00 H:100.00 cm Lida GoldoustLida Gouldoust, Epiphany, oil on canvas, 2001

Lida Gouldoust, Excellence, oil on canvas, 2002

Lida Gouldoust, Untitled, oil on canvas, 2011


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