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Adriano Altamira. Vecchie e nuove aree di coincidenza

Fin dai primi anni Settanta Adriano Altamira (Milano, 1947) si afferma sia come artista che come storico e critico dell’arte contemporanea, diventando uno degli autori di spicco dell’allora nascente generazione concettuale. Questo duplice approccio alla pratica artistica ha svolto un ruolo importante nel nucleo più consistente e longevo della sua produzione, la serie Area di Coincidenza, una ricerca iniziata nel 1972 e tutt’ora in corso, incentrata sulle analogie che emergono dalla comparazione di immagini provenienti dalla storia dell’arte, dalla cultura tradizionale e dall’immaginario massmediatico. L’opera consiste in un sistematico collezionismo di iconografie tratte da fonti cartacee che vengono accostate e ricomposte all’interno di bacheche incorniciate per far emergere inaspettate affinità, relazioni e corrispondenze formali e semantiche tra gli elementi selezionati.

Il procedimento presenta stringenti convergenze con Mnemosyne, il monumentale Atlante delle Immagini in cui Aby Warburg verso la fine della sua carriera progettava di riunire tutti i repertori figurativi che aveva studiato durante la sua attività documentandone le evoluzioni, i ritorni e le permanenze.  Alla base dell’impresa del critico tedesco c’era la convinzione che le immagini fossero icone significanti strettamente correlate alla cultura e alla memoria della società che le aveva prodotte, ma che allo stesso tempo un fondamento antropologico comune a tutte le latitudini e a tutte le epoche determinasse la continua ripresa nel corso della storia delle stesse forme con stili diversi. Se le sopravvivenze warburghiane condensavano forme e contenuti in immagini intrinsecamente simboliche delle esperienze e delle emozioni umane, le serie di Altamira si fondano su un solido impianto critico e storiografico per esplorare le potenzialità creative del prelievo decontestualizzato.

La Galleria Studio G7 dedica alla ricerca dell’artista milanese una preziosa retrospettiva che affianca lavori storici ad altri di nuova realizzazione che dimostrano come ciascuna delle sequenze in cui si articola il progetto Area di Coincidenza sia virtualmente infinita e che ad ogni presentazione corrisponde un diverso stadio di un processo destinato a rimanere aperto. Il punto di partenza di ogni serie è l’individuazione da parte dell’artista di un leitmotiv che accende la sua attenzione e che ricorre in almeno 2 o 3 autori differenti; da lì un’incalzante susseguirsi di associazioni formali e mentali (a volte sorprendentemente palesi, in alcuni casi al limite della rabdomanzia) guida l’impaginazione della tavola che consegna la visione d’insieme. Il risultato finale, secondo l’artista, individua il tessuto connettivo della cultura nell’ambito della quale sono nate soluzioni iconiche simili o afferenti a un milieu comune senza che i loro autori fossero necessariamente consci di contribuire alla vitalità di una forma espressiva preesistente. Da questa prospettiva ai fini dell’indagine i casi di invenzione simultanea si collocano sullo stesso piano delle citazioni (variamente declinate nella forma dell’omaggio, del remake o della ripetizione differente) poiché costituiscono altrettante evidenze di una tassonomia visiva che rileva la sensibilità delle immagini alle vicende stilistiche ed epocali dell’uomo. La similitudine più o meno accentuata diventa quindi una chiave di lettura che constata la ricorsività dell’essere al mondo senza alcuna pretesa da parte dell’autore di considerarsi esaustivo o di trarre conclusioni epistemologiche dai risultati della sua ricognizione iconografica.

Le ricorrenze (e di conseguenza anche il lavoro artistico) non si possono programmare, quindi la libertà espressiva di Altamira sta nel progettare e coreografare le sue individuazioni in modo da innescare tensioni, spostamenti semantici e associazioni mentali che strutturano il lavoro come una vera e propria architettura del pensiero. Così le variazioni storiche e postmoderne della Pietà e della Deposizione (un excursus che spazia da Michelangelo, Pontormo, Rosso Fiorentino a Marina Abramovic, LaChapelle e Bill Viola) vengono messe in opera secondo uno schema piramidale che ne riprende il comune archetipo compositivo sottolineandone l’iconicità e le assonanze formali e cromatiche. Allo stesso modo le diverse ricorrenze di una forma tonda (che può essere frutto, oggetto, particolare anatomico o architettonico) vengono raccordate da una ghirlanda di fotogrammi la cui giustapposizione richiama il diaframma di una macchina da presa che si socchiude per isolare un dettaglio.

A volte la presentazione si fa nuda e didascalica per evidenziare la convergenza di intenti diversi su soluzioni identiche, come nella serie dedicata alle monocromie nere, che affianca esempi delle celestografie ottocentesche di Strindberg, delle sovraesposizioni di Croce e delle marine di Sugimoto in cui gli effetti della luminosità massima finiscono per coincidere con quelli del buio totale. In altri casi la sequenzialità ininterrotta crea un continuum in cui le metamorfosi della medesima matrice diventano narrazione e affresco sociale, come nella bacheca incentrata sul tema della Déjeuner sur l’herbe che ripresenta la celebre scampagnata in chiave espressionista, cinematografica, femminista, ambientalista, pop e glamour. Si tratta di un ampliamento della prima versione dell’opera realizzata nel 1973 che allarga il raggio dell’analisi delle ricorrenze nelle metodologie e strategie di rifacimento con nuovi repertori e nuove gamme cromatiche.

In certi pannelli le immagini selezionate non si assomigliano iconograficamente ma da punto di vista ideologico, come nella serie imperniata sull’energia generatrice della natura che riunisce varie derivazioni figurative e astratte del tema della nascita da Runge a Brancusi o la sequela di concatenazioni sui principi antagonisti del bene e del male che mostra come i diavoli di William Blake, le poesie visive di Carrà e le grafiche suprematiste di El Lissitzky e Rodchenko derivino la loro efficacia da principi compositivi e modalità comunicative simili.

L’indagine di Altamira, profeticamente anticipatrice dell’era telematica e dei motori di ricerca dedicati alle immagini, sembra oggi voler contrapporre al trionfo della simultaneità una voracità collezionistica di stampo umanistico che prova a restituire, seppur frammentariamente, una consapevolezza diacronica dell’evoluzione del nostro immaginario. Gli appunti vergati a matita che talvolta accompagnano le immagini e la fragile materialità dei supporti su cui sono stampate sembrano inoltre voler ripristinare l’irrazionale centralità del desiderio come motore primo dell’appropriazione e dell’introiezione ricordandoci come nessuna intelligenza artificiale sia ancora riuscita a sostituire l’intelletto umano nella produzione di senso.

Info:

Adriano Altamira. Vecchie e Nuove Aree di coincidenza
5 maggio – 16 giugno 2018
Galleria Studio G7
Via Val D’Aposa 4/a Bologna

Adriano Altamira, Area di Coincidenza: Soft Sculptures Anni ’90 – 2014 Fotocollage Cm 70×100 ph Antonio Maniscalco

Adriano Altamira, Area di Coincidenza: Pietà Anni ’90 – 2014 Fotocollage Cm 70×100 ph Antonio Maniscalco

Adriano Altamira, Area di Coincidenza: Mimetismo Anni ’90 – 2014 Fotocollage Cm 35×100 ph Antonio Maniscalco

Adriano Altamira, Area di Coincidenza: Le Déjeuner sur l’Herbe Anni ’90 – 2014 Fotocollage Cm 70×100 ph Antonio Maniscalco

Adriano Altamira, Area di Coincidenza: Venere allo Specchio Anni ’90 – 2014 Fotocollage Cm 50×70 ph Antonio Maniscalco

Adriano Altamira, Area di Coincidenza: Foto Nere Anni ’90 – 2014 Fotocollage Cm 50×70 ph Antonio Maniscalco

Adriano Altamira, Area di Coincidenza: The Golden Bug Anni ’90 – 2014 Fotocollage Cm 70×100 ph Antonio Maniscalco


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