Luc Tuymans. La Pelle

Fin dall’inizio, il mio lavoro si è orientato verso l’idea della memoria e, nello stesso tempo, della questione del potere.

Tramite questi due elementi significativi, la memoria e il potere, Luc Tuymans (Mortsel, Belgium, 1958) proietta la sua intera ricerca artistica, svelata nella sua quasi totale integrità, nella sua prima personale in Italia curata da Caroline Bourgeois a Palazzo Grassi (Venezia). Il titolo è un prosieguo, parossismo, apice della sua analisi, nei suoi più intimi significati. “La Pelle”, titolo della mostra, si ispira al libro di Curzio Malaparte dall’omonimo titolo (1949), la cui trama ambientata nella grottesca Napoli occupata dagli alleati americani durante la Seconda Guerra Mondiale, riflette metaforicamente l’ambiguità tra finzione e realtà dell’arte di Tuymans.

La città lacerata e plumbea, come “una rivelazione di orrori”, i più atroci, causati dalla disperazione creata dal conflitto, dal dubbio morale, dalla perdita di valori. Un racconto di similitudine ambientato tra i contrasti raccontata in una forma di iperrealismo fiabesco, svelando la tragedia che coinvolge vinti e vincitori tramite un lirismo nichilista d’inquietudine. Ma dove il potere ha distrutto tutto, La memoria persiste.

La “Pelle” inoltre si erige a emblema nella sua terminologia anatomica di superficie organica, schermo vivo, resistente e sensuale, protettivo e provocante, poiché concettualmente contiene in sé il valore antonimico più importante, lo cela, lo rende invisibile. Così la tela adempie a una sorta di responsabilità di piano raffigurativo simile al cui interno “protegge” e “svela” un contenuto poetico intrinseco dando vita al quadro insieme alla presenza di chi osserva, nel limbo metafisico della mera rappresentazione, della sua interpretazione e del suo reale racconto.

L’approccio teorico di Tuymans è strutturato in multi-livelli processuali, il processo creativo in rapporto alla realizzazione di un’opera, il valore di analisi dell’azione e il soggetto che va a rappresentare: prediletti sono i caratteri “perturbanti” di un soggetto o di un elemento, “irrappresentabili”, caricando di una violenza reticente, scultorea, adulata, perversa e feroce, lo stesso metodo pittorico di raffigurazione: realizzati in un giorno solare con pennellate fugaci, insolite, frettolose.

Precursore della pittura contemporanea, Tuymans tramite i suoi processi artistici applica una metodologia di ricerca e d’analisi quasi antropologica in cui i soggetti da lui scelti emergono come simboli ipnotici o dettagli chiave di un contesto storico, contemporaneo, personale e di memoria culturale, rielaborando l’immagine e il suo significato.

Di fondamentale importanza l’elemento fotografico e il suo sconvolgimento nell’atto pittorico, provenendo la maggior parte delle sue figure da Polaroid, foto tratte da riviste o immagini di vecchi film. Un détournement si instaura definendo più a fondo il gap del concetto di creazione, rappresentazione e interpretazione: un vuoto, un difetto, “assenza” colmata, secondo Tuymans, dall’elaborazione sensoriale di chi lo osserva e dalla sua memoria, dove risiede il vero senso di un quadro.

Dunque cos’è la rappresentazione – si interroga Tuymans – è la mera realtà o anche una realtà mentale ricreata? Tuymans scardina questa scissione tra reale sensibile e artificio dichiarando che l’arte non illustra la realtà, ma la pone in prospettiva non secondo una visione oggettiva del soggetto, ma secondo ciò che quel oggetto rievoca in una forma interrogativa, misteriosa o inquietante. L’immagine, fulcro del pensiero di Tuymans simboleggia il Limite percepibile della sfera visibile e cognitiva, in quanto la mera immagine può divenire menzogna, disincanto, segreto.

Emblematica si erige la prima opera nell’atrio d’ingresso di Palazzo Grassi, unico lavoro site-specific, una rappresentazione di un dipinto del 1986 ispirato al disegno originale di Alfred Kantor, un detenuto sopravvissuto del campo di concentramento tedesco “Schwarzheide”. Realizzata secondo i tasselli di un mosaico, raffigura il bosco circoscritto al campo, eretto per nasconderne le atrocità agli occhi esterni.

La scelta della pavimentazione implica una differente prospettiva concettuale e fisica, obbliga e sfida il visitatore al pensiero di compiere un’azione normale ma valorizzata concettualmente dal soggetto calpestato, qui una memoria d’orrore, tramite l’atto stesso (qui) burbero del “calpestare”, affiorando nel sentimento del soggetto emozioni di ripugno.

Secondo un ideale di “falsificazione autentica”, Tuymans si amalgama al percorso personale e contestuale che lo portò ai metodi rappresentativi. Cullato da una cultura visiva proveniente direttamente dal cinema, dalla televisione e dalla stampa, l’immagine è ciò che meglio esprime e dialoga con Tuymans. La fotografia delle Polaroid, la luce e le ombre dei vecchi film cult ispirano il vissuto conoscitivo ed estetico dell’immagine di Tuymans ad ora “utilizzatore” e fruitore di immagini dal flusso cospicuo e inesorabile del digitale.

Pertanto ri-elabora, decapita, immobilizza le immagini, come natura di sé stesso, se ne ciba per rispuntarle, diffidente. Ma se l’immagine digitale svanisce nel flusso costante di molteplici simili, la pittura coinvolge e obbliga a una riflessione più acuta, invita la contemplazione e una sua decodificazione. Il concetto di “Aura” benjaminiana legata all’opera d’arte in Tuymans, pare proseguire lievemente intaccata e indebolita ma non svanita. L’opera, come il quadro, rappresenta e contiene al suo interno un valore “differente”, “Altro” dalle mere riproduzioni.

Luc Tuymans pare ricreare tramite il percorso curatoriale-espositivo delle sue opere una sensazione di “essere attesi”, come se le opere stesse volessero “raccontare” ed “essere osservate”. Nei loro toni prevalentemente monocromatici, dalle pennellate primitive ad eccezione di delicate sfumature, l’artista applica e declina le esigenze di narrativa visiva ai suoi soggetti, con coscienza e cognizione di causa. I dettagli sono i codici di lettura, epifanie della mente, urla e richiami di una vecchia tragedia, la paura del Male che incombe, i ricordi di infanzia di un individuo mascherato, un’esperienza vissuta, un dolore, una gioia, uno slogan.

L’ossessione viscerale e mentale per la violenza caratterizza l’intera opera del pittore che la mostra con uno sguardo glaciale d’analisi, freddo e apatico.

Pura osservazione e contemplazione di avvenimenti che costellano la vita di ognuno e la fascinazione verso il lato più oscuro, folle e meschino dell’essere umano.

Pertanto i soggetti del pittore olandese vengono spesso attribuiti al concetto di “Unheimlich”, tradotto come “inquietante estraneità”, un fenomeno di svelamento per il quale un oggetto o situazione apparentemente familiare, intimo, innocuo pare avvolto da un alone spettrale, sinistro, di artificio.

“Technicolor” incarna questo concetto dove un mazzo di fiori perde la sua dolcezza per acquisire un bagliore spettrale, una luce effimera brucia i soggetti di “Candle” e “Sundown”, mentre “Body” è un corpo “de-realizzato” privato di elementi riconoscibili, schizzato tono su tono. Le introspettive “nature morte”, un “Clown”, un “Orchid” (orchidea), degli animali, sino ai personaggi che più segnarono sia il vissuto di Tuymans che l’immaginario collettivo, come il celebre assassino e cannibale Issei Sagawa o come “Twenty Seventeen”, celebre serie televisiva dal racconto distopico, del viso di una donna, congelato sulla tela, colta nell’espressione di impotenza di fronte alla sua morte.

L’opera artistica di Luc Tuymans si configura come una sorta di atto antologico di un periodo del vissuto dell’artista stesso, applicabile e interscambiabile con ogni essere umano, tramite l’azione catartica di fare “ri-esperienza” del Male tramite la pittura per riconoscerlo e superarlo, come una sorta di “elaborazione del lutto”.

Info:

Luc Tuymans. La Pelle
24 marzo 2019 – 6 gennaio 2020
Palazzo Grassi
Venezia

Luc Tuymans, The Arena I, II, III, 2014, Private collection, Singapore. Installation View at Palazzo Grassi, 2019 © Palazzo Grassi, Photography by Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti.

(from left to right) Luc Tuymans, Niger, 2017, Private collection, courtesy Zeno X Gallery, Antwerp, Twenty Seventeen, 2017, Pinault Collection. Installation View at Palazzo Grassi, 2019 © Palazzo Grassi, Photography by Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti.

(from left to right) Luc Tuymans, Twenty Seventeen, 2017, Pinault Collection, The Shore, 2014, Tate, Sundown, 2009, Private collection, Courtesy David Zwirner, New York/London. Installation View at Palazzo Grassi, 2019 © Palazzo Grassi, Photography by Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti.

Luc Tuymans La PelleLuc Tuymans, Schw arzheide, 2019, Fantini Mosaici, Milano, Installation View at Palazzo Grassi, 2019 © Palazzo Grassi, Photography by Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti.

Luc Tuymans, Turtle, 2007, Private collection, Courtesy David Zwirner, New York/London. Installation View at Palazzo Grassi, 2019 © Palazzo Grassi, Photography by Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti.

(from left to right) Luc Tuymans, Still Life, 2002, Pinault Collection, William Robertson, 2014, The Broad Art Foundation. Installation View at Palazzo Grassi, 2019 © Palazzo Grassi, Photography by Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti.

Luc Tuymans, Die Zeit, 1988, Private collection. Installation View at Palazzo Grassi, 2019 © Palazzo Grassi, Photography by Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti.


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