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Vedovamazzei. Unexpected Landscape

Vedovamazzei. Unexpected Landscape

L’irriverente duo artistico Vedovamazzei, nato nel 1991 dall’incontro tra Simeone Crispino (1962) e Stella Scala (1964), coppia di artisti napoletani trasferitisi a Milano, è impossibile da inquadrare in un filone tematico, in una scia formale o in un unico metodo di lavoro.  Il loro corpus di più di 900 opere deriva dall’uso dei mezzi più disparati, quali il video, l’installazione ambientale, la scultura oggettuale, la fotografia, oltre ai più tradizionali pittura, acquerello e disegno, la cui eterogeneità converge nell’obiettivo di guardare oltre le apparenze per manifestare il potenziale simbolico di oggetti e situazioni apparentemente banali. Osservatori disincantati e sornioni delle contraddizioni insite nella quotidianità privata e globale, con la loro pratica creativa ridiscutono i presupposti formali e intellettuali dell’arte e rilevano le ambiguità esistenziali e politiche della contemporaneità rifiutando sia l’escamotage della trovata che un’impossibile integrità formale. Avvalendosi di un approccio spiazzante e talvolta perverso, i due artisti ordiscono complessi impianti visivi che irretiscono lo spettatore in un sofisticato sistema di trappole percettive, mentali ed emotive che scattano a sorpresa proprio quando la visione sembra essere più leggera e rassicurante.

In costante bilico tra sogno e disincanto, ibridano una raffinata cultura artistica con innesti di realtà triviale per demistificare l’ordine apparente delle cose e cogliere l’insensatezza su cui si basano alcune delle nostre più radicate convenzioni. Imbastendo paradossi che svelano le ragioni  nascoste di consuetudini e fatti di cronaca mentre fingono di dissimularne le implicazioni disdicevoli, utilizzano l’ironia in senso classico, come presagio di una catastrofe annunciata involontariamente da un protagonista inconsapevole.  Il fulcro del loro lavoro sono tematiche universali, come la morte, la violenza, la guerra, la sopraffazione insita nel potere o la vacuità dell’arte fine a se stessa, che si palesano in incontri fortuiti e circostanze volutamente mediocri la cui assurdità è sempre tragicamente superata dall’assenza di senso degli avvenimenti reali da cui prendono spunto. Essere fuori posto e fuori misura è per gli artisti un modo eclatante per reclamare una libertà troppo spesso invischiata in contingenze di poco conto e il necessario presupposto per abbattere il distacco contemplativo con cui lo spettatore si difende da opere o verità scomode e incidere il suo immaginario con un umorismo tagliente.

Per la mostra Paesaggi inaspettati alla galleria De’ Foscherari, Vedovamazzei immagina uno straniante paesaggio visivo fatto di segnali equivoci e indizi impercettibili in cui l’iniziale meraviglia dello sguardo genera ben presto il sospetto di un complotto escogitato per offuscare la comprensibilità di ciò che appare. Al di là dell’effetto immediato, all’osservatore viene richiesto un ulteriore sforzo di attenzione e immedesimazione nelle possibilità di fraintendimento dell’opera, grazie al quale la sua narrativa interna inizia a dipanarsi facendo emergere le problematiche sollevate dalla sua presenza.

All’ingresso della galleria si è accolti dalla scultura Two half pallets (2016/2017), una coppia di bancali identici per forma e dimensioni ma contraddistinti da una diversa tonalità di marrone; scheggiati e usurati, appaiono lievemente modificati dagli artisti che hanno asportato alcune porzioni superficiali di materiale per ricollocarle alla sommità della struttura posizionata in equilibrio su uno dei lati lunghi. In realtà uno dei due è l’oggetto originale fatto di legno, un materiale vivo destinato a modificarsi nel tempo fino a sgretolarsi, mentre l’altro è una sua copia in bronzo che immortala l’aspetto del modello nel preciso momento in cui è stato realizzato. La scultura è un’eloquente metafora sull’illusoria autenticità delle opere d’arte nella storia e sintetizza i meccanismi di trasmissione dei manufatti iniziali attraverso azioni di conservazione che ne mantengono in vita artificialmente le sembianze o attraverso riproduzioni che perpetuano una forma svuotata della propria intrinseca vitalità materica.

L’installazione pittorica Floating human shit searching for the perfect storm in the Mediterranean Sea (2017) propone una quadreria ingannevolmente innocua di paesaggi marini realizzati in stile amatoriale. Anche qui, guardando meglio, l’amenità del panorama è contraddetta da un elemento perturbante che ricorre in ogni immagine: un iconico escremento umano che galleggia sul pelo dell’acqua in silenziosa simbiosi con gli stucchevoli paesaggi in cui è immerso. Il riferimento immediato qui è al naufragio dei barconi dei migranti e al momento in cui il mare tornato calmo restituisce i corpi e le naturali escrezioni della loro paura; togliendo al tragico la virulenza dell’esperienza diretta, gli artisti riescono a elevarlo al di sopra della comfort zone in cui è ipocritamente comodo relegare l’episodicità di un fatto per  trasformarlo in monito e condizione condivisa.

In Bin Laden Latest house (2016/2017) è ancora la pittura a rinegoziare il complesso rapporto tra realtà, apparenza e falsificazione: una grande tela mostra una ridente campagna al centro della quale si intravede seminascosta dalle frasche una dimessa costruzione bianca, l’abitazione-bunker del terrorista saudita indicato nel titolo. L’opera si riallaccia idealmente a una serie di dipinti di piccolo formato presenti in mostra che ritraggono case di famosi dittatori o edifici che furono teatro di sanguinosi avvenimenti di storia recente, come la Casa Rosada sede del potere esecutivo della Repubblica Argentina in cui si decisero le sorti dei desaparecidos. Le opere, oltre a riflettere sulla potenzialità della pittura contemporanea di interpretare, rileggere e testimoniare il proprio tempo, mette provocatoriamente in discussione tecniche, modelli iconografici e canoni estetici accademici con un’ostentata imitazione delle peculiarità sgrammaticate dei pittori di strada.

Un radicale messaggio politico e critico caratterizza anche United Nothing (2015/2016), allestimento composto da un incrocio di pareti piastrellate su cui compare la scritta che intitola il lavoro. L’opera riproduce in modo indelebile (le lettere sono fuse nella maiolica e non semplicemente tracciate a pennarello come sembra a prima vista) il gioco di parole scritto da un soldato sulla parete di un bagno pubblico di una zona di guerra per dare sfogo alla propria interiore ribellione alle ragioni della missione in cui era impegnato per conto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. In ironico dialogo con la riproposizione scultorea in cera d’api della linguaccia di Mick Jagger che diventò il famoso logo dei Rolling Stones, l’installazione intacca simbologie e falsi miti diffusi dai mass media per spronarci a diffidare dell’ovvio e a chiederci cosa brulichi sotto la pelle delle cose.

Info:

Vedovamazzei. Unexpected Landscapes (Paesaggi Inaspettati)
20 gennaio – 10 marzo 2018
Galleria De’ Foscherari
Via Castiglione 2B Bologna

Vedovamazzei, Floating human shit, 2017 – Installazione courtesy De’ Foscherari, Bologna

Vedovamazzei, Floating human shit, 2017 (partic.) – Installazione courtesy De’ Foscherari, Bologna

Vedovamazzei, Bin Laden Latest house, 2016/2017 Olio e acrilico su tela cm 397×295; A natural history about us, 2016 Olio su legno cm 174.5×91 courtesy De’ Foscherari, Bologna

Vedovamazzei, United nothing, 2015 /2016 – Ceramica cm 245×255; Apliance 3, 2000/2017 – Sedia lampadina courtesy De’ Foscherari, Bologna

Vedovamazzei, After Mick Jagger, 2018 – Cera d’api , olio su cera cm 14x10x8 courtesy De’ Foscherari, Bologna


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