Zahra Hooshyar. Paesaggi dell’anima

Inseguo un sogno, voglio l’impossibile. Gli altri pittori dipingono un ponte, una casa, una barca e concludono. Io voglio dipingere l’aria entro la quale si trovano il ponte, la casa, la barca. La bellezza dell’aria nella quale stanno, e tutto questo non è altro che l’impossibile. (Claude Monet)

La pittura nasce dall’inesauribile stupore del pittore che si lascia incantare dal mondo: lo stupore cerca l’essenziale, è manifestazione istantanea dell’essere, sciolta dal ritmo consequenziale dell’esistenza. Da sempre la natura è un campo di indagine privilegiato per chi lavora con il colore e la sua rappresentazione in arte contemporanea da tempo è uscita dai canoni del realismo per abbracciare un campo più vasto di spunti, motivi e implicazioni. Mediante il colore l’artista è demiurgo, artefice di nuove forme, plasmatore di altri mondi che non siano quelli della realtà e in questo senso ogni visione diventa subito creazione.

L’artista iraniana Zahra Hooshyar (1961. Vive e lavora nel Regno Unito) parte dalle sue impressioni di fronte agli oggetti fuggitivi della natura e dall’osservazione dei fenomeni più immateriali, come luce, aria, riflesso, condensa, ombra, per trasformarli in una sorta di en plein air interiore in cui il senso della visione si scioglie in un variopinto sprofondare dentro un immaginario giardino edenico. Ogni quadro sembra derivare dall’ingrandimento e dalla sfocatura di un dettaglio meteorologico o di texture che conserva una sorprendente aderenza mimetica con l’originale pur acquisendo una profondità esistenziale dichiaratamente svincolata dal dato oggettivo. La pittura nasce in lei come esigenza profonda di contatto diretto con la natura e si traduce non nel tradizionale paesaggio ma in uno sguardo d’amore sulle cose pieno di vita, in un anelito verso l’infinito che diventa luce e colore. Il dipinto rappresenta il luogo di accoglienza dello splendore della natura, uno spazio di bellezza entro cui il mondo si anima e trova una sua concordanza, superando i conflitti e le disarmonie della vita reale.

Il colore è inteso come linguaggio dell’occhio che percepisce il mondo e ne riconosce il valore suggestivo che stimola l’immaginazione per arricchire un sogno e aprire nuovi orizzonti verso l’infinito e l’ignoto. Per questo la pittura, pur prendendo spunto dalla realtà, non è uno strumento di descrizione ma assume una valenza spirituale, come se il colore fosse ciò che viene prima della distinzione definitiva tra soggetto e oggetto, elemento originario ancora in contatto con il tempo mitico della creazione, in grado di unire anziché dividere. Dipingere per Zahra Hooshyar (e di riflesso guardare un suo dipinto) significa abbandonarsi al dilagare immenso dello spazio, immergersi nel liquido della nascita provando a conciliare e unire diverse realtà per creare un’entità nuova, inseguire tenacemente attraverso il colore il canto universale che da tempi immemori congiunge il tempo e lo spazio.

Lo spettacolo vario e profondo della luce, tradotto in colore, instilla nella realtà naturale quel senso dell’impossibile che solo la pittura può ricreare dentro un apparente naturalismo e dà forma visibile a quel continuo mutare delle cose che impedisce all’istante di cristallizzarsi. Perciò l’artista, trasformando in pittura lo splendore che percepisce, ha il potere di sciogliere il mondo dalle apparenze, di rischiarare e illuminare il buio. I confini visibili degli oggetti non reggono a questa forza sorgiva che viene da un tempo primitivo, precedente alla creazione e ai sensi, senza distinzioni e priorità, comunicano l’uno con l’altro all’unisono per cercare una forma interna, il nucleo indissolubile nato prima di ogni altra cosa. Se la natura mentre parla all’occhio non si stanca mai di dialogare con tutti i nostri sensi, anche la pittura esplora attraverso il colore quel magma originario che non è solo visione ma evidenza massima delle proprietà sinestesiche. Trasformare la natura percepita in pittura significa quindi trovare in essa quella lontana travolgente armonia e ricrearla sulla tela convogliando nel colore percezioni normalmente appannaggio di altri sensi. Nei dipinti di Zahra Hooshyar troviamo quindi un colore che profuma e che risuona, un colore capace di entrare in contatto diretto con l’origine, nell’istante primordiale da cui sono scaturite la nostra configurazione e quella della natura.

L’occhio si accoppia con il colore del mondo, eppure la percezione avviene nello spazio dell’interiorità, dove l’invenzione si sovrappone alla descrizione attraverso il linguaggio, al tempo stesso soggettivo e universale, della pittura. In una delle sue lettere Paul Gauguin scriveva: “Il colore, così ambiguo nelle sensazioni che ci offre, non può che essere impiegato in modo ambiguo ogni volta che è necessario non per disegnare ma per tradurre le emozioni musicali che si liberano dalla sua natura, dal suo centro misterioso ed enigmatico. Il simbolo crea per mezzo di armonie sapienti. Il colore nelle sue vibrazioni coglie quanto di più universale, dunque di indefinito, esiste in natura, la sua segreta energia”.

Quella di Zahra Hooshyar si potrebbe definire una pittura di essenze, il trionfo di un tempo lento che scorre sulle cose, le plasma e le unifica entro il velo di una luce silenziosa. La sua totale compenetrazione con la natura mostra come la realtà e il suo riflesso condividano lo stesso tempo e lo stesso spazio e come la dualità tra visibile e invisibile si possa ricomporre in una pulviscolare dissoluzione dell’essere in infinite particelle. Tutto quello che siamo abituati a vedere si sgrana in affascinanti infiorescenze di luce in cui si fondono l’istante e l’eterno. La superficie pittorica recepisce il misterioso sussulto della vita che si manifesta nel labile, nell’indistinto, nel fuggitivo riattivando l’intensità del tempo mitico che ci ha preceduto e che tutt’ora costituisce la nostra essenza attiva e vivente.

Info:

www.zahrahooshyar.com

Zahra Hooshyar, Untitled. Acrylic on canvas, 2018

Zahra Hooshyar, Untitled. Acrylic on canvas, 2018

Zahra Hooshyar, Untitled. Acrylic on canvas, 2018

Zahra Hooshyar, Untitled. Acrylic on canvas, 2018


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